Tarsila do Amaral e l’invenzione del modernismo brasiliano. La mostra a Parigi

Il Musée du Luxembourg ospita la prima retrospettiva in Francia dedicata a una delle principali personalità artistiche della storia moderna del Brasile. Ancora poco conosciuta e studiata in Europa, l’arte di Tarsila do Amaral oltrepassa i codici europei a noi più familiari

È fresca ed esotica, ma anche complessa e contraddittoria la pittura di Tarsila do Amaral (Capivari, 1886 – San Paolo, 1973), nota artista brasiliana tra le fondatrici del cosiddetto Grupo dos Cinco assieme a Anita Malfatti, Menotti del Picchia, Mário de Andrade e Oswald de Andrade, con cui formò il Movimento Antropofagico e del quale il suo quadro Abaporu (1928) è una delle sue prime espressioni. Per la prima volta in Francia, la mostra Tarsila do Amaral. Dipingere il Brasile moderno al Musée du Luxembourg di Parigi offre al grande pubblico un panorama completo della sua produzione artistica, dall’inizio della sua carriera fino agli Anni Sessanta includendo così anche le opere più tardive, spesso dimenticate dalla critica internazionale. 

Tarsila do Amaral, tra l’Europa e il Brasile 

La scelta della curatrice – Cecilia Braschi – di mostrare l’intera opera dell’artista permette infatti di sottolineare le evoluzioni stilistiche in parallelo con la storia culturale del Brasile di quel periodo. Si mette così in evidenza non solo l’artista ma anche una donna dell’alta borghesia brasiliana immersa nel suo tempo. Infatti, considerare la sua storia personale, in particolare la sua formazione impregnata di cultura francofona fin dalla prima infanzia e l’arrivo a Parigi negli Anni Venti, ci permette di decifrare al meglio il linguaggio artistico originale che Tarsila sviluppa nel corso degli anni e dei suoi viaggi tra i due continenti. Come afferma Cecilia Braschi, paradossalmente il primo choc culturale di Tarsila non è stata l’Europa ma il rientro in Brasile nel 1922, poco dopo la Settimana d’arte moderna di San Paolo, evento centrale per la nascita del modernismo brasiliano. 

Tarsila do Amaral e l’invenzione del paesaggio brasiliano 

Il contesto storico della nascita di Tarsila do Amaral è quello di un Brasile della fine del XIX Secolo, periodo marcato dall’Impero e da una società schiavista, erede della colonizzazione e del modernismo europeo. La sua condizione privilegiata le permette di accedere ad una educazione d’eccezione rispetto al contesto sociale brasiliano: formatasi in Francia, il linguaggio pittorico dell’avanguardia artistica di Parigi è ben presente nei suoi primi quadri (e non solo). ne è un esempio Vista do hotel de Paris (1900). 
Il ritorno a San Paolo, tuttavia, le permette di riscoprire il Brasile a partire dalle conoscenze acquisite in Europa e a sviluppare un linguaggio artistico distintivo ed unico che definirà l’identità plastica dell’avanguardia brasiliana. Nel corso di questa fase, come scrive lei stessa, l’artista si riscopre brasiliana attraverso uno studio non più della tecnica artistica ma della gente e dei paesaggi naturali della terra natale animata dal desiderio di un ritorno alle origini dell’arte brasiliana. Nei quadri di questa fase l’artista usa infatti un linguaggio astratto – proprio delle avanguardie europee – per rappresentare il paesaggio brasiliano; vi troviamo infatti elementi tradizionali come case, chiese, la natura esotica, la gente con i loro accessori tipici e i colori intensi; è proprio nell’insieme di questi codici più o meno familiari che risiede l’innovazione della sua arte. 

Il modernismo brasiliano: una rivoluzione letteraria e artistica 

Il linguaggio pittorico di Tarsila do Amaral al rientro in Brasile si sviluppa in un contesto di grande fermento intellettuale creatosi grazie all’intervento di un gruppo di intellettuali originari di San Paolo, tra cui Mário de Andrade e Oswald de Andrade. Ispirandosi all’avanguardia europea, pubblicano articoli di polemica nei confronti della cultura e delle élite conservatrici, proponendo posizioni moderniste che danno vita ad una vera e propria rivoluzione culturale. In particolare, la pubblicazione del Manifesto Antropofagico (1928) fa dell’antropofagia, rituale degli Indiani tupi che consiste nel mangiare l’altro per assorbirne le qualità, il concetto chiave del modernismo brasiliano: attraverso l’assimilazione e la “digestione” delle culture straniere e colonizzatrici la cultura brasiliana si emancipa dando vita ad un’arte sì cosmopolita – i riferimenti ai codici estetici europei non mancano – ma anche profondamente brasiliana, come le opere di Tarsila do Amaral testimoniano pienamente.

Chiara Zinzani

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