Fra arte e natura, l’anno culturale europeo di Bad Ischl spazia da Ai Weiwei a Gustav Klimt, passando per la tragica memoria dei campi di concentramento. Ma un soggiorno nel Salzkammergut è anche l’occasione per scoprire le bellezze di un territorio che affascinarono illustri personaggi del mondo della cultura.
La storia di Bad Ischl
Al centro del Salzkammergut, Bad Ischl è una piacevole e romantica stazione climatica e termale sul fiume Traun, fra i laghi Attersee e Traunsee, i più grandi dell’Austria. Quest’anno al centro della stagione culturale europea come Capitale della Cultura insieme alla norvegese Bodø e all’estone Tartu, Bad Ischl vanta comunque origini antiche. Insediamento preistorico e poi romano a partire dal IV secolo a.C., noto per l’estrazione del sale, dopo la caduta dell’Impero subì invasioni a più riprese, ma rinacque attorno al 1000 ancora grazie al commercio del sale. Fra gli edifici più importanti, la Cattedrale di San Nicola, ricostruita nel 1770 su una precedente chiesa quattrocentesca. All’interno, preziose decorazioni tardo barocche e un ciclo di affreschi dedicato a san Nicola, eseguito fra il 1874 e il 1881 dal pittore nazareno Georg Mader, e terminato l’anno seguente dai suoi allievi. Qui il compositore Anton Bruckner (di cui quest’anno ricorre il bicentenario della nascita), in quanto organista di corte suonò più volte l’organo. Altra testimonianza antica, le rovine del castello medievale di Wildenstein, sul vicino monte Katrin, abbandonato dopo un rovinoso incendio nel 1715. Ma della Bad Ischl antica resta oggi pochissimo, poiché la cittadina conobbe un profondo rinnovamento a partire dal primo Ottocento, quando divenne un’affermata località di villeggiatura; visse infatti il suo massimo splendore fra il 1849 e il 1914, quando fu residenza estiva degli Asburgo, sotto Francesco Giuseppe I, che qui nel 1853 si fidanzò con Elisabetta di Baviera. Sulla scia della famiglia imperiale, Bad Ischl divenne luogo di villeggiatura dell’élite culturale austro-ungarica, poiché vi soggiornarono a più riprese Johann Strauss, Franz Lehár (a lui è dedicato un festival estivo dell’operetta, e la sua villa è ancora oggi visitabile) Johannes Brahms e Gustav Klimt. Numerosi edifici ottocenteschi, fra cui la Trinkhalle, il palazzo delle Poste, il Lehartheater e il Kongress & Theaterhaus, insieme ai tanti palazzi privati dalle piacevoli facciate Biedermeier, conferiscono oggi alla cittadina un’affascinante atmosfera di romantica eleganza.
Nel Salzkammergut sulle tracce di Gustav Klimt
Il Lago Attersee, il più esteso dell’Austria, fu un luogo di proficua attività artistica per Gustav Klimt, paragonabile alla Barbizon di Camille Pissarro o alla Pompeiana di Otto Hofmann; su queste placide rive il pittore viennese trascorse ogni estate dal 1900 al 1916, affascinato dalle particolari condizioni di luce nonché dal paesaggio naturale che circonda lo specchio d’acqua. Dei suoi 250 dipinti ad oggi conosciuti, i paesaggi sono appena 50, e buona parte di essi è ispirata al lago e alla sua flora. Dal 2003, nel villaggio di Schörfling am Attersee, è accessibile il Sentiero di Klimt, seguito nel 2019 dal Giardino Klimt; qui, sei grandi aiuole fiorite sono state realizzate ispirandosi ad altrettanti dipinti di Klimt, realizzati fra il 1907 e il 1916: Bauerngarten, Bauerngarten mit Sonnenblumen, Obstgarten mit Rosen, Bauerngarten mit Kruzifix, Italienische Gartenlandschaft e Gartenweg mit Hühnern. Una visita al Centro Klimt di Kammer-Schörfling, che riaprirà il 5 luglio dopo un accurato restauro, è il punto di partenza per conoscere l’artista e le sue vicende sull’Attersee, seguita da una passeggiata lungo il Sentiero di Klimt che si snoda ai bordi del lago, nella quiete della natura, toccando anche il vicino villaggio di Seewalchen dove sorge l’eclettica Villa Paulick.
La mostra di Ai Weiwei a Bad Ischl
Fra gli eventi principali dell’anno della Capitale Europea della Cultura, la personale di Ai Weiwei, Transcending Border, è un viaggio nel tempo, fra arte, archeologia e architettura, nel segno della Kaiservilla e del Marmorschlössl – la palazzina di caccia e la più piccola palazzina Tudor che sorgono nel Kaiserpark di Bad Ischl – e della creatività dell’artista cinese. Fra i punti di forza della mostra, la monumentale installazione Zodiac Heads, costituita dalle teste in bronzo dei 12 animali che danno il nome agli anni nel ciclo dell’oroscopo cinese, si ispira alle sculture zoomorfe che un tempo si trovavano di fronte al Palazzo d’Estate a Pechino, ma che purtroppo andarono distrutte durante la prima guerra dell’oppio combattuta fra il 1839 e il 1842. Weiwei le rilegge in chiave moderna e le colloca davanti a un’altra simbolica residenza imperiale, quel Marmorschlössl dove il 28 luglio 1914 Francesco Giuseppe firmò la dichiarazione di guerra alla Serbia, che di lì a pochi giorni avrebbe portato alla tragedia della Prima guerra mondiale. Un accostamento fra due centri di potere, ugualmente fastosi pur nella loro diversità architettonica, e due eventi nella storia della Cina e dell’Europa, che pur nati in circostanze differenti portarono ai medesimi tragici risultati. Un modo per ricordare come la storia si ripete nel tempo e nello spazio. Nel Kaiserpark, inoltre, la monumentale riproduzione in legno di un’originale dimora cinese della dinastia Qing (1644-1911 d.C.) dialoga con lo stile Tudor del Marmorschlössl.Il dialogo prosegue con l’accostamento delle sculture di Weiwei ispirate all’arcaico e delle riproduzioni con mattoncini LEGO di alcune famose opere d’arte (compreso un autoritratto di Van Gogh) con la collezione dei reperti della cultura preistorica di Hallstatt, tra cui ceramiche, gioielli e strumenti provenienti dalle collezioni dell’Oberösterreichischen Landesmuseums, che offrono ai visitatori uno spaccato della vita e della cultura del Salzkammergut fra il 1200 e il 450 a.C. La mostra è un accostamento di epoche, di architetture, di culture, un dialogo fra popoli che solleva domande sull’identità, la tradizione e il patrimonio culturale dell’umanità, ma anche sui cicli storici e sull’importanza della memoria per evitare il ripetersi dei conflitti.
Il sale nella mostra collettiva nell’ex birrificio di Sudhaus
L’identità e la memoria del territorio del Salzkammergut ruota attorno all’estrazione del sale, che non sarebbe stata possibile senza la presenza dell’acqua e del legname. Ma sale e acqua sono anche elementi importanti per la vita sulla terra. L’ex birrificio Sudhaus ospita Kunst mit Salz & Wasser, una mostra collettiva di artisti internazionali curata da Gottfried Hattinger, ognuno dei quali interpreta a suo modo l’economia del sale e dell’acqua, ampliandola alla questione dell’eccessivo sfruttamento ambientale, della produzione di energia, ma anche come fattori di una memoria industriale e culturale da preservare. Con sei tonnellate di sale, il giapponese Motoi Yamamoto ha creato Labyrinth, un grande labirinto metafora delle sinapsi della psiche umana e dei percorsi della memoria; un lungo e paziente lavoro manuale, seguendo i percorsi tracciati con il sale dallo stato d’animo e dall’inconscio dell’artista, che dedica l’opera alla sorella scomparsa prematuramente nel 1994. Parimente suggestiva Garden, di Anna Rún Tryggvadóttir un’installazione in cui quattordici bottiglie, appese verso il basso, rilasciano meccanicamente una goccia di pittura ogni ora su rocce trattate con sale e gesso. Ogni goccia poi reagisce con la superficie, trasformandola, colorandola, cristallizzandola, così che l’opera cambia giorno dopo giorno, come un giardino fiorito. Ogni combinazione di colori è isolata e rimossa dal suo contesto e i suoi effetti sono da studiare quasi scientificamente, come in laboratorio. Ogni goccia esiste nella solitudine. Chi guarda l’opera vede la superficie originaria progressivamente distrutta, mentre contemporaneamente si crea qualcosa di nuovo. Un’opera che riproduce il processo naturale, anche di formazione del sale, e che qualunque forma o aspetto assuma ha sempre una sua utile bellezza. Altre opere, quali il documentario Do Rivers really ever end di Kati Roover o il monumentale acquerello Glacier di Radenko Milak, sono ispirate al ciclo di incontri Open Water Dialogues, che si tiene all’interno del cartellone di Bad Ischl 2024 ed è dedicato a problematiche urgenti come la scomparsa dei ghiacciai e la crescente scarsità d’acqua nel mondo. Densa di spunti intessanti, Kunst mit Salz & Wasser è una mostra installativa che la cornice ex industriale del vecchio birrificio rende ancora più suggestiva.
L’arte di Chiharu Shiota nell’ex campo di concentramento di Ebensee
Più drammatica, invece, la riflessione dell’artista giapponese Chiharu Shiota nel tunnel dell’ex campo di concentramento di Ebensee, attivo fra il novembre del 1943 e il maggio del 1945 e oggi trasformato in memoriale. In condizioni disumane, ben 27.000 prigionieri, ebrei ma anche politici e militari internati, da Italia, Francia, Ungheria, Grecia, Spagna, Jugoslavia e Cecoslovacchia lavorarono allo scavo di tunnel nelle montagne circostanti, dove nascondere ingenti quantità di armi (fra cui le V2) dell’esercito tedesco. Vi morirono circa 8.500 prigionieri, e alla loro memoria Shiota ha creato la grande installazione tessile Where are we now, esposta nel tunnel principale KZ (dove si trovano anche le lapidi in memoria delle vittime); semiavvolti da fili rossi che simboleggiano I vasi sanguigni, gli abiti anch’essi rossi sono interpretati dall’artista come una sorta di “seconda pelle”, e riempiono lo spazio con l’idea della presenza; un concetto, quello della presenza-assenza, con cui l’artista lavora ormai da tempo. L’abito si può scegliere, a differenza del proprio corpo, del colore della pelle o dell’etnia e della cultura nelle quali si nasce, e che troppo spesso hanno costituito e costituiscono ancora oggi un motivo di discriminazione. Riflettere sulla tragedia del nazifascismo è ancora oggi un dovere, anche e soprattutto per il mondo della cultura, da cui possono partire messaggi importanti per far sì che un tale nefando passato non si ripeta.
Bad Ischl, cosa visitare nei dintorni
Un soggiorno a Bad Ischl è anche l’occasione per scoprire ville storiche e paesaggi straordinari. Qui sorge Villa Lehár, che il grande compositore ungherese acquistò nel 1912 dalla duchessa di Sabran e dove fino alla scomparsa trascorse quasi ogni estate. Oggi, per volontà testamentaria del compositore, ospita un museo la cui collezione vanta svariati mobili antichi di pregio di diverse epoche, alcuni dei quali acquistati da Lehár stesso, oltre a numerosi dipinti, orologi, sculture e altri oggetti d’arte. La villa fu uno dei suoi luoghi di soggiorno preferiti, e come amava spesso ripetere “Le idee migliori le ho sempre a Bad Ischl”. Qui infatti, nel grande studio della villa compose la maggior parte delle sue operette, fra cui La Vedova Allegra, Il Conte di Lussemburgo, Paganini, Lo Zarevic, Il Paese del Sorriso.
Nel vicino villaggio di Seewalchen sorge invece Villa Paulick, costruita nel 1877 da Friedrich Paulick, ebanista della corte imperiale di Vienna. Lo stile architettonico, assai eclettico, dà vita a un edificio dinamico, caratterizzato dalla torre angolare rotonda e snella con i suoi archi a tutto sesto, la galleria panoramica e il tetto piramidale appuntito che rappresenta un tipico motivo della villa di quest’epoca. L’edificio non ha una facciata principale; la sporgenza e l’arretramento di terrazze, verande, logge, balconi e vetrate non solo creano una transizione graduale dall’interno all’esterno, ma si adattano anche ai mutevoli stati d’animo, alle condizioni di luce e di sole delle diverse ore del giorno. Gli interni rispecchiano la professione del committente, con opulenti arredi lignei in stile neorinascimentale e i soffitti a cassettoni, particolarmente elegante quello del salone grazie ai suoi ricchi ornamenti in nero e oro. Grazie alle conoscenze maturate a corte, Paulick fece della sua villa una sorta di “salotto estivo” per artisti e intellettuali, ospitandovi Gustav Klimt, Richard Teschner e molti altri artisti e intellettuali.
Niccolò Lucarelli
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