Restituire ai nativi. Negli USA si apre una grande stagione di rimpatri di opere sottratte
Nell'ambito delle normative sui rimpatri artistici entrate in vigore a inizio 2024, il Museo di Storia Naturale di New York e il Fowler Museum di Los Angeles stanno restituendo manufatti e resti umani ai nativi
Buone notizie dagli Stati Uniti sul versante delle restituzioni di opere d’arte sottratte alle comunità native di tutto il mondo. Due grandi musei, da un lato all’altro degli States, hanno infatti reso ai legittimi proprietari grandi quantità di oggetti e resti umani nelle ultime settimane. Una nuova spinta, questa, promossa dall’adozione a inizio 2024 di regolamenti federali più rigorosi (e meno burocratici) sui rimpatri, che colmano le lacune del Native American Graves Protection and Repatriation Act (NAGPRA), del 1990. E non si tratta solo di rendere ai legittimi proprietari: i musei devono anche essere certi di avere il benestare e il consenso delle tribù e delle nazioni dei nativi da cui provengono manufatti e opere prima di poterli esporre o anche solo condurvi nuove ricerche.
Restituzioni dal Museo di Storia Naturale di New York
Passi da gigante per il Museo di Storia Naturale di New York, che ha rimpatriato più di 100 resti umani e 90 oggetti restituendoli ai nativi americani. Per conformarsi alla nuova norma ha anche chiuso temporaneamente le gallerie sulle Eastern Woodlands e sulle Great Plains: una decisione che fa riflettere su quanti dei manufatti e dei resti umani nativi conservati nei musei anche importanti del Paese siano stati sempre esposti senza consenso o ricerche adeguate. C’è da dire che, per combattere queste gravi lacune, il Museo di Storia Naturale si sta dimostrando negli ultimi tempi particolarmente sollecito: il presidente Sean Decatur ha scritto una lettera al New York Times in cui fa presente come il museo si sia consultato con circa 50 parti interessate, abbia ricevuto 7 delegazioni indigene e abbia già completato 8 rimpatri nel solo 2024.
Le buone pratiche del Museo di Storia Naturale di New York
Per affrontare il problema alla radice, e con sistematicità, il celebre museo newyorchese si sta inoltre dotando del personale necessario per svolgere gli appropriati lavori di ricerca, consultazione e rimpatrio: tra questi nuovi ingressi, ci saranno due persone incaricate di migliorare le condizioni di conservazione dei resti umani, un “direttore dei programmi di raccolta” e un nuovo membro dello staff delle risorse culturali che supervisionerà la conformità al NAGPRA. “Il lavoro che abbiamo davanti non sarà completato nel giro di pochi mesi o di pochi anni”, scrive Decatur nella sua lettera, “ma grazie agli sforzi di molti all’interno del museo e di consulenti esterni continueremo a portare avanti cambiamenti duraturi e sostanziali alle nostre politiche, pratiche e approcci”. Per muoversi in questa direzione, in autunno il museo lancerà anche iniziative pubbliche per illustrare i cambiamenti che il museo sta apportando e perché alcune delle aree espositive sono chiuse, in consultazione con i membri della comunità nativa Haudenosaunee.
Restituzioni dal Fowler Museum di Los Angeles
Passando alla West Coast, buone notizie arrivano anche dal Fowler Museum dell’Università della California, museo losangelino tutto dedicato all’arte proveniente dall’Africa, dall’Asia, dal Pacifico e dalle Americhe che ha restituito 20 oggetti “di significativa importanza culturale” alla comunità Warumungu del Territorio del Nord australiano. È proprio per incentivare ritorni volontari come questo che, sei anni fa, l’agenzia governativa australiana dedicata al rimpatrio del patrimonio locale – la Australian Institute of Aboriginal and Torres Strait Islander Studies – ha istituito il Return of Cultural Heritage, programma volto a ricercare nelle collezioni museali di tutto il mondo la presenza di oggetti di rilevanza culturale interna. Da allora ha contattato almeno 200 istituzioni, incluso il Fowler, che conta nel suo patrimonio circa 30mila oggetti (ottenuti tramite il londinese Wellcome Trust) e che negli ultimi anni sta perseguendo il rimpatrio di oggetti saccheggiati, come quelli provenienti dal regno Asante dell’Africa occidentale. “Al Fowler Museum, vediamo noi stessi come custodi temporanei degli oggetti della nostra collezione”, ha scritto in una nota la direttrice Silvia Forni. “Nel caso di oggetti che sono stati sottratti in modo violento o coercitivo ai proprietari o alle comunità originali, è nostra responsabilità etica fare il possibile per restituire tali oggetti. È un processo che occuperà generazioni di dipendenti, ma è qualcosa che siamo determinati a realizzare”.
Giulia Giaume
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