La cultura marinara e dell’allevamento hanno formato il carattere di un popolo che discende dai Vichinghi, che ha saputo domare un paesaggio di roccia, terra e acqua, esposto alla furia degli elementi. Testimonianze archeologiche, una grande collezione di pittura e piccoli villaggi affacciati sull’Oceano, raccontano una cultura millenaria.
La storia delle Isole Faroe
La storia della presenza umana alle Isole Faroe, secondo i più recenti studi, cominciò nel 500 d.C. con l’arrivo di coloni dalla Scozia e dall’Irlanda: si trattava dei Papar, monaci eremiti che scelsero queste isole per una vita di contemplazione e preghiera. I toponimi Paparøkur e Papurshílsur testimoniano ancora oggi della loro presenza, che però conobbe una fine assai brusca all’arrivo dei Vichinghi norvegesi attorno all’825, il cui paganesimo scandalizzò i pii monaci spingendoli a partire. Ma qui i guerrieri del Nord abbandonarono gli istinti bellicosi per diventare pescatori e allevatori (moltissime sono ancora le tante varietà di pecore che danno una pregiata lana, in colori che vanno dal bianco al nero, dal grigio al marrone) e si stabilirono in villaggi le cui dimensioni non sono variate molto dai tempi antichi. Ma Tórshavn (Porto di Thor, in omaggio al dio vichingo della folgore e della tempesta) può dirsi una cittadina, con i suoi 23.000 abitanti, un terzo della popolazione totale).
Le radici del popolo Faroense
Per conoscere il carattere delle Isole Faroe da un punto di vista più strettamente storico e antropologico, non si può prescindere da una visita allo splendido Museo Nazionale (Tjóðsavnið), la cui mostra permanente spazia dalla geologia alla botanica, dall’archeologia agli usi e costumi locali. Tra i tesori culturali esposti, l’originale barca a remi faroense, una collezione di sculture lignee ecclesiastiche del XV secolo, provenienti dalla chiesa di Sant’Olav nel villaggio di Kirkjubøur, abiti tradizionali e interessanti reperti dell’era vichinga. Da quest’ultimo punto di vista, lo storico locale Sverri Dahl, scomparso nel 1987, condusse negli Anni Quaranta una vasta ricerca sulla presenza della civiltà vichinga alle Isole Faroe, i cui risultati e ritrovamenti furono di grande importanza per lo sviluppo della collezione museale. Fra i pezzi più pregevoli, la collezione di 98 monete d’argento ritrovata casualmente nel 1863 nel villaggio di Sandur, sull’isola di Sandoy, durante lo scavo di una tomba per due vittime di una delle ultime epidemie di peste in Europa. La maggior parte delle monete proviene dalla Germania, e questo dettaglio ha fatto ipotizzare che fossero parte di un “tesoretto” di un mercante di lana. Un’ulteriore testimonianza del dinamismo di un popolo che, pur circondato dall’Atlantico, ha saputo esprimere intraprendenza economica e culturale.
La città di Tórshavn
Caratterizzata da un gradevole porto turistico e l’impressionate porto commerciale, venne fondata poco prima del Mille, e il suo nucleo più antico è ancora oggi visibile nei quartieri di Reyni e Tinganes, caratterizzato dalle tipiche case in legno (importato dalla Norvegia già mille anni fa) con il tetto ricoperto di zolle di ebra e torba. Tinganes è ancora oggi la zona governativa, perché qui si stabilì il primo parlamento popolare introdotto dai Vichinghi nell’825. Qui sorge anche la cattedrale, o Dómkirkjan, la seconda più antica della Faroe, edificata nel 1788 e caratterizzata da un soffitto con volta a botte dipinto in azzurro con stelle dorate. Sobria come tutte le chiese luterane, è però decorata da una pala d’altare seicentesca e allietata da un imponente organo. Un altro punto d’interesse è lo Skansin, piccola fortezza cinquecentesca ricostruita nel Settecento, che sorge sulla collina del faro. Qui dal 1940 al 1945 ebbe sede il Quartier Generale dell’Atlantico della Royal Navy, e accanto alle colubrine settecentesche si vedono due cannoni navali Breech Loading 5,5 Mk I. La moderna Tórshavn, invece, a carattere residenziale, si distingue per la folta presenza di alberi (introvabili nel resto del Paese) e per la tranquillità della sua vita quotidiana. Da non perdere, a pochi passi dal centro storico, nel sobborgo di Hoyvík, una visita all’area protetta di Svartifossur, con la splendida cascata.
Arte e cultura a Tórshavn
Galleria Nazionale delle Isole Faroe
Fondata nel 1989, la Galleria Nazionale delle Isole Faroe (Listasavn Føroya) è ospitata in tradizionale complesso in legno progettato dall’architetto Jákup Pauli Gregoriussen, e racconta l’arte locale dagli anni Trenta dell’Ottocento fino ai nostri giorni, attraverso una collezione di 2.800 pezzi, fra dipinti, sculture, opere di grafica e in tessuto, e installazioni. La pittura è comunque il mezzo espressivo principale e va dalla metà dell’Ottocento agli Anni Duemila; prevale la figurazione, che ha nell’Espressionismo, nel Realismo magico e nel Naturalismo le principali fonti d’ispirazione. L’Astrattismo, arrivato a metà Novecento, ha significativamente ampliato la sinora sobria gamma cromatica. La mostra permanente espone circa 300 opere, principalmente pitture, le altre vengono aggiunte, a seconda delle necessità, in occasione di mostre temporanee oppure vengono prestate per esposizioni all’estero. Visitare la Galleria significa compiere un viaggio nella cultura locale, a partire dal rapporto della popolazione faroense con il mare e con la natura rocciosa delle sue isole. Le altre sezioni principali della permanente riguardano la ritrattistica, gli animali, le tradizioni e la religione.
Gli artisti della Galleria Nazionale delle Isole Faroe
Il modernismo figurativo di Sámal Joensen-Mikines racconta aspetti locali come la caccia alla balena (che per l’impostazione prospettica ricorda La zattera della Medusa di Théodore Géricault), la passione per il ballo, l’attesa della primavera, mentre William Heinesen, attraverso un realismo magico che ricorda Konrad Vilhelm Mägi e Marc Chagall, restituisce la solennità di un paesaggio naturale con cui la società vive in armonia, e che a una prima impressione di asprezza alterna scorci di accogliente dolcezza. In linea generale la collezione esprime una pittura che rispecchia la sobrietà di un popolo da secoli abituato ad affrontare una natura bella ma selvaggia, dove la furia degli elementi incide significativamente sulla vita quotidiana. Una pittura in cui la figura umana è protagonista quasi assoluta, accanto alla fauna marina e al mare; una pittura contemplativa, ammirativa ma mai celebrativa, che esprime le aspirazioni dell’individui ma è anche consapevole dei suoi limiti.
Gli altri musei di Tórshavn
Merita una visita anche lo Steinprent, museo e atelier dedicato alla litografia su pietra, di cui le Faroe sono un laboratorio di riferimento per artisti da tutta Europa. Situato in un vecchio complesso industriale affacciato sul porto di Torshavn, conserva intatto il fascino dell’antico opificio, dove però oggi nasce l’arte contemporanea, e a mano a mano che gli artisti creano nuove opere, queste sono esposte nella galleria interna. Ancora una volta, la natura selvaggia e aspra delle Isole Faroe è spesso fonte d’ispirazione per artisti quali Anna Seppälä, Bárður Jákupsson, Fríða Matras Brekku e Lise Blomberg.
Infine la casa di William Heinesen, che non fu soltanto pittore, ma anche il più importante scrittore delle Isole; purtroppo poco tradotto in Italia, fu un acuto e ironico osservatore della società del suo tempo. Gestita oggi dal figlio Zacharias e dalla nipote Elisa, la storica abitazione conserva intatta la personalità dell’artista, fra mobili, quadri e libri d’epoca.
I villaggi delle Isole Faroe
Se Tórshavn è l’unica città delle isole, i villaggi sparsi lungo le coste non sono però meno interessanti; celano spesso tesori dell’antichità e sono sempre incastonati in paesaggi naturali di inconsueta bellezza. Affacciato sull’Atlantico, protetto da una baia, Tjørnuvík è il villaggio più settentrionale dell’isola di Streymoy, e conta appena 71 abitanti. Si affaccia su una spiaggia molto apprezzata dai surfisti. Ma qui, nel 1956, furono rinvenute tre tombe dell’era vichingadatabili al 950, la cui area è visibile ancora oggi, e un anello celtico in bronzo, conservato al Museo Nazionale. Molte delle tipiche case in legno poggiano su fondamenta antiche, e il villaggio, come tutti alle Isole Faroe, ha l’aspetto di un’armonica comunità sociale incastonata nella natura. La presenza vichinga la si percepisce anche a Kvívík, uno degli insediamenti più antichi delle Isole, dove sono visibili i resti di due abitazioni dalla tipica forma ellittica e il focolare centrale, databili fra il X e il XII Secolo; sono però abitate ancora oggi molte case costruite nel Seicento, a testimonianza del forte attaccamento del popolo faroense alle proprie radici. Nel ruscello che attraverso il villaggio si pescano ancora oggi i salmoni. Sulla punta nord-orientale dell’isola di Eysturoy, Gjógv sorge in una scenografia gola naturale bagnata dall’Oceano, ha origini medievali purtroppo non più visibili, anche se molte delle case in legno risalgono all’Ottocento.La chiesetta, costruita nel 1929, è stata la prima a offrire funzioni in faroense, lingua germanica che discende dal norreno parlato dai primi coloni. Poiché però i vichinghi norvegesi si univano spesso con le donne irlandesi in seguito alle loro razzie, questa contaminazione etnico-linguistica arrivò anche sulle Isole Faroe con le successive migrazioni, e il norreno si modificò nel faroense, che rivela ancora oggi una doppia radice, celtica e germanica.
La suggestiva cattedrale di San Magnus
Kirkjubøur è invece il sito con le più importanti testimonianze storiche locali, perché vanta il più grande edificio medievale delle Isole, quella cattedrale di San Magnus risalente al 1300 e sorta per volere del vescovo Erlendur (1269–1308); ma in seguito alla Riforma del 1537 il cattolicesimo quasi scomparve e presumibilmente la cattedrale fu abbandonata. Priva del tetto, è comunque impressionate per la sua struttura in pietra, gli archi gotici e la vista che si gode dalle finestre ormai cieche. Sul muro orientale, una lastra in pietra con scolpita una crocifissione, cela un reliquario con un frammento della Croce e le ossa di San Magno. Il villaggio ebbe grande importanza nel Medioevo, in quanto residenza episcopale; di essa ci parla l’antica fattoria risalente al 1100, che è possibile visitare e che dal 1550 è abitata dalla famiglia Patursson, alla quale fu concessa in locazione dal re di Danimarca nel 1550. I suoi interni in legno conservano intatta l’atmosfera di un passato quasi leggendario. Pregevole anche la Chiesa di Sant’Olav, del XII secolo, la chiesa più antica delle Isole ancora oggi in uso. Si viene qui, quasi “alla fine del mondo”, per ammirare un “avamposto della civiltà”, scoperto da monaci eremiti e poi apprezzato dai bellicosi Vichinghi, dove regna una natura quasi completamente incontaminata, dal paesaggio collinoso fatto di erba, roccia vulcanica, torba, e attraversato da ruscelletti che spesso formano musicali cascatelle che accompagnano lo stormire del vento dell’Atlantico.
Niccolò Lucarelli
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