Music of the Mind alla Tate Modern di Londra è una mostra d’indagine che celebra l’opera di settant’anni di attività partecipativa, rivoluzionaria e audace dell’artista e attivista Yoko Ono (Tokyo, 1933), pioniera della prima arte concettuale, esploratrice cinematografica e musicista (nonché vedova di John Lennon) che ha lasciato un segno indelebile nella cultura contemporanea con dinamiche radicali che incitano alla solidarietà.
La mostra di Yoko Ono a Londra
La mostra prende il nome dalla serie dei suoi concerti tenutisi a Londra e a Liverpool (1966-1967). Frequentatrice del coordinatore del movimento Fluxus, George Maciunas, e amica di Jhon Cage, per Ono la musica nel suo apice è silenziosa, deve solo indurre il suono nella mente e ricrearsi nella libera immaginazione degli spettatori. La priorità è la condivisione emozionale e sensoriale, che esprime tutta la sua pratica artistica. Durante il percorso, in sottofondo, suoni, voci, e martellate: possiamo portarci a casa un pezzo di cielo (puzzle) prendendolo da caschi che penzolano dal soffitto (Helmets-Pieces of Sky, 2001), calpestare un dipinto, innaffiare una tela, scarabocchiare di blu i muri della sala con il relitto abbandonato (Add Colour-Refugee Boat, 1960-2016), esibirci dentro una borsa, martellare un chiodo in un pannello (Painting to Hammer a Nail, 1961), giocare a scacchi (White Chess Set, 1966) su più tavoli, guardare film, ammirare fotografie, LP in vinile, il suo album di nozze e persino mescolare le nostre ombre: un viaggio giocoso e quasi caotico tra opere e suoni che culmina nell’ultima installazione di foglietti scritti dai visitatori e appuntati sopra un lungo muro (My Mommy Is Beautiful, 2004).
Yoko Ono e il femminismo
Ono si è identificata con molti movimenti per i diritti delle donne e la sua arte e la musica si sono spesso concentrate sulle dinamiche del potere, della vulnerabilità e della violenza. Cut Piece, girato nel 1965 al Carnegie Hall, è considerato da sempre un film della storia dell’arte femminista, anche se aperto a più letture. La performance era inizialmente accompagnata dalla grande scritta a mano “Il mio corpo è la cicatrice della mia mente”. In un’intervista del 1967, Ono spiega che la performance rientra nella sua fede buddista e nella sua filosofia di pace: è una forma di dare, dare e prendere. Ed è anche una critica contro gli artisti che danno sempre quello che vogliono dare. “Volevo che le persone prendessero quello che volevano, quindi era molto importante dire che puoi tagliare quello che vuoi dai miei abiti e dal mio corpo”. Nel 2003 dopo settant’anni, la performance viene replicata a Parigi per la pace nel mondo, contro la violenza, il razzismo e l’ageismo.
Le “Istruzioni” di Yoko Ono alla Tate Modern
L’approccio radicale di Ono nei confronti del linguaggio (e della musica) è visibile nelle Istruzioni (una forma ibrida tra partitura e poesia), appese, da leggersi una ad una entrando nell’opera. Scritte a caratteri piccoli e in diverse lingue, le parole sono tratte dal libro Ono Grapefruit (1964), ove frasi incisive sono aperte alla libera interpretazione e ci toccano in un unisono positivo che unisce. Le Istruzioni, le foto, le installazioni, le performance e i film sono espressioni diverse della stessa idea che solletica la mente trasponendola da un gesto ordinario singolo a nozioni di collettività, che ci ricordano che siamo tutti esseri effimeri. Siamo invitati a contemplare, scrivere, martellare e immaginare, focalizzando consapevolezza su noi stessi e sul fatto che siamo un’identità collegata e solidale.
Cristina Zappa
Londra // fino al 1° settembre
Yoko Ono: Music of the Mind
TATE MODERN
Bankside
https://www.tate.org.uk/whats-on/tate-modern/yoko-ono
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