Viaggio a Vilnius, la dinamica capitale della Lituania

Ricca di arte e cultura, Vilnius offre insospettati tesori d’arte antica e gallerie d’arte contemporanea: una città dinamica e romantica, al confine fra mondo slavo e teutonico

Sospesa fra mondo slavo e nordeuropeo, la capitale lituana Vilnius vanta una storia secolare e un bel patrimonio architettonico tardo barocco, cui si aggiunge una vivace scena artistica contemporanea fatta di tante gallerie e spazi indipendenti. Una città dove passato e futuro si compenetrano per creare un presente di pensiero e azione, nel segno della cultura.

La storia di Vilnius

Con il suo centro storico barocco classificato Patrimonio UNESCO fra i più belli, più estesi e meglio conservati d’Europa, Vilnius è una città d’indubbio fascino che però affonda le sue radici nell’XI Secolo come insediamento baltico ed ebraico, ma è ufficialmente menzionata per la prima volta in un documento del 1323, e ha ricevuto lo status di città nel 1387, sotto la dominazione polacca degli Jagelloni. Poco resta del Medioevo, quando era in gran parte costellata di edifici in legno, perché la città ebbe un volto tardo barocco a partire dalla fine del Seicento. Inoltre, le cinquecentesche mura difensive furono abbattute all’inizio dell’Ottocento e oggi sopravvive soltanto la Porta dell’Aurora che incorpora uno scenografico santuario settecentesco. La città raggiunse l’apice dello sviluppo sotto il regno di Sigismondo II Augusto Jagellone, Granduca di Lituania e Re di Polonia, che vi si trasferì nel 1544. Importante centro commerciale della Confederazione polacco-lituana, attraversata dai fiumi Vilna e Nerissa, Vilnius ospitava comunità ebraiche, ortodosse e tedesche.  Nel 1795, Vilnius fu annessa all’Impero Zarista e divenne la capitale del governatorato di Vil’na; condivise quindi le sorti della Russia fino a dopo la Grande Guerra, quando, con tutta la Lituania centrale, la città passò sotto la Repubblica di Polonia, con Kaunas che divenne la capitale provvisoria lituana fino al 1939, quando la regione fu occupata dall’Armata Rossa, nell’ambito della spartizione della Polonia fra Germania e Unione Sovietica. Poi, dal giugno 1941, arrivò la Wehrmacht e la città conobbe la sofferenza dell’occupazione nazista, dalla quale fu liberata nel luglio di tre anni dopo. Mezzo secolo di dittatura sovietica intristì la città, come tante altre nell’Europa dell’Est, ma fortunatamente non ne ha sfigurato il piacevole volto di cittadina storica, e l’indipendenza del 1991 ha visto l’inizio di un processo di rinascita e riqualificazione grazie al quale Vilnius è oggi una delle città più gradevoli e tranquille d’Europa. E nonostante la vicinanza con la Russia, le relazioni con la minoranza non sono particolarmente problematiche.

La piazza della Cattedrale, Vilnius. Courtesy Lithuania Travel
La piazza della Cattedrale, Vilnius. Courtesy Lithuania Travel

I monumenti di Vilnius

L’aspetto religioso è ancora oggi centrale a Vilnius, come testimoniano le numerose chiese cattoliche e ortodosse, e la sinagoga. La cattedrale metropolitana dei Santi Stanislao e Ladislao è uno degli edifici più rappresentativi, nata in forme gotiche nel XIII Secolo e poi rimodellata nel XVIII in forme neoclassiche. Al suo interno, la grandiosa cappella di San Casimiro è uno scrigno di arte barocca costruito fra il 1624 e il 1636 su iniziativa dei re polacchi Sigismondo III Wasa e suo figlio Ladislao IV Wasa dall’architetto italiano Costantino Tencalla. La combinazione di pregiate pareti in marmo, dipinti murali e decorazioni in gesso semiplastico mostra forti somiglianze con la chiesa del monastero di Pažaislis e la chiesa di San Pietro e Paolo a Vilnius. Il corpo di San Casimiro, ancora oggi molto venerato in Lituania, è conservato in un prezioso sarcofago d’argento completato nel 1747. Adiacente alla cattedrale, il Palazzo dei Granduchi di Lituania, costruito nel XV Secolo per i sovrani, fu ristrutturato in stile rinascimentale nel secolo successivo da diversi architetti e artisti italiani, fra cui Giovanni Cini e Bernardino de Gianotis. Gravemente danneggiato da un incendio nel corso dell’occupazione russa fra il 1655 e il 1661, il palazzo rimase abbandonato finché nel 1801 fu demolito. Subito dopo l’indipendenza, il governo lituano promosse una serie di studi archeologici per localizzare il sito esatto del palazzo e dal 2002 al 2018 è stato aperto l’immenso cantiere che ha permesso la filologica ricostruzione del palazzo, anche se con materiali moderni. Attualmente visitabile, ospita una preziosa collezione pittura italiana dal XV al XVII Secolo. Non esattamente un monumento in senso proprio, ma a suo modo una strada monumentale, Literatų gatvė (Strada dei Letterati) acquisì il nome solo nella prima metà del XIX Secolo, in onore dello scrittore polacco Adam Bernard Mickiewicz, che abitò una delle case settecentesche ancora in piedi, per alcuni mesi nel 1823. Nel 2008, un gruppo di artisti ha avuto l’idea di far rivivere questa strada e decorarla con opere d’arte legate agli scrittori; un lungo muro lungo la strada è da allora utilizzato come museo della memoria a cielo aperto, con svariate decine di lapidi artistiche che commemorano scrittori e letterati da tutto il mondo a partire da Mickiewicz, passando per autori lituani e continuando con Günter Grass, Herta Müller, Jean-Paul Sartre, per finire con l’eclettico Frank Zappa, il cui volto appare anche su un monumento realizzato da Saulius Paukštys e collocato in Kalinausko gatve.

Ma Vilnius, con la sua università fondata nel XVI Secolo per iniziativa del vescovo cattolico, che conta oggi ben 15 facoltà e 20.000 studenti, anche stranieri, è una città che guarda al futuro, dove il turismo è sì una risorsa importante ma che per adesso non ha snaturato il volto di questa piccola ma elegante capitale dall’aria romantica dove i duri decenni sovietici sono soltanto un ricordo e la vita scorre piacevolmente.

Vilnius, chiesa ortodossa. Courtesy Lithuania Travel
Vilnius, chiesa ortodossa. Courtesy Lithuania Travel

La Repubblica di Užupis

Dal 1° aprile 1997, che ancora oggi è la festa nazionale, nacque questa Repubblica che oscilla fra utopia e goliardia; sorge sula riva destra del fiume Vilnia, e nello spirito ricorda Montmartre o la Libera città di Christiania a Copenhagen. Qui tutti hanno il diritto di essere felici, e anche se ovviamente vigono le leggi ella Repubblica di Lituania, questa è una zona speciale, dove sin dalla fine dell’epoca sovietica si sono stabilite piccole comunità di artisti che però vivevano una situazione di disagio e degrado. Con l’indipendenza del 1991, anche grazie alla vicinanza dell’Accademia di Belle Arti il quartiere si è popolato di studenti. In breve tempo vi sorsero caffè, piccoli laboratori artigiani, gallerie d’arte, laboratori creativi, che ancora oggi costellano questo vivace quartiere che è di per sé una sorta di opera d’arte concettuale a carattere antropologico. In antico era un quartiere popolare sorto nel XVI Secolo, abitato prevalentemente da ebrei; dopo il 1917 vi sorsero diversi stabilimenti industriali e divenne un quartiere operaio, e purtroppo vide la deportazione e lo sterminio della maggior parte dei suoi abitanti di origine ebraica durante l’occupazione tedesca. Qui, con buona pace della Cina, è venuto più volte in visita anche il Dalai Lama per lasciare semi di pace, e un tempietto tibetano in legno ricorda e omaggia la sua straordinaria figura.

L’antica capitale di Trakai

Pochi chilometri fuori Vilnius, su un’isola in mezzo allo scenografico lago Galvė, sorge il castello di Trakai, attualmente in fase di restauro esterno ma visitabile internamente; talvolta chiamato “Piccola Marienburg”, fu edificato fra il Trecento e il primo Quattrocento e completato durante il regno di Witold il Grande, che qui morì nel 1430. Trakai era uno dei centri principali del Granducato di Lituania e il castello aveva una grande importanza strategica, al punto che questa era la capitale prima che lo divenisse Vilnius nel 1795. 

Una visita a Trakai è anche l’occasione per affascinanti scoperte di archeologia antropologica fra Europa e Medio Oriente; qui vivono i Karaimų, popolazione di ceppo turco sparsa fra Russia, Polonia e Lituania e ormai ridotta a poche migliaia di persone, di origine ancora oggi poco chiara, ma che l’ipotesi più accreditata li vuole discendenti di quei turchi che si convertirono all’ebraismo caramita, nato in Mesopotamia fra l’VIII e il IX Secolo e influenzato dall’Islam. In Lituania i Karaimų giunsero nel 1397 dalla Crimea, come soldati mercenari per difendere la fortezza di Trakai, chiamati dal Granduca Vitoldo. Questa è appunto la più antica comunità del Paese, e nella Karaimų gatve si possono ammirare ancora oggi le loro case in legno con la caratteristica facciata a tre finestre, “una per Dio, una per la famiglia, una per il Granduca Vitoldo”. I Karaimų svolgono il loro culto presso la Kenessa (dall’ebraico Knesset) cioè la sinagoga, sorta già alla fine del Trecento ma più volte distrutta da incendi e devastazioni, non ultime quelle napoleoniche del 1812; l’attuale Kenessa, in legno, risale al 1904, ricostruita su iniziativa del religioso caraita Felix Maleckis. Il tetto a quattro falde dipinto di azzurro è sormontato da una lanterna, mentre l’interno, dalle pareti intonacate di bianco, ospita la sala del culto (con le donne separate dagli uomini per tramite di una balconata) con un altare in legno di gusto neoclassico, e la più raccolta sacrestia. Oltre alla Kenessa si può visitare il piccolo ma affascinante museo etnografico, fondato nel 1967 con la collezione di Hajji Seraya Khan Shapshal, orientalista di fama mondiale, collezionista e nota figura pubblica della comunità caraita fra Ottocento e Novecento; la mostra permanente espone oggetti di artigianato, abiti tradizionali, accessori e fotografie che usi e costumi quotidiani dei caraiti dal Seicento a oggi. Osservare questa antica comunità è come svolgere un viaggio fra pagine di storia un po’ sbiadite ma ancora dense di vicende di fede e di migrazione, che affondano le radici alcuni secoli prima del Mille.

Rupert, la biblioteca. Courtesy Rupert
Rupert, la biblioteca. Courtesy Rupert

I musei d’arte di Vilnius

Ospitata in un moderno edificio del 1980 progettato da Gediminas Baravykas e che rispecchia il minimalismo tardo-sovietico, la Galleria Nazionale d’Arte Lituana è stata rinnovata fra il 2004 e il 2009. L’edificio è stato rinnovato dagli architetti Audrius Bučas, Darius Čaplinksas e Gintaras Kuginis. La collezione permanente raccoglie opere di importanti artisti lituani del periodo moderno, dalla fine dell’Ottocento al XXI Secolo. Ogni sala ha un tema, offrendo uno scorcio dell’arte locale da un periodo e da un punto di vista diverso. La collezione non documenta solo l’arte e gli artisti, ma anche lo sviluppo della moderna società lituana, le sfide storiche e la corrispondente diversità culturale. Fra gli artisti più importanti della collezione, Viktoras Vizgirda, Ludomir Sleńdziński, Stasys Ušinskas.

Fondato con capitali privati dai filantropi Danguolė e Viktoras Butkus, l’MO Museum vanta una collezione di circa 6.000 opere d’arte lituane dagli Anni ’60 a oggi, e sorge all’interno di un edificio progettato dall’architetto lituano di origini ebraiche Daniel Libeskind, e il cui punto focale è Il cortile interno che attraversa l’intero edificio e presenta una scalinata spettacolare che collega la piazza a livello della strada con un’ampia terrazza soleggiata. Qui l’arte dialoga con il pubblico anche attraverso le numerose iniziative collaterali organizzate, quali visite guidate per adulti e ragazzi, seminari, incontri a tema. Oltre alla collezione vengono organizzate anche mostre temporanee: fino all’8 settembre è visitabile We Don’t Do This. Intimacy, Norms and Fantasies in Baltic Art, che a partire dalla repressione della sessualità nei lunghi decenni della dittatura sovietica, riflette sui cambiamenti sociali in materia nella società lituana di oggi.

Attività all'aperto al Centro Culturale SODAS 2123. Courtesy SODAS 2123
Attività all’aperto al Centro Culturale SODAS 2123. Courtesy SODAS 2123

Arte contemporanea indipendente a Vilnius

Non soltanto musei: negli ultimi 15 anni Vilnius ha visto nascere diversi spazi indipendenti dove pensare, creare e vedere l’arte contemporanea. Fra questi, uno dei più grandi è il Centro Culturale SODAS 2123, nato su iniziativa di Danutė Gambickaitė, Kotryna Žukauskaitė, Lina Rukevičiūte, Vytautas Michelkevičius, Ona Lozuraitytė, Petras Išora, e gestito dalla Lithuanian Interdisciplinary Artists’ Association. Riunisce creatori e ricercatori di diversi campi, con pratiche basate sulla sperimentazione su una varietà di discipline artistiche e culturali, e annovera circa 50 studi d’artista, sale di prova, spazi espositivi, spazi per eventi e laboratori, un giardino. E in giardino sta appunto nascendo l’Oven Pavilion, intervento architettonico dell’artista interdisciplinare Kamila Krasauskaita in collaborazione con gli architetti Ona Lozuraityte-Išorei e Petrus Išora-Lozoraičius. Un forno all’aperto che richiama quelli delle antiche comunità di villaggio, da usare per momenti di incontro e condivisione all’insegna della cultura.

Altro luogo vibrante, la Rooster Gallery, che rappresenta la generazione più giovane di artisti lituani; nata nel 2008 con mostre itineranti ed eventi artistici di breve durata, ha mantenuto la sua mobilità e la sua natura non istituzionale; così facendo le mostre della galleria hanno portato alla luce nuovi spazi urbani e interni di edifici storici che solitamente sono off-limits per il pubblico. L’attività internazionale della galleria (presente ad Art Brussels, Art Dubai, YIA Paris, ENTER, CODE, TAF, eccetera) ha contribuito al riconoscimento internazionale di diversi giovani pittori lituani.

Specializzato in residenze artistiche e di ricerca, Rupert è un centro indipendente fondato da Darius Žakaitis nel 2012, la cui missione è quella di stabilire una collaborazione fra artisti, pensatori, ricercatori e altri attori culturali, integrandoli con la vita sociale e culturale di Vilnius.

Fondata nel 2013 dal collezionista Vilius Kavaliauskas per rendere disponibile al pubblico la collezione di 1.500 opere d’arte, la Noewe Foundation diretta da Ugnė Bužinskaitė, è membro del Consiglio Internazionale dei Musei (ICOM) e della World Art Foundations. La collezione comprende opere d’arte di vario genere, a partire dalla pittura, scultura, fotografia, grafica e comprende anche opere video, installazioni e performance documentate; copre il periodo che va dal modernismo lituano del XX Secolo all’arte contemporanea lituana e internazionale. La Fondazione ha già realizzato diverse decine di mostre, pubblicato numerosi cataloghi e monografie e dal 2025 avrà il suo proprio museo in un edificio storico cittadino attualmente in fase di restauro.

Infine, Medūza è una galleria fuori dagli schemi: non ha orari o giorni di apertura e un’opera d’arte presentata è disponibile al pubblico 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Le opere presentate in galleria sono sempre site specific, o comunque adattate allo spazio espositivo, e la linea espositiva spazia a 360° fra pratiche e linguaggi differenti.

La scena indipendente cittadina colpisce per il suo dinamismo e la stretta collaborazione fra i vari soggetti che la compongono (molti artisti espongono in più luoghi), ma soprattutto per l’alto numero di donne che con entusiasmo e competenza hanno spesso contribuito in prima persona a costruire questa stessa scena, che vede la maggior parte degli artisti impegnati su tematiche quali l’identità baltica, il folklore, il genere e l’emergenza climatica.

La street art di Vilnius

A Vilnius l’arte non è soltanto per I luoghi chiusi. Dai primi anni Duemila si è infatti sviluppata una scena dedicata alla street art che ha il suo punto focale (ma non l’unico) nella Open Gallery, all’interno di un ex quartiere industriale; ancora oggi sopravvivono, piacevolmente incastonate nel contesto creativo, alcune piccole attività produttive. Gratuita e aperta 24 ore su 24, 7 giorni su 7, la galleria a cielo aperto presenta oltre 50 murales di artisti locali e stranieri, un progetto in corso che si arricchisce di nuove opere anno dopo anno. Fra le più interessanti, Rebel heart: #1 di Ernest Zacharevich, dedicato allo spirito di libertà che sempre caratterizza l’infanzia; A woman, di Michael Sauka, sintetizza la capacità di ogni donna di portare il mondo intero sulle proprie spalle; Holy Moon di Claude Blo, mosaico che unisce le farfalle, la Luna, i pianeti e i loro movimenti, affronta il tema della rinascita da diverse angolazioni. Anche altri edifici cittadini ospitano murales di grande formato, che danno un tocco di allegria e di colore a questa vivace capitale baltica.

Niccolò Lucarelli

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Niccolò Lucarelli

Niccolò Lucarelli

Laureato in Studi Internazionali, è curatore, critico d’arte, di teatro e di jazz, e saggista di storia militare. Scrive su varie riviste di settore, cercando di fissare sulla pagina quella bellezza che, a ben guardare, ancora esiste nel mondo.

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