Cosa vedere a Sharjah. Uno dei poli culturali degli Emirati Arabi
Musei, riserve naturali, edifici storici: l’emirato di Sharjah non è meno interessante dei suoi più celebri vicini Dubai e Abu Dhabi, e conserva una atmosfera autentica ancora intatta. Oltre a una delle Biennali d’arte contemporanea più interessanti del momento

Terzo dei sette emirati in ordine di grandezza e l’unico affacciato sia sul Golfo Persico sia sul Golfo dell’Oman, Sharjah, a differenza di Dubai e Abu Dhabi – templi dello shopping esclusivo e del turismo kitsch – è un luogo normale, dove non si ostenta l’imitazione dell’Occidente, ma, pur con una giusta visione di sviluppo turistico e commerciale, si mantengono salde radici culturali. Edifici antichi, musei, la Biennale, sono i tasselli di un mosaico culturale vivace, pilastro di una politica di sviluppo che sta cercando introiti diversi dal petrolio, nell’ottica di conservare il patrimonio e l’identità.

Sharjah, la città antica
Sharjah City è la capitale dell’emirato, e vanta un centro storico che sorge su un’area di circa 35mila metri quadrati; da alcuni anni è al centro di The Heart of Sharjah, un grande progetto di restauro che mira a riportare l’area allo stato in cui era fino agli anni Cinquanta, prima delle grandi trasformazioni urbanistiche della città. Al suo interno sorgono l’Al Hisn Sharjah (il forte di Sharjah), il Souq Al Arsah e il Souq al Shanasiyah; questi ultimi due conservano ancora un’atmosfera abbastanza autentica della cultura commerciale araba, e dove i pittoreschi negozi vendono di tutto, dagli abiti tradizionali ai gioielli, dai profumi ai dolci e le spezie, fino alla piccola mobilia artigianale.
Il forte di Sharjah
Fra gli edifici principali, l’Al Hisn Sharjah – costruito nel 1823 dall’allora sovrano di Sharjah, lo sceicco Sultan bin Saqr Al Qasimi – ospitava la residenza della famiglia regnante e la sede del governo. L’edificio, a pianta quadrata, su due piani che affacciano su un ampio cortile interno, è circondato da tre torri difensive e fu costruito utilizzando pietra corallina raccolta dal fondale del Golfo Persico e mattoni cotti. Il tetto, invece, è in legno di mangrovia e fibra di palma. Purtroppo, il forte ha risentito delle vicissitudini politiche, fu parzialmente demolito nel gennaio 1970, quando lo sceicco Khalid bin Muhammad volle rimuovere ogni traccia del predecessore Saqr bin Sultan (deposto nel 1965 dal potere coloniale britannico, dopo aver tentato di aprire a Sharjah un ufficio della Lega Araba). L’attuale sovrano, lo sceicco Sultan bin Muhammad, riuscì a convincere il fratello a interrompere la demolizione, e fra il gennaio del 1996 e l’aprile del 1997 il forte è stato ricostruito usando parte dei materiali originali recuperati.
Le abitazioni tradizionali di Sharjah
Per avere un’idea dello stile abitativo, si può visitare il Bait Al Naboodah, una tradizionale casa di famiglia araba “borghese”, risalente agli anni Quaranta dell’Ottocento, costruita dal ricco mercante di perle Obaid Bin Isa Bin Ali Al Shamsi, noto come Al Naboodah, in pietra corallina, gesso e mattoni di fango. All’interno, presenta pregiati elementi in teak intagliato, simbolo della ricchezza del proprietario. Altro elemento distintivo, i burjeel, le torri di raffreddamento che solitamente si trovavano nelle moschee e negli ospedali, dato il costo della loro realizzazione. Al Naboodah le volle invece anche per la propria residenza, e basano il principio di funzionamento sullo scambio di calore fra l’aria calda e umida del clima locale e l’acqua fredda che scorre in appositi canali sotto il pavimento dell’edificio.

Un contesto multiculturale
Al di là dello scoprire il patrimonio antico, è interessante perdersi nei quartieri popolari di Sharjah City, ad esempio quelli a maggioranza indiana, pakistana, indocinese, brulicanti di vita e attività commerciali, immersi nei colori e nei profumi delle spezie, risonanti di voci e degli onnipresenti rumori cittadini. Uno spaccato di vita quotidiana nel Golfo, dove le culture si incontrano e si integrano. L’orizzonte è costellato dalle sagome snelle dei minareti di moschee piccole e grandi, seminascoste fra alti e moderni palazzi o affacciate sul mare; fra le più interessanti, anche se edificata soltanto nel 2003, la moschea di Al Noor (Jāmiʿ An-Nūr ) situata sulla laguna di Khaled presso la Buhaira Corniche. Ispirata allo stile turco ottomano, ricorda la Moschea Blu, o di Sultan Ahmet, a Istanbul, e le pareti interne sono decorate con elaborate riproduzioni calligrafiche dei versetti del Corano. Ma Sharjah ospita anche alcune chiese cristiane, interessanti non tanto perché edifici monumentali o antichi, perché comunque di recente edificazione in linee piuttosto sobrie, ma perché testimoni di un’apertura culturale, anche in fatto di religione, che caratterizza l’emirato di Sharjah. Il Medio Oriente non è mai un contesto facile, e le tensioni sono purtroppo all’ordine del giorno o quasi, anche, lo si deve riconoscere, per diretta responsabilità occidentale. Tuttavia, la tolleranza religiosa è un elemento che contraddistingue l’emirato di Sharjah. Fra queste, la cattedrale patriarcale siriana giacobita di Santa Maria Soonoro, consacrata nel 1997 per permettere alla comunità cristiana di rito siriaco (in larga maggioranza composta da lavoratori migranti provenienti dall’India meridionale) di praticare la propria fede. Dal 2011 è attiva anche la chiesa ortodossa russa dedicata all’apostolo Filippo, che gestisce anche un centro culturale, mentre dal 2015 è attiva la chiesa apostolica armena di San Gregorio Illuminatore. Trattandosi di cristianesimo orientale,

I musei di Sharjah
Lo Sharjah Art Museum ha una collezione di arte moderna e contemporanea di artisti emiratini e di altri Paesi della regione. La superficie espositiva di 111mila metri quadrati è organizzata in 64 sale disposte su due piani. La collezione permanente comprende dipinti e sculture di rinomati artisti del Medio Oriente, fra cui Abdulqader Al Rais, Louay Kayali, Bashir Sinwar, Faiq Hassan, Mohammed Yusuf e Ismail Fatah Al-Turk, e l’attività si concentra su mostre temporanee che di volta in volta valorizzano opere e tematiche della collezione. La mostra attuale, Parallel Histories: Highlights from the Barjeel Art Foundation Exhibition, in corso fino a tutto il prossimo giugno, documenta come gli artisti del mondo arabo hanno risposto agli eventi socio-politici e al variare della condizione umana nel corso del XX e XXI Secolo. Il museo collabora anche con istituzioni internazionali quali il Cobra Museum of Modern Art di Amsterdam, la Tate Britain di Londra, e il Gibran Museum di Bsharri, in Libano.
Curioso l’Al Mahatta Museum, ricavato nell’ex aeroporto costruito dai britannici nel 1932, racconta la storia del volo dai primi tentativi di pionieri come i fratelli Wright fino alla missione sulla luna, e lo sviluppo dell’aviazione nella regione del Golfo; attraverso filmati d’archivio che mostrano il funzionamento dell’aeroporto negli anni Trenta, e soprattutto i modelli originali degli aeroplani d’epoca, accuratamente restaurati, ma anche fotografie, parti meccaniche di aerei, documenti vari e approfondimenti tecnici.

La cultura antica di Sharjah
Pilastro in fatto di patrimonio regionale (è il primo museo negli Emirati Arabi Uniti specializzato in archeologia a livello nazionale, fondato il 5 ottobre 1997), il Museo Archeologico di Sharjah ospita una collezione di oltre mille pezzi, dal Paleolitico al VII secolo d.C., fra utensili in pietra e metallo, manufatti in ceramica, gioielli, monete, statuette di animali e figure umane, corredi tombali, parti di antichi edifici rinvenuti nel territorio dell’emirato. Molti dei pezzi conservati provengono da aste europee, e sono stati acquistati negli anni dallo sceicco Sultan Bin Muhammad Al-Qasimi, che ha voluto riportali in patria per preservare una pagina importante della storia di Sharjah, e donarli al Museo. Elemento essenziale della civiltà araba, l’Islam viene adeguatamente celebrato nel Museo della civiltà islamica di Sharjah, aperto nel 2008 e dotato di una collezione di oltre cinquemila reperti islamici (monete, calligrafia, manufatti in vetro e ceramica, manoscritti, strumenti scientifici) raccolti in tutto il mondo ed esposti in sette gallerie tematiche, sei delle quali sono dedicate ad ospitare mostre permanenti. Fra le sezioni più affascinanti, la Galleria Abu Bakr, che espone, tra gli altri oggetti, una copia del Corano del terzo califfo, Uthman ibn Affan, che governò dal 644 al 656 d.C., e le prime fotografie in bianco e nero dei cittadini di Sharjah che all’inizio del Novecento intraprendono l’allora arduo pellegrinaggio dell’Haj.











Il paesaggio naturale di Sharjah
Il Buhais Geological Park è situato in uno splendido paesaggio arido e circondato da una catena montuosa rocciosa nota come Jebel Buhais. Un tempo ricco fondale marino, questa è un’area di eccezionale importanza geologica, ricca di fossili, coralli e siti di sepoltura preistorici che parlano della sua antica storia e che questo centro visitatori celebra ed espone. Il sito presenta un’abbondanza di fossili marini risalenti a oltre 65 milioni di anni fa, spettacolari catene montuose e antichi siti di sepoltura delle età della pietra, del bronzo e del ferro. Il percorso di visita comprende aree panoramiche, passaggi in anfratti rocciosi, insolite formazioni di sabbia e roccia e antichi, suggestivi cimiteri. Il parco è dotato di un museo, progettato dallo studio Hopkins Architects, sviluppato su cinque strutture la cui forma è ispirata ai ricci fossili presenti sul sito. Per ridurre al minimo l’interruzione di questo fragile paesaggio, gli edifici sono stati realizzati con elementi prefabbricati in calcestruzzo fissati a una base in cemento armato. All’interno, un percorso interattivo che racconta la storia geologica del Jebel Buhais, oltre a una mostra permanente di rocce e fossili. Una visita alla riserva naturale dell’Al Hefaiyah Mountain Conservation Centre è l’occasione per conoscere oltre 30 specie di fauna selvatica locale, provenienti dagli habitat montani. Sviluppata su un’area di 12 chilometri quadrati nella regione di Khor Kalba, la riserva ospita, fra le varie specie animali, il leopardo arabo (che in natura sembra invece sia estinto), il procione delle rocce, la gazzella araba, il caracal, l’orice arabo, il tahr arabo (ungulato imparentato con capre e pecore), il lupo arabo e la iena striata. Non solo natura, perché nella riserva si trovano anche opere d’arte permanenti commissionate dall’Environment and Protected Areas Authority, tra cui sei installazioni sonore di Bradley-Weaver, del designer locale Khalid Mezaina e dell’artista Joris De Raedt.
Niccolò Lucarelli
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