L’aereo Air Malta per La Valletta è pieno come un uovo. Si tratta per lo più di uomini sulla quarantina un pochino in carne, dai tratti ruvidi e consumati tipici della gente di mare. Parlano una lingua molto strana, una sorta di dialetto arabo infarcito di parole francesi, italiane o spagnole. Una sorta di esperanto mediterraneo, se esistesse, che sembra nato dalle onde del Mare Nostrum, come le cinque isole a sud della Sicilia che compongono l’arcipelago maltese. Si esprimono e ridono ad alta voce, come se fossero sulla tolda di una nave e non all’interno di un aereo. Capire ciò che dicono è impossibile. Si percepisce però un’estraneità familiare, come se si trattasse di un idioma arcaico ma ancora presente in qualche angolo della memoria. Ma è proprio nella lingua la chiave per immergersi in un luogo sorprendente come Malta.
L’architettura de La Valletta
Di primo acchito La Valletta assomiglia ad una città tipo Lecce: la stessa pietra color sabbia, la stessa uniformità di architettura, che dal Cinquecento arriva fino alla fine dell’Ottocento senza soluzione di continuità. Piazze alberate, strade a scacchiera, molti dehors dove si affollano camerieri dall’espressione flemmatica. La prima visita, of course, è riservata alla Concattedrale di San Giovanni: un tripudio di stucchi dorati, marmi intarsiati, pale d’altare drammatiche affollate di santi, ritratti a figura intera dei Gran Maestri dell’Ordine dei Cavalieri di Malta. Simili ai papi, ognuno venivano da una famiglia nobile europea, e amministravano l’isola dalla loro nuova capitale, fondata nel 1532 da Jean Parisot de la Vallette. Erano tutti afflitti dalla malattia del mecenatismo, come i pontefici romani.
Avevano nomi strani, e vagamente esotici. Ognuno di loro, quando veniva eletto Gran Maestro, doveva offrire una “gioija”, un dono all’Ordine: a furia di regali l’interno della chiesa assomiglia alle chiese barocche italiane più sontuose, da Sant’Ignazio a Roma alla Casa Professa di Palermo. Sulla volta Mattia Preti dipinge la vita di San Giovanni Battista tra il 1662 e il 1667, facendo bene attenzione a ritrarre, nella maniera più fedele possibile, i cavalieri più importanti.
Caravaggio a Malta
La ragione che vede i turisti assieparsi all’ingresso è una sola: lontani dai bagliori dell’oro e del marmo, in fondo all’oratorio dedicato al santo, sono esposti i due capolavori dipinti da Caravaggio durante il suo breve soggiorno sull’isola, nel 1608: il San Girolamo e la Decollazione di San Giovanni Battista, commissionata dal Gran Maestro Alof de Wignacourt. A differenza delle altre opere, in questa tela immensa aleggia un sentore di morte, come se negli ultimi mesi di vita il pittore avesse voluto descrivere una scena vista dal vero, quasi una fotografia, resa più realistica dalla firma, scritta nel sangue che cola dalla testa mozzata del santo. Forse Caravaggio sapeva di dover morire in breve tempo?
La Valletta è una città facile, accogliente e dotata di una certa raffinatezza. Per evitare gli sciami di turisti internazionali -molti italiani, spagnoli, francesi- che camminano lungo le strade a scacchiera del centro storico ci si può rifugiare nella Casa Rocca Piccola, un palazzetto nobiliare in miniatura, dall’atmosfera decadente ma autentica, ancora abitato dalla famiglia. Salotti e salottini, ninnoli, quadri e mobili retrò, raccontano la vita della upper class maltese. A pochi metri, un convento di clausura ha recentemente aperto le porte al pubblico: ci abitano ancora tre monache che allevano galline in una nicchia del grande cortile, dove sfilano gli ambienti dedicati alle attività domestiche, tra paioli di rame, forni in pietra e un’infinità di vasche per lavare i panni di quella che un tempo era una comunità numerosa. Per tutto il tempo della visita un gatto soriano reclama attenzione con fusa e miagolii, e la memoria corre all’Annunciazione di Lorenzo Lotto a Recanati, dove il felino è simbolo del male. Oggi diremmo piuttosto il contrario, tra gli archi di pietra e le aiuole del chiostro nel centro di La Valletta, dove il tempo sembra essersi fermato per sempre.
Architettura a Medina
Medina mantiene ancora il fascino delle capitali spodestate, un po’ riottose e rancorose per l’offesa della storia, quando i Cavalieri lasciarono la città murata color miele per stabilirsi vicino al mare alla Valletta. Come Siena, Medina si è chiusa a riccio conservando la memoria di un passato glorioso ma lontano, che condivide con le poche manciate di turisti che percorrono incantati stradine murate e solitarie, lontane dalla vitalità della sua rivale. Qui si può visitare palazzo Falson, un meraviglioso esempio di dimora gentilizia, acquistato nel 1927 dal magnate maltese di origini svedesi Olof Frederick Gollcher , armatore, collezionista e artista, che vi ha abitato con la moglie Nella Prior . Gestito dalla fondazione privata Fondazzjoni Patrimonju Malti, aperto al pubblico dal 2007, il palazzo è uno scrigno di tesori d’arte, dai capolavori di Murillo e Poussin all’argenteria d’epoca fino alla biblioteca che custodisce 4500 volumi. Molto raffinato il Gustav Café all’ultimo piano, con salottini affacciati sui tetti della città tra piante di ogni genere.
I complessi megalitici di Malta e la questione del turismo
Non si può lasciare Malta senza aver visitato i complessi megalitici affacciati sul mare, in posizioni spettacolari, come il complesso di Hagar Qim e Mnajdra, nella parte sud dell’isola, dove gli ammassi di pietre enormi e pesanti diverse tonnellate fanno pensare ad osservatori astronomici, adibiti anche a funzioni religiose. Qui si percepisce l’energia del Mediterraneo: un mare di fiabe, culti e leggende, che in queste isole raccontano storie conservate dai maltesi con una cura e un’attenzione davvero stupefacente.
In Italia si parla molto di turismo sostenibile, mentre qui lo hanno già realizzato. Siamo a soli 80 km dalla Sicilia, ma è un altro mondo. Tutti parlano inglese perfettamente, e sono gentili e disponibili. Mai una carta per terra, siti Unesco, come i templi megalitici, tenuti in maniera impeccabile e impreziositi da interventi architettonici sempre rispettosi dell’ambiente, informazioni sintetiche ed esaustive in due lingue (maltese e inglese) ovunque. Qui vige la regola dell’attenzione e del rispetto per il turista, non considerato una mucca da mungere bensì un complice per condividere la bellezza di Malta, un’isola che incanta.
Ludovico Pratesi
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