In India l’inchiostro indelebile delle schede elettorali è diventato un simbolo dell’immaginario pop
Utilizzato per evitare brogli alle urne, l’inchiostro viola che marchia il dito degli elettori indiani, attualmente impegnati con la mobilitazione elettorale più ingente nella storia della democrazia, è diventato simbolo di uguaglianza, ma anche iconografia che ispira la street art. Oltre che grande fonte di business
Sono 969 milioni le persone alle prese, in India, con le elezioni che passeranno alla storia per la più ampia mobilitazione di elettori mai vista in un sistema democratico. Un processo per questo lungo e complesso, che attiva 15 milioni di persone tra scrutatori e addetti alla sicurezza, e che si concluderà solo il primo giugno (le urne sono aperte dallo scorso 19 aprile) per restituire i nomi dei 543 parlamentari designati a sedere nella Lok Sabha (la Camera Bassa) in data 4 giugno 2024.
Le elezioni del 2024 in India
A loro spetterà poi dare mandato al neopresidente di formare il governo del Paese, indipendente dal 1947, con un nome ancora favorito su tutti: il premier in carica (dal 2014) Narendra Modi, del Partito del popolo indiano, alla guida di una coalizione che sostiene il nazionalismo indù. Modi otterrebbe così il suo terzo mandato consecutivo.
Quel che rimbalza sui media internazionali è però, innanzitutto, il coinvolgimento festoso del popolo indiano, che in massa si sta recando ai seggi e spesso immortala il momento nelle postazioni adibite per scattare una foto ricordo a votazione espletata. La costante è mostrare il dito indice sinistro “marchiato” da inchiostro indelebile viola, sistema utilizzato per scongiurare votazioni plurime e dunque brogli elettorali.
La storia dell’inchiostro indelebile elettorale
Il purple finger indiano – con l’inchiostro che può lasciare traccia fino a due settimane dopo la votazione sulla pelle dell’elettore – non è un’invenzione recente, e accomuna diversi Paesi del mondo sin dagli anni Settanta, sebbene non sia mai stata accertata l’effettiva bontà del sistema, che per altri versi, rendendo immediatamente riconoscibile chi si è recato a votare, può determinare pressioni e minacce sulla popolazione da parte di chi vuole impedire libere elezioni (occorrenza che si è verificata in passato in Perù e Afghanistan). Ma è vero che il metodo è stato adottato nel tempo da molti Paesi asiatici e africani, tutti rivoltisi proprio all’India per acquistare l’inchiostro elettorale indelebile a base di nitrato d’argento, che nel Paese si produce dal 1937 presso la Mysore Paints, azienda fondata dal principe indiano Krishnaraja Wadiyar IV, oggi diventata una realtà multimilionaria.
Basti pensare al solo quantitativo di inchiostro necessario per le elezioni indiane, su cui la società detiene il monopolio: per la votazione in corso, l’azienda con sede nello stato del Karnataka ha preparato quasi 2,7 milioni di flaconi di inchiostro. E l’India continua ad affidarsi con fiducia a un sistema che salvò le prime elezioni libere dopo l’indipendenza, quando molte persone non avevano documenti di identità, altre erano in fuga o si trovavano a votare a migliaia di chilometri di distanza dal luogo di nascita.
I significati del “dito viola” marchiato dall’inchiostro indelebile
La contingenza per cui proprio tutti – indipendentemente da casta, classe o religione – si mettono in fila per farsi marchiare il dito, inoltre, ha finito per cementare l’idea dell’uguaglianza del voto, facendo presa sull’opinione pubblica (la verità è che nel Paese persistono forti diseguaglianze e ingiustizie sociali e civili). Per giunta, il sistema viene assimilato a pratiche tradizionali della cultura indiana, come l’uso di decorare le mani e i piedi con l’hennè. E negli ultimi anni anche i social network (dove per contro impazzano anche tutorial per smacchiare il dito con metodi “infallibili”) hanno trasformato l’adozione dell’inchiostro indelebile elettorale in uno strumento estremamente efficace di persuasione al voto: star, atleti e personalità indiane non mancano di postare foto con il dito viola in bella mostra, sostenendo da un lato il diritto al voto come un dovere civico, alimentandolo dall’altro come uno status symbol che tutti ambiscono (e possono) conquistare.
Così il “dito viola” ha finito per ispirare anche artisti e opere di street art estemporanee, come i grandi lavori realizzati con la tecnica del Rangoli, arte pavimentale che compone disegni con polveri colorate: durante le elezioni, ai tradizionali motivi floreali e geometrici si accosta l’iconografia che celebra l’inchiostro indelebile, diventato elemento centrale dell’immaginario pop di queste elezioni di massa colorate e festose.
Livia Montagnoli
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