Qual è la nostra visione dell’identità, della storia e della cultura a cui apparteniamo? Come realizziamo l’identità che adottiamo? La nostra storia personale e collettiva ne riflette la natura? Sono queste alcune delle domande che molti siriani si pongono da ieri, domenica 8 dicembre 2024, data che segna la caduta di un regime familiare durato più di mezzo secolo e la fine di un partito unico, il Baath, che dominava la Siria con la sua visione e la sua identità dal 1963.
La Siria negli Anni Dieci del XXI Secolo
Mentre il partito perseguiva con vigore la promozione della propria ideologia, la Siria scivolava progressivamente verso una frammentazione con al suo interno una molteplicità di micro-identità: culturali, religiose, etniche e persino tribali. Certamente, la situazione non ha visto miglioramenti rispetto al passato; anzi, a partire dal 2011, il Paese si è ulteriormente lacerato, suddividendosi in aree distinte, profondamente separate non solo sul piano politico, ma anche sociale e culturale, tanto che perfino i sistemi educativi e scolastici sono divisi.
In Siria il sistema educativo riflette le divisioni politiche
Il sistema educativo in Siria, dopo la rivoluzione sfociata in guerra civile, è divenuto estremamente complesso e frammentato, con la presenza di quattro tipologie di scuole che adottano programmi di studio differenti, oltre a nuove università. Nelle aree controllate dal regime a Damasco, comprese le regioni interne e costiere, le scuole seguono i programmi del Ministero dell’Istruzione. Qui, gli studenti delle medie e superiori possono scegliere lingue straniere aggiuntive, come il russo o il persiano. Nelle zone settentrionali liberate, sotto il controllo del governo siriano dell’opposizione, le scuole adottano un programma integrato elaborato da apposite commissioni, con l’introduzione del turco come lingua obbligatoria accanto all’arabo, e i materiali didattici vengono stampati in Turchia. Nell’area amministrata dell’autonomia curda, nota come Rojava, le scuole hanno introdotto programmi scolastici multilingue in arabo, curdo e siriaco, permettendo agli studenti di ciascuna comunità di ricevere un’istruzione nella propria lingua madre. Infine, nelle province di Raqqa e Deir ez-Zor, così come nei campi per sfollati sostenuti da organizzazioni internazionali, le scuole supervisionate dall’UNICEF utilizzano un programma semplificato in arabo, concepito appositamente per rispondere alle esigenze dei bambini in condizioni di emergenza. Questo panorama educativo riflette le divisioni politiche e territoriali che hanno segnato il Paese, rendendo il sistema scolastico uno specchio delle complessità del conflitto siriano, anche dal punto di vista culturale e quindi identitario.
L’identità e la patria: una sfida collettiva per la Siria dell’avvenire
L’identità è quel profondo sentimento di sé, quella consapevolezza che illumina il tuo cammino quando ti svegli la mattina, sia respirando l’aria di Berlino in una rara giornata di sole, sia conversando sui marciapiedi nei vicoli di Qamişlo, o vagando tra gli antichi monumenti di Roma e i suoi musei ricchi d’arte, oppure abbracciando la terra di Aleppo e perdendosi tra i suoi antichi mercati, o ancora ordinando un caffè in uno dei bar londinesi, o godendosi il profumo delle rose nei giardini di Damasco. L’identità va oltre il luogo, è appartenere a se stessi, e la patria è il luogo che racconta le tue storie divenute ricordi e accoglie i tuoi sogni futuri, ovunque tu sia. È quel rifugio sicuro che Naguib Mahfouz ha descritto con uno straordinario tocco letterario e umano: dove le nuvole delle tue paure si dissipano e godi di pace e rassicurazione. È il luogo in cui dormi la sera accanto ai tuoi cari e alla tua famiglia, e hai la certezza che nessuno busserà alla tua porta per portarti in un luogo sconosciuto.
L’invenzione dell’identità siriana
Dunque, l’identità a cui oggi sentiamo di appartenere come siriani non esiste da sempre, è nata in un preciso momento storico in cui si è stato deciso come modellarla. Questa questione non è legata solo al potere e al controllo di un particolare popolo quanto alla sua capacità di prendere decisioni e alla ferma determinazione di credere in un nuovo pensiero e realtà. La Siria odierna è stremata, in ogni senso e in tutte le sue regioni. Da anni le sue infrastrutture, su tutti i livelli, non conoscono rinnovamento, mentre il tessuto sociale è ferito e le sue élite culturali, industriali e sociali sono emigrate altrove. Questo Paese trafitto necessita di strategie lungimiranti, fondate su una visione condivisa che possa riunire tutti i siriani sotto un’unica bandiera, quella dello Stato di diritto e della cittadinanza inclusiva. Al Assad, il figlio, ha esercitato un potere assoluto come leader del partito e dello Stato per 24 anni, eliminando sistematicamente ogni forma di opposizione. Oggi, a capo dei ribelli che hanno fatto ingresso a Damasco, si trova al Jolani, ex membro delle brigate dell’ISIS e di Al Qaida, una figura controversa che incarna le contraddizioni e le complessità delle fazioni ribelli nella guerra siriana.
Un orizzonte di speranza per la Siria
Con la caduta di al Assad, si chiude senza dubbio un capitolo storico, segnando di per sé un cambiamento epocale e un momento che i siriani hanno atteso per decenni, sacrificandosi instancabilmente nel corso degli anni. Sono istanti che regalano speranza e ottimismo per un futuro migliore, ma richiedono anche preparazione nell’affrontare le complesse e ardue questioni che si profilano all’orizzonte. Dopotutto, la fine della pioggia non implica necessariamente il dissolversi delle nubi.
Ghiath Rammo
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