All’interno della Ruhr Triennale, una delle più importanti rassegne culturali della Vestfalia che si svolge fra Essen, Duisburg e Bochum, la mostra Landscapes of an Ongoing Past si pone come momento di riflessione sui potenziali scenari futuri che nascono dalle varie eredità, spesso conflittuali, del passato. L’affascinante spazio ex-industriale del Salzlager della Zollverein di Essen (patrimonio UNESCO), crea la giusta atmosfera concettuale per apprezzare al meglio la mostra.
Ruhr Triennale: le opportunità del passato
La persistenza del passato, e di conseguenza della sua memoria, genera un’ondata di malinconia ma anche di energia propositiva per la costruzione del futuro; e i paesaggi del passato che la mostra indaga sono legati a una molteplicità di scenari difficili nel quadro del complesso Novecento europeo. In particolare, Landscapes of an Ongoing Past si concentra su quanto rimane dell’eredità storica e sociale dell’occupazione sovietica dell’Europa orientale (ma anche di altri regimi autoritari, come quello albanese), con i suoi contesti politici, industriali, artistici e umani, nei quali si coglie ancora la speranza, andata delusa, di costruire un’utopia. Lo scopo della mostra è capire come si possa utilizzare un’eredità andata fallita ma ancora presente nel patrimonio architettonico, industriale e della memoria familiare. Da questo punto di vista, allestire la mostra nell’ex complesso industrial-minerario della Zollverein crea un efficace dialogo estetico fra opere e ambiente espositivo, e amplia la portata concettuale delle prime; la Zollverein, infatti, nello specifico il Salzlager dell’ex complesso minerario, racchiudono una storia sociale legata all’economia della regione e della Germania tutta. La mostra si pone domande su nuovi scenari e direzioni, con l’impazienza di chi, per citare Carmelo Bene, ha nostalgia delle cose che “non ebbero mai un cominciamento”, e sprizza entusiasmo per le utopie che si possono costruire anche dalle situazioni peggiori.
La mostra nel programma della Ruhr Triennale
Le opere dialogano anche con la grande installazione The Palace of Projects del duo Ilya&Emilia Kabakov, che dal 2001 è esposta nel Salzlager; una struttura architettonica a spirale, interamente in legno, al cui interno si trovano 65 progetti per altrettante idee di futuro, un archivio di idee e storie utopiche raccontate da immaginari cittadini sovietici. Altre idee per il futuro arrivano invece dalla mostra corrente, che esplora lo stato del presente, situato a metà strada fra decadenza e speranza. La mostra omaggia la memoria dell’artista ucraino Fedir Tetianych (1942-2007), maestro di stravaganti performance in spazi pubblici che scuotevano la grigia realtà sovietica. Nella sua ottica visionaria, l’epopea delle prime esplorazioni spaziali di Gagarin ispirò molte delle sue opere, che immaginano la vita su nuovi pianeti e dimensioni, metafora di una ricerca dell’immortalità. Particolarmente toccante il video Maybe the cosmos is not so extraordinary (2019) con cui l’artista Driant Zeneli ha rappresentato l’Albania alla Biennale di Venezia; la storia industriale delle miniere di cromo nel nord del Paese, vista attraverso lo sguardo dei bambini (ognuno di essi legato alla miniera perché i padri vi hanno lavorato, e qualcuno vi ha purtroppo perso la vita in tragici incidenti); la realtà opprimente della miniera diventa un luogo utopico di libertà e sogni e dialoga filologicamente con la storia della Zollverein, fatta di grandi fatiche umane e rivendicazioni sociali.
Le opere nella mostra alla Zollverein di Essen
Invece, Floating Island, l’installazione di Marta Dyachenko, riflette sulla relazione tra infrastrutture e sviluppo sociale, perché è attraverso le prime che si connettono territori e persone, che si fa muovere l’economia e si valorizza il lavoro, così come la cultura. In questi termini, il passato sovietico ha lasciato molto ai Paesi ex-satelliti, ancora alle prese, alcuni casi, con la corretta e utile gestione di questo patrimonio. Un’infrastruttura non può rimanere un’isola, ma deve necessariamente integrarsi con il territorio. Ma il titolo allude anche alla persistenza del passato, e in questo senso l’artista georgiano Nino Kvrivishvili riflette su come la pianificazione industriale sovietica abbia impoverita l’arte della produzione artigianale dei tappeti relegandola a produzione di massa; nei due arazzi DAISI e AISI, stigmatizza il metodo industriale che, in nome del profitto e della pianificazione socio-economica, ha quasi cancellata l’arte della tessitura georgiana, che purtroppo non è ancora riuscita a tornare ai suoi splendori.
Il complesso minerario della Zollverein di Essen
L’attività estrattiva comincia nel 1847 e nel 1890 si tiravano fuori un milione di tonnellate di carbone all’anno, e nei 60 anni di storia del bacino minerario sono state attive ben otto miniere, e il pozzo più profondo scendeva a mille metri sotto il livello del mare. L’attività si è fermata nel 1986, quando ormai i filoni carboniferi erano esauriti, e non era più conveniente dal punto di vista economico scavare ulteriormente. Il carbone estratto veniva lavorato sul posto, nei grandiosi impianti ancora oggi visibili, e trasformato in carbon coke nei tanti forni dell’azienda, mentre i gas di risulta venivano trasformati in ammoniaca, benzene grezzo e catrame. Negli anni della Seconda Guerra Mondiale migliaia di prigionieri di guerra prestarono servizio obbligatorio in condizioni durissime, e nel 1945 gli stabilimenti furono bombardati dall’aviazione britannica e statunitense. Gli edifici che dal 2001 fanno parte del complesso museale sotto tutela UNESCO risalgono agli Anni Cinquanta e Sessanta, ulteriormente rimodernati negli anni Settanta, e si mostrano oggi nella loro concezione razionalista, nata dal Bauhaus, che è stata il simbolo estetico dello sviluppo industriale tedesco dagli anni Venti del Novecento in poi. L’ex stabilimento per il lavaggio del carbone ospita il museo regionale della Ruhr, aperto nel 2010, che conserva gli impianti attivi fino al 1986 e racconta come veniva processata questa preziosa risorsa. Oltre al museo industriale, la Zollverein è oggi utilizzata come polo culturale, ospitando alcuni eventi della Ruhr Triennale, così come concerti, mostre d’arte, eventi per famiglie e bambini. Inoltre, la Zollverein è circondata da un parco di 70 ettari dove sono già state identificate oltre 700 specie di animali e piante, fra cui circa 100 specie di licheni, 40 di uccelli e 20 di farfalle. Sospesa fra archeologia industriale e ambiente naturale, questa grande area è oggi patrimonio della comunità locale, esempio virtuoso di costruzione del futuro dall’eredità del passato.
Niccolò Lucarelli
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