Ecco chi è Ahmet Güneştekin, il “curdo italiano” che racconta la realtà 

Mentre in Turchia si apre la sua grande mostra The Lost Alphabet all’Artistanbul Feshane, la Fondazione che porta il suo nome sta aprendo una sede a Venezia e una a Urla, nel golfo di Smirne

“Racconto le culture dei popoli che hanno vissuto in questo territorio e cerco di farli dialogare, per far capire loro che si nutrono dalla stessa fonte. Nelle mie opere non parlo di bellezza, ma di tragedie. Mi sento responsabile di tutto ciò di cui sono testimone. Ogni opera d’arte è infatti un documento per il futuro”. Si presenta così l’artista Ahmet Güneştekin, nato a Batman nel 1966, assurto recentemente alle cronache italiane per la sua decisione di acquistare per 10 milioni di euro il seicentesco Palazzo Gradenigo a Venezia per farne la sede della propria Fondazione. “Da oggi”, scherza, “sono curdo italiano e Venezia sarà la mia seconda casa”, con spazi espositivi, residenze per artisti, luoghi per la formazione e la didattica e un progetto di restauro e riallestimento che dovrebbe concludersi tra la primavera del 2026 e il 2027, affidato all’architetto Alberto Torsello, già noto in Laguna per aver partecipato alla rifunzionalizzazione delle Procuratie Vecchie o per la riqualificazione di Palazzo Ducale. 

Chi è Ahmet Güneştekin 

Quella di Güneştekin è una storia di coraggio e di autodeterminazione, umana e creativa, che mette al centro dell’arte il senso di responsabilità sociale. I suoi inizi sono umili, in un villaggio curdo nella regione dell’Anatolia Sud Orientale, il padre è un custode di campi di petrolio. Comincia a disegnare precocissimo, ma fino a 14 anni non ha, per sua stessa ammissione, nessuna cognizione di cosa sia l’arte, che scopre durante gli studi liceali, innamorandosi soprattutto del Rinascimento italiano. Nonostante il talento e i suggerimenti degli insegnanti che spingono perché frequenti l’Accademia, Güneştekin resta autodidatta e decide di frequentare Economia e Commercio, svolge un lavoro in ambito commerciale, mette su famiglia e ha due figlie, ma non smette mai di dipingere. Sono gli amici e la famiglia che premono perché esponga le sue opere e, sparigliando tutte le carte, la sua prima mostra avviene nel 2003 quando Güneştekin ha 36 anni, all’Ataturk Culture Center, uno dei luoghi più importanti di tutta la Turchia. Da lì comincia un cammino verso l’alto, che fa sì che oggi tra gli artisti più produttivi e più pagati del suo Paese. 1,3 milioni di follower, su Instagram, 12 anni di collaborazione con la Malborough Gallery (da sei anni è un artista indipendente e non ha gallerie che lo rappresentano): oggi è un personaggio pubblico (e cuoco sopraffino nel privato), è ospitato in televisione, chiamato come testimonial per pubblicità, destinando poi i proventi alla propria fondazione al sostegno di oltre 150 giovani artisti turchi indigenti nei propri studi.  

Ahmet Güneştekin, A person is not a bird that flies away, installazione, 2023
Ahmet Güneştekin, A person is not a bird that flies away, installazione, 2023

L’arte politica di Ahmet Güneştekin 

Tutto rose e fiori? Non esattamente, perché questa immagine di grande successo, soprattutto internazionale, è accompagnata da una ricerca profonda che affonda le sue radici in un contesto sociale difficile e sofferto. E spesso di grande solitudine. Nel 2016, alla vigilia di una sua grande mostra a New York, una sua opera, Kostantiniyye (Costantinopoli), viene contestata, censurata e infine rimossa. L’installazione, già esposta a Venezia nel 2015, nell’ambito degli eventi collaterali della Biennale di Venezia, riportava infatti l’antico nome della città di Istanbul usato dal XV Secolo fino all’epoca di Ataturk (XX Secolo), dando scandalo. In questo frangente, racconta senza rammarico l’artista, “il mondo dell’arte turco non mi ha supportato. Nonostante ciò, si è formato un gruppo di persone che mi sostengono. Il popolo è con me e c’è un gruppo di intellettuali che è al mio fianco” (tra questi lo scrittore Yaşar Kemal)”. Nel 2022 la mostra “Gavur Mahallesi (Infidel Quarter)” a Smirne viene visitata da 3 milioni di persone in sei mesi di apertura, nonostante anche qui la censura sia intervenuta con un paio di settimane di anticipo a chiudere la mostra. 

Ahmet Güneştekin
Ahmet Güneştekin

Denuncia e censura nel lavoro di Ahmet Güneştekin 

Sono infatti l’assenza, il senso della perdita, la memoria come denuncia della mancanza di giustizia sociale la firma della sua prolifica produzione artistica caratterizzata da un ampio ventaglio di tecniche e soluzioni formali. E la mostra inaugurata tra le folle di visitatori e giornalisti lo scorso 16 gennaio all’Artistanbul Feshane, ex fabbrica tessile di 8000 mq riqualificata in centro d’arte e riaperta al pubblico lo scorso luglio 2023, lo attesta. The Lost Alphabet, questo il titolo, con la direzione artistica di Angelo Bucarelli e la curatela di Christoph Tannert, si estende su tutto lo spazio espositivo raccontando storie vere, di vita vissuta. Quando solidifica in una installazione ambientale (Never There, 2017) cumuli di valigie, ruote di automobili, biciclette, poltrone o ancora scarpe e altri effetti personali, macerie di bombardamenti che in pochi istanti hanno cancellato vite, storie, momenti quotidiani, come se non fossero mai esistiti, l’artista non sta immaginando, sta testimoniando.  
La storia è una pietra sulla vita delle persone e l’artista la riporta a galla con il suo Migration Road del 2022, dove due grossi massi, due sfere di influenza, due poteri politici, schiacciano, quasi stritolandole, le valigie dei migranti. Sono le persone che tornano protagoniste con i loro nomi e le loro storie nell’opera coeva Refugee boat, che fa riferimento allo scambio di popolazioni “infedeli” tra Grecia e Turchia nel 1923, ufficializzato con il Trattato di Losanna, raccontato anche nell’opera video 20kg 20 dollari. I cristiani dell’Anatolia e della Tracia orientale furono deportati in Grecia, e i greci di fede islamica in Turchia, sradicati dalle loro case, le loro famiglie e le loro amicizie loro malgrado, costretti a assemblare i propri effetti personali in un bagaglio di massimo 20 kg e di abbandonare, con in tasca solo 20 dollari, i propri animali domestici o nasconderli in questo poco spazio (ed infatti lo straziante miagolio di un gatto, animale quasi sacro in Turchia, testimonia questo senso di disperazione e solitudine). I pesci che sormontano i teschi di ceramica nella grande installazione Era of deluge, del 2024, ricordano quanto la memoria corta (tipica dei pesci, a sentire i turchi) e la negazione del passato producano tragedie e mettano in pericolo il futuro.

Ahmet Güneştekin testimone del presente 

L’alfabeto perduto cui fa riferimento l’artista è quello delle lettere vietate dell’alfabeto curdo (Q, X, W), autorizzate solo a partire dal 1991 nell’insegnamento scolastico. È l’alfabeto dell’Atlante delle Leggende, l’opera più poetica dell’artista, una serie di porte dipinte con colori e figure mitologiche che aprono all’immaginazione, che raccontano storie e mitologie, culture, invitando “a toccarle, ad appoggiare l’orecchio, ad ascoltare cosa hanno da dirci”, in una relazione partecipativa. Ma è anche quello delle storie delle persone scomparse perlopiù per motivi politici in Turchia, che l’artista ricorda nell’opera in progress Disappeared Languance (2021) mettendo in chiaro i loro nomi. Rincarando poi la dose nel lavoro coevo A person is Not a Bird That Flies Away, dando corpo alle persone di cui non c’è una tomba da vegliare, e dando voce alla protesta delle Madri del sabato, donne, mamme, che da 1033 sabati, (dal 1995 davanti al Liceo di Galatasaray a Piazza Taksim) e non senza problemi con le forze dell’ordine, si riuniscono ogni sabato per protestare e chiedere la verità e che presto lo faranno anche all’Artistanbul Feshane, in compagnia dell’artista e davanti alla sua opera. Una persona non è un uccello che vola via, e questa storia che sembra lontana e impossibile, esiste davvero. “Questa e la realtà”, spiega Güneştekin, “e voglio che le mie figlie siano fiere di me. Voglio che quando la storia dell’arte sarà riscritta, le persone fra qualche anno possano dire come si è comportato questo signore di fronte a ciò che stava accadendo?” 

Ahmet Güneştekin operatore culturale 

In attesa di questo bilancio, Güneştekin, che non a caso per il proprio impegno politico ha subito ritorsioni e minacce, o quanto meno un senso di isolamento da un sistema dell’arte ideologizzato e ortodosso, non rinuncia, con la propria Fondazione, all’azione. Oltre al Palazzo veneziano, che peraltro ospiterà anche le mostre dei giovani studenti di cui sostiene la formazione, offrendo loro una prova e una occasione sulla piattaforma internazionale, l’artista aprirà in autunno 2025 la propria Casa Museo a Urla, città sulla costa nel golfo di Smirne. 800 metri quadri che includono un parco sculture outdoor, dove esporre parte del proprio lavoro, lavorare, studiare, e incontrare il pubblico. Mentre la mostra all’Artistanbul Feshane durerà per sei mesi, sempre che non intervenga ancora una volta la censura a dire la propria. 

Santa Nastro  

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Santa Nastro

Santa Nastro

Santa Nastro è nata a Napoli nel 1981. Laureata in Storia dell'Arte presso l'Università di Bologna con una tesi su Francesco Arcangeli, è critico d'arte, giornalista e comunicatore. Attualmente è vicedirettore di Artribune. È Responsabile della Comunicazione di FMAV Fondazione…

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