Il giornalista libanese Ghassan Charbel, direttore del quotidiano panarabo Asharq al-Awsat, ha delineato un quadro interessante delle dinamiche regionali nel Medio Oriente. Secondo Charbel, quattro attori principali emergono sulla scena geopolitica: Turchia, Iran, Israele e Mondo Arabo, il più debole tra i quattro. Forse l’analisi di Charbel emerge dal fatto che Turchia e Iran, storicamente imperiali, detengono una notevole forza politica e civile nella regione. Queste due nazioni giocano un ruolo chiave nella ridefinizione del panorama geopolitico, spesso in modo assertivo, contribuendo a plasmare gli equilibri di potere. Israele, invece, detiene una notevole forza istituzionale e militare con l’aggiunta di forti rapporti a livello politico con il mondo occidentale. Nonostante il Mondo Arabo sia accomunato alla Lega Araba, con una lingua e una cultura condivise, si presenta profondamente diviso al suo interno tanto da non essere ancora mai riuscito a raggiungere un consenso unitario sui differenti fronti politici ed economici.
Spostamento della centralità nel Mondo Arabo
Negli ultimi vent’anni il Medio Oriente ha assistito a uno spostamento significativo della centralità storica dal trio classico di Damasco, Il Cairo e Baghdad verso il Golfo Arabo. La Siria e l’Egitto, in particolare, sono entrate in uno stato di letargo economico e politico dopo la Primavera Araba dei primi anni 2010, mentre l’Iraq, dopo un conflitto mai finito, è fortemente influenzato dall’orbita iraniana e dalle divisioni politiche interne. Storicamente, dopo la Seconda Guerra Mondiale, la maggior parte dei Paesi Arabi ha ottenuto la propria indipendenza dalle forze coloniali, come il Cairo e Damasco, mentre il Golfo Arabo è rimasto un protettorato britannico fino all’inizio degli anni Settanta del secolo scorso. L’influenza dell’Egitto nel Mondo Arabo, dal punto di vista demografico, culturale e geografico, divenne inevitabile quando la leadership di Nasser attirò le masse arabe nella seconda metà degli anni Cinquanta. Allo stesso modo, la Siria, essendo la vecchia capitale dello stato omayyade, ha costantemente rappresentato un faro per l’arabismo, consolidando la sua importanza nel panorama regionale. La centralità di Damasco e Il Cairo non fu solo politica, ma anche culturale. Dopo la Grande Guerra, le prime accademie della lingua araba videro la luce, infatti, proprio in queste due città, mentre in Arabia Saudita, ad esempio, la creazione di un’accademia dedicata alla lingua araba si concretizzò solo con l’implementazione della Vision 2030, molto tempo dopo l’istituzione dell’Accademia della Lingua Araba in Israele nel 2007.
Emergenza del Golfo come attore chiave usando anche i media
Dopo la prima Guerra del Golfo, i paesi arabi del Golfo hanno guadagnato un ruolo centrale nella politica del Mondo Arabo e del Medio Oriente. La fondazione di Al Jazeera nel 1996 a Doha e di Al Arabiya nel 2003 a Dubai (la sede è stata trasferita a Riyad nel 2021), con il finanziamento saudita, riflette questo cambiamento nel panorama geopolitico. Al Jazeera è nata dopo la chiusura della BBC Arabic avvenuta nel 1996, dopo due anni di trasmissioni televisive, quando partner della BBC era l’Orbit Communications Company di proprietà di investitori sauditi. Molti membri della BBC Arabic si spostarono quindi in Qatar per lavorare ad Al Jazeera, che però nacque in un periodo delicato per il Qatar. Hamad bin Khalifa Al Thani, padre dell’attuale emiro, divenne emiro della penisola del Golfo il 27 giugno 1995 dopo aver inscenato un colpo di stato contro il proprio padre, Khalifa bin Hamad Al Thani, che all’epoca era l’emiro del Qatar, il quale rispose a un tentativo di colpo di stato fallito nel febbraio 1996. La nascita di Al Arabiya fu una risposta al successo di Al Jazeera, in particolare dopo la guerra in Afghanistan nel 2001. Si può dire che le condizioni della concorrenza tra le due emittenti erano simili, con però obiettivi diversi da quelle degli anni Trenta tra BBC Arabic (1936) e Radio Bari (1934), entrambe create per trasmettere le opinioni britanniche e italiane al mondo arabo.
Le sfide culturali saudite
L’Arabia Saudita sta emergendo come un possibile polo culturale nella regione. Il calcio, i concerti e gli eventi tecnologici e sportivi sono diventati veicoli di propaganda ed intrattenimento, soprattutto per la giovane maggioranza della società saudita. Ma l’impegno nel calcio non è solo di Riyad. Affermando il proprio impegno nello sviluppo del calcio, Stati Uniti, Giappone e Cina hanno adottato strategie che includono l’attrazione di giocatori di fama mondiale nel tentativo di rinvigorire questo sport. Tuttavia, nonostante tali sforzi, nessuno di questi paesi ha ancora raggiunto successi significativi a livello internazionale nel mondo del calcio. La mancanza di una spiegazione univoca sulla difficoltà di promuovere il calcio in un determinato paese è spesso dovuta a una serie di fattori complessi. Questi includono la cultura calcistica locale, la presenza consolidata del calcio e persino il sistema politico, che esercita un’influenza su decisioni cruciali in tutti i settori, compreso lo sport.
Lo sport in Arabia Saudita
Il settore legato allo sport e ad altri grandi eventi rappresenta un ambito estremamente ampio e diversificato, coinvolgendo svariate industrie e settori. Senza dubbio, l’industria sportiva può generare benefici attraverso sponsorizzazioni e pubblicità. Tuttavia, la possibilità di ottenere vantaggi economici dai giochi d’azzardo e dalle scommesse sportive richiede una profonda riforma delle norme culturali, specialmente in un contesto in cui il gioco d’azzardo è considerato una violazione punita con carcere e multe secondo la Sharia islamica. A meno che non emerga un’alternativa in grado di rispondere alle esigenze del pubblico. Il panorama del business legato allo sport abbraccia anche l’ambito dell’istruzione e della formazione, che spazia dalle scuole e accademie ai programmi educativi mirati allo sviluppo di competenze sportive e manageriali nel settore.
Da un altro punto di vista, gli ultimi decenni hanno visto emerger nomi illustri dalla Siria, Egitto, Libano e Iraq, come Nagib Mahfuz, Omar Sharif, Adonis, Zaha Hadid, Khaled Khalifa, Fairuz e altri, i paesi del Golfo hanno avuto una presenza limitata in questi ambiti. Tuttavia, con una popolazione significativa, l’Arabia Saudita, a differenza degli altri stati, potrebbe giocare un ruolo sempre più rilevante nei settori letterario, mediatico, cinematografico e scientifico. La sua popolazione di 35 milioni supera notevolmente gli Emirati Arabi (circa 1 milione) e il Qatar (meno di 400 mila), suggerendo un potenziale impatto culturale su vasta scala.
Nonostante la potenziale crescita di Riyad come centro del Mondo Arabo nei prossimi decenni, ci sono tante sfide da affrontare. La famiglia reale saudita, con un numero stimato di membri che varia da 10.000 a 20.000, detiene un’enorme quantità di potere e influenza, ma è limitata a un gruppo più ristretto di circa 2.000 persone. Storicamente, nella regione vi sono stati sforzi tesi a riformare la società al fine di acquisire un ruolo di rilievo nella geopolitica regionale. Alcuni di essi hanno avuto successo in maniera radicale, come nel caso della Turchia di Atatürk, mentre altri hanno conseguito risultati parziali, come il movimento Baath in Siria e Iraq, e la leadership di Nasser in Egitto. Ciò che accomuna tutti questi casi però è la capacità di instaurare il cambiamento attraverso un percorso partitico guidato da un partito. La questione cruciale è se Riyad possa superare le sfide politiche e sociali e assumere un ruolo significativo oltre la regione del Medio Oriente. In conclusione, il Medio Oriente sta attraversando una fase di ridefinizione delle dinamiche di potere, con attori emergenti e una competizione crescente. L’evoluzione del Mondo Arabo dipenderà da come questi attori affronteranno le sfide e si adatteranno ai cambiamenti in corso.
Ghiath Rammo
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