Survival Kit a Riga. Il festival d’arte allestito in un enorme mercato

Tra gli Anni ‘70 e i ‘90, le relazioni tra il blocco socialista dell’ex URSS e i Paesi africani furono intense. Un festival d’arte contemporanea ripercorre questa storia poco conosciuta. Dove? All’interno di uno dei più grandi mercati d’Europa

Si scopre in uno dei padiglioni del Mercato Vidzeme di Riga, una bella architettura ottocentesca e luogo dinamico per eccellenza di incontri e scambi culturali prima ancora che economici, il festival d’arte contemporanea Survival Kit, che nella capitale lettone si protrarrà fino all’8 ottobre. Un contesto insolito, eppure calzante: in quello che è uno dei mercati coperti più imponenti d’Europa, sono presenti anche tutte le comunità straniere con i loro cibi e prodotti tipici. Russi, polacchi, ucraini, bielorussi, e una anche una nutrita comunità africana.

Yonamine, The Keeper, 2023. Photo Lauris Aizupitis. Courtesy of Survival Kit 14
Yonamine, The Keeper, 2023. Photo Lauris Aizupitis. Courtesy of Survival Kit 14

Il festival d’arte contemporanea Survival Kit a Riga

Organizzato dal Latvian Centre for Contemporary Art (LCCA), il festival nasce nel 2009 a Riga come risposta alla crisi economica lettone; un tentativo di indagare criticamente la società contemporanea e riflettere sulla sua evoluzione, con artisti da tutto il mondo che offrono scenari alternativi di sopravvivenza. L’LCCA è infatti un’istituzione non governativa che promuove l’arte contemporanea in Lettonia e all’estero, con particolare attenzione all’impatto degli eventi sociali.
La mostra dell’edizione 2023, Long-distance Friendships, curata da Inga Lāce e Alicia Knock, lancia un messaggio di unità e fratellanza per affrontare in modo comunitario il difficile futuro che si profila per l’intera umanità. Il concetto della mostra trae ispirazione dalla storia, ancora oggi poco conosciuta, delle relazioni sviluppatesi fra gli Anni Sessanta e Novanta fra i Paesi del blocco socialista e quelli africani, in un’ottica che era sì quella di estendere l’influenza del socialismo nel mondo attraverso gli aiuti economici e militari di Mosca, ma offriva anche concrete possibilità di superare la logica colonialista con lo sviluppo di programmi di studio e scambio culturale reciproco per studenti e lavoratori africani ed est-europei.

Survival Kit 14, Long-distance Friendships. Exhibition shot, 2023. Photo by Lauris Aizupitis. Courtesy of Survival Kit 14
Survival Kit 14, Long-distance Friendships. Exhibition shot, 2023. Photo by Lauris Aizupitis. Courtesy of Survival Kit 14

Le relazioni tra il l’URSS e i Paesi africani tra gli Anni ’70 e ’90. La lettura dell’arte

Allestita in un contesto informale di vita quotidiana, quale quello del mercato, la mostra amplifica il suo carattere documentario, è un salto nel passato e insieme guarda al futuro, ispirandosi appunto a modelli di dialogo che aprono le porte alla conoscenza reciproca, gettano le basi per l’emancipazione attraverso la cultura e l’istruzione, e fungono da paradigmi per riflettere sulle questioni della coesistenza oggi. Ma, in controluce, ripercorrono anche la storia delle lotte anticolonialiste, dei difficili percorsi di emancipazione, spesso ostacolati dalle guerre civili. Pur all’interno di un rigido controllo e di precisi regolamenti da rispettare, quella stagione ha rappresentato per tanti africani un’opportunità di conoscere la cultura europea, senza che le loro radici venissero “fagocitate” dal liberalismo esasperato del capitalismo occidentale. Paradossalmente, dal regime oppressivo del socialismo, sono stati gettati in Africa semi culturali che hanno contribuito all’emancipazione del continente e alla costruzione, pur travagliata e non ancora terminata, della democrazia.
Ma le relazioni fra URSS e Paesi africani non furono sempre cristalline, ad esempio l’invio di aiuti militari in Angola contribuì soltanto a peggiorare la guerra civile scoppiata subito dopo l’indipendenza dal Portogallo. E per questo, come protesta generale contro le ingerenze armate esterne in Africa, l’artista Yonamine, attraverso l’installazione The keeper – un percorso immersivo attraverso pareti tappezzate di giornali, bottiglie di plastica, simboli della resistenza angolana, fiori in plastica rossa, elmetti da poliziotto – rende omaggio a Paulo Kapela, figura di riferimento per l’arte e i diritti civili in Angola, scomparso nel 2020. Ancora in chiave di lotta anti-coloniale, è l’installazione di Angela Ferreira, Klucis goes to Algeria, ispirata all’importanza che la radio ebbe nell’ambito della resistenza algerina contro l’occupazione francese alla fine degli Anni Cinquanta. Le stazioni radio algerine erano ispirate ai modelli di inizio Novecento dell’architetto costruttivista lettone Gustav Klucis. Coincidenze della storia.

Lo sguardo su e dell’Africa al Survival Kit di Riga

La mostra ha il carattere dell’installazione documentaria, con largo uso di video e fotografie dagli Anni ’60 agli Anni ’90, spesso assemblate secondo i canoni dell’estetica socialista. Visitandola si ha l’impressione di viaggiare nella storia di popoli diversi e nelle loro sensibilità, così come nelle relazioni fra culture diverse. Essere un africano nei Paesi socialisti era una sensazione straniante, una sfida da vincere per tanti motivi. Dalla mostra emerge anche questa tensione, non necessariamente negativa, che a sua volta diede vita alla volontà di incontrare l’altro, di parlare all’altro, di ascoltare l’altro, seguendo l’istinto dell’onestà intellettuale. Tra i risultati tangibili, pagina interessante per lo sviluppo del cinema afro-asiatico, il Festival cinematografico dell’amicizia fra i popoli, ospitato a Taskent, in Uzbekistan dal 1968 al 1988. Il collettivo DAVRA ha realizzato Friendship of Peoples: Tashkent, Film, Exchange, un progetto di ricerca su come la capitale uzbeka sia stata una finestra per la promozione della scuola cinematografica afro-asiatica.
Non sempre, però, le esperienze furono positive: alcuni studenti della Guinea, tra cui il futuro regista Costa Diagne, che negli Anni ’60 ebbero l’opportunità di frequentare l’Istituto di Cinematografia a Mosca, al loro rientro in patria furono imprigionati dall’allora dittatore Touré, nel famigerato carcere di Camp Boiro. Jihan El Tahri, nel documentario Cinema died at Camp Boiro, racconta come la via africana alla democrazia sia stata travagliata e dolorosa, e che le opportunità offerte dall’Europa potevano anche essere guardate con sospetto.
Invece, l’ucraino Nikolay Karabinovych, con My Melodia, costruisce un’installazione sonora di canzoni tradizionali africane messe su vinile dall’etichetta sovietica Melodia, che aveva a Riga la sua sede; si diffusero così, nel grigiore del socialismo reale, i suoni e i colori dell’Africa che l’artista adesso ricompone in un suo motivo personale, che diventa un grido di pace. Anche quando nasce in contesti che non sono esattamente democratici, il dialogo culturale fra i popoli riesce sempre a gettare semi che, presto o tardi, daranno frutti importanti, perché ispirano azioni di resistenza e resilienza.

Niccolò Lucarelli

Riga // fino all’8 ottobre 2023
Survival Kit
MERCATO VIZDEME
https://lcca.lv/en/survival-kit-14/

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Niccolò Lucarelli

Niccolò Lucarelli

Laureato in Studi Internazionali, è curatore, critico d’arte, di teatro e di jazz, e saggista di storia militare. Scrive su varie riviste di settore, cercando di fissare sulla pagina quella bellezza che, a ben guardare, ancora esiste nel mondo.

Scopri di più