“Qui il tempo è bello, dolce e calmo” scriveva Max Ernst (Brühl, 1891 – Parigi, 1976) in una corrispondenza con un amico nel 1955. Dopo il suo esilio negli Stati Uniti durante la seconda Guerra mondiale, l’artista tedesco e la moglie Dorothea Tanning (Galesburg Illinois 1910 – New York 2012) ritornano a Parigi e infine si trasferiscono, proprio nel 1955, a Huismes, un piccolo villaggio non lontano da Tours. In questa zona della Turenna, Ernst ritrova un suo vecchio amico del periodo anteguerra parigino, Alexander Calder (Lawnton, 1898 – New York, 1976) che vive a Saché, a pochi chilometri di distanza.
Ernst e Calder: un tedesco e un americano che si ritrovano in Francia
Siamo nei pressi della valle della Loira e per entrambi gli artisti sarà l’inizio di un lungo legame con questa regione della Francia. Max e Dorothea acquistano una vecchia casa di campagna che battezzano poeticamente Le Pin Perdu e vivranno qui fino al 1968.
A Saché, un paio di anni prima, nel 1953, Calder aveva conosciuto Jean, il figlio di un suo amico, lo scultore Jo Davidson. L’area gli piace, è molto verde, tranquilla, attraversata da grandi fiumi come l’Indre, la Vienne e la Loira e qualche mese più tardi lo scultore decide di scambiare tre sue opere con la casa che Jean Davidson (che in seguito diventerà suo genero) gli offre per soggiornare in Francia. Alexander Calder, allora già all’apice del suo successo, viaggia continuamente per il mondo sia per seguire le mostre personali che gli vengono dedicate sia per nuove commissioni che molte istituzioni gli affidano. A Saché si trova bene, gli piace la regione cara a Balzac, ne apprezza la luce e i grandi boschi gli ricordano la casa-atelier di Roxbury, nel Connecticut dove assieme alla moglie Louisa James (era la pronipote di Henry James) continua a vivere per una parte dell’anno.
La storia dell’atelier di Calder a Carroi
Ma la prima casa francese gli va presto stretta: ha bisogno di un grande atelier per lavorare alle sue monumentali sculture. Calder trova infine il posto adatto, la collina di Carroi, durante una battuta di caccia. “Fu all’incirca proprio in quella zona”, racconta nella sua Autobiografia (New York, Pantheon Books, 1966) “che decidemmo di costruire il mio nuovo studio. Jean fece scavare con un bulldozer parte della collina, creando un promontorio che oggi si trova davanti allo studio, sovrastante Saché e la vallata dell’Indre“. Per cominciare dovrà convincere i 14 proprietari delle 17 parcelle di terreno a vendere, ma alla fine dopo sei anni di lavori per lo più eseguiti manualmente, riesce a costruire due edifici: la casa e l’atelier dove l’artista americano trascorrerà metà dell’anno praticamente fino al termine della sua vita. L’immenso spazio di lavoro, completato nel 1962, è un semplice parallelepipedo di 600 metri quadrati, con grandi vetrate che affacciano sulla valle. È il luogo dove l’artista elabora le maquette e dove assembla ed espone le opere realizzate in collaborazione con Biémont, un’azienda di lavorazioni metalliche nella vicina Tours. Dal 1989 è stato trasformato, grazie alla Calder Foundation, in una residenza per artisti, la prima iniziativa di questo genere in Francia. Poco più in basso, scendendo al villaggio di Saché, nella piazza principale si può ammirare Totem-Saché, un’opera monumentale donata dall’artista nel 1974, mentre ad Amboise, accanto alla chiesa di Saint-Florentin, è installata Crinkly, un mobile realizzato da Calder nel 1969.
Max Ernst e Dorothea Tanning nella casa di Huismes
Anche per Max Ernst e Dorothea Tanning quello passato in Turenna sarà un periodo fecondo di opere e di impegni. Ernst aveva ricevuto il Gran Premio alla Biennale di Venezia nel 1954 ed era un artista affermato. Qualche anno dopo, siamo nel 1958, ottiene anche la cittadinanza francese (dopo che nel 1948 aveva già ottenuto quella americana). La tranquillità di Huismes, all’interno della casa costruita con le tipiche pietre bianche di tufo, favorisce la sua attività: nell’atelier e nel giardino crea, scolpisce e porta avanti molti progetti. L’artista realizza su commissione della città di Amboise un omaggio a Leonardo da Vinci che è sepolto nel recinto del castello reale. Ernst concepisce una fontana battezzata Aux cracheurs, aux drôles, au génie, inaugurata nel 1968, che riprende sue opere precedenti come La Grande Grenouille e La Tortue: un bestiario mezzo marino e mezzo terrestre ispirato agli animali fantastici di Leonardo.
Prima ancora, come segno di riconoscenza alla regione che lo ospitava, aveva disegnato La Tourangelle, il trofeo in bronzo assegnato ai vincitori delle Journées internationales du film de court métrage, che fra la metà degli Anni Cinquanta e la metà dei Sessanta sono state una delle più importanti manifestazioni cinematografiche francesi. Max Ernst fece parte della giuria e nel 1962 il premio viene assegnato a un quasi debuttante Roman Polanski. E sarà ancora a Huismes che Max Ernst realizzerà, in collaborazione con il suo vecchio amico Ilia Zdanevitch, detto Iliazd, Maximiliana ou l’exercise illégal de l’astronomie considerato uno dei più bei libri d’artista del Novecento (una copia è stata battuta da Christie nel 2020 per oltre 118 mila euro).
Il Festival AR(t)CHIPEL apre gli atelier degli artisti
Le residenze dei due artisti, che come detto si trovano a pochi chilometri di distanza, si potranno visitare nel corso del Festival AR(t)CHIPEL in programma dal 18 ottobre al 3 novembre in decine di location nella regione Centre-Val de Loire (Orléans e Tours, le due principali città della regione si trovano a circa un’ora in treno da Parigi). Durante il festival, a Le Pin Perdu di Huismes (residenza classificata dal Ministero della Cultura francese come Maison des Illustres) si potrà vedere l’esposizione 1924/2024. Le surréalisme et après… L’atelier di Alexander Calder ospiterà invece un’installazione immersiva e partecipativa dell’artista Sarah Oppenheimer (Dallas, 1972) volta a esplorare le differenti connessioni che si stabiliscono tra uomo e ambiente.
Non è che un assaggio di quanto avverrà nel 2026 quando i due artisti verranno onorati nel cinquantenario della morte, avvenuta per entrambi nel 1976. Ernst e Calder sono largamente rappresentati nelle collezioni del Centre Pompidou che autorizzerà dei prestiti eccezionali per dar luogo a una programmazione inedita finalizzata a valorizzare il loro periodo francese, i luoghi di residenza, lavoro e ispirazione. Bisogna infatti ricordare che dal 2019 il Centre Pompidou ha siglato un accordo con l’amministrazione regionale grazie al quale decine di opere del museo parigino saranno esposte nei centri d’arte del Centre-Val de Loire. L’edizione di AR(t)CHIPEL che sta per aprirsi prevede, ad esempio, che la La Grande Odalisque celebre opera pop di Martial Raysse sia esposta a Orléans, mentre la Grande Grenouille di Marx Ernst sarà al centro dell’esposizione Faire Monde del Musée Chinon a Savigny-en-Veron. Ad Amboise, volendo completare il circuito di sculture monumentali, il consiglio è di non perdere la Tour d’or blanc di Jean-Michel Othoniel (Saint-Étienne, 1964), un’opera di 14 metri di altezza che è un omaggio ai viticultori della regione, e la grande opera di Amleto Cataldi (Napoli, 1882 – Roma, 1930) sulle rive della Loira che rappresenta Leonardo da Vinci nelle sembianze di un antico dio fluviale.
Dario Bragaglia
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