Nasce a Roma la fanzine Tech Gleba. È un progetto indipendente di artisti e curatori

Nuovi modi per fare arte. Abbiamo incontrato Vasco Forconi, Niccolò De Napoli, Andrea Polichetti e Silvio Saccà e ne abbiamo parlato con loro. Mentre lanciano una fanzine e proseguono nel ciclo di mostre organizzate dal barbiere Franco.

Una serie di mostre da un barbiere, una fanzine: ecco come un gruppo di giovani artisti e curatori, ma non un collettivo, sta costruendo nuovi (e antichi) modi di progettare l’arte, scoprendo nuovi spazi o riscoprendo la dimensione già esplorata in passato della rivista indipendente, su carta. Sono Vasco Forconi, Niccoló De Napoli, Andrea Polichetti e Silvio Saccà. La fanzine, intitolata Tech Gleba contiene inoltre un testo teorico di Laura Amann e una conversazione con Franco Candela, proprietario della barberia che ospita il progetto Senza appuntamento. Si tratta di un ciclo di mostre che si stanno svolgendo da febbraio nel negozio di Corso Vittorio Emanuele 122 a Roma. Tra gli obiettivi anche quello di animare il quartiere, in una rete di collaborazioni, o di opening condivisi con gallerie come Monitor o spazi come Una Vetrina. In quest’ultimo spazio è stato presentata la fanzine, mentre da Franco era in corso la seconda puntata di Senza appuntamento, con opere di Michele Gabriele, Emiliano Maggi, Andrea Martinucci, Caterina Morigi e Lorenzo Pace. Abbiamo incontrato i protagonisti.

Tech Gleba, Una Vetrina, installation view

Tech Gleba, Una Vetrina, installation view

Come nasce il progetto di Tech Gleba? con quali premesse e quali obiettivi?
La fanzine fa parte di un progetto editoriale indipendente nato dalla collaborazione tra Andrea Polichetti e Silvio Saccà che hanno lavorato insieme alle prime due edizioni intitolate Neurogamia e Com Surrogate. Tech Gleba, la nuova pubblicazione presentata in occasione della mostra Da Franco, Senza Appuntamento #2, così come è stato per le edizioni precedenti, si propone quale spazio di riflessione condivisa con artisti e ricercatori, in questo caso quelli invitati a partecipare al progetto di mostra. Abbiamo chiesto loro di proporre dei contributi che riflettessero su temi per noi centrali quali la questione della precarietà e il modo in cui essa agisce sul nostro quotidiano e sulle nostre identità, così come sull’idea di impossibilità del fallimento.

Ad esempio? Quali temi?
Anche il racconto della città di Roma e delle nuove generazioni di artisti che la abitano assume un ruolo fondamentale nella pubblicazione. La fanzine, per le incredibili possibilità che offre, è da sempre uno dei dispositivi per eccellenza usati nell’editoria indipendente e si è quindi presentata come lo strumento ideale per registrare la ricerca avviata con la mostra Da Franco. Oltre ai nostri contributi e a quelli degli artisti esposti in mostra, la pubblicazione ospita Bad Hair Day un saggio scritto dalla curatrice Laura Amann e una conversazione con Franco Candela, il proprietario della barberia che ospita il ciclo di mostre.

Emiliano Maggi, Mordi Bellezza, 2017

Emiliano Maggi, Mordi Bellezza, 2017

State inoltre ragionando in una logica di “gruppo”, che però è molto diversa dall’idea di collettivo…
Il gruppo è nato lo scorso febbraio quando Niccolò De Napoli e Andrea Polichetti, due artisti, hanno scelto di curare insieme la prima mostra all’interno della barberia. Si sono poi uniti il curatore Vasco Forconi e l’artista Silvio Saccà. Per noi è fondamentale cercare di rimettere al centro del dibattito l’idea di orizzontalismo, e quindi di gruppo che lavora a un obiettivo comune cercando di instaurare un rapporto non competitivo tra i suoi componenti. Questo lavoro sullo scioglimento dell’ego e dell’individualità, certo non semplice, assume un valore fondamentale nel regime di iper-competitività che governa il sistema dell’arte contemporanea. E poi l’idea di gruppo, rispetto a quella del collettivo, permette di avere una maggiore leggerezza e fluidità della struttura. Non escludiamo che in futuro il gruppo possa allargarsi, qualora con altri soggetti si dovessero sviluppare particolari affinità nel processo di ricerca.

È chiaro che un po’ come Fanzine e un po’ nel progetto legato alla barberia di Franco state cercando di confrontarvi con nuovi supporti e nuovi spazi. Cosa del white cube non vi soddisfaceva più?
L’uscita dal ‘white cube’ non va intesa necessariamente come un atto di protesta nei confronti del sistema espositivo. L’abbandono dei luoghi deputati all’arte è avvenuto spesso nella storia recente, ogni volta assumendo un significato differente, ed è un fatto che con ogni probabilità continuerà a verificarsi ciclicamente. Nel nostro caso ha in qualche modo a che fare con il senso del possibile. In un sistema della cultura che concede pochissime risorse alle esperienze più giovani e indipendenti è necessario tornare ad abitare gli spazi che la città ci offre, così come è avvenuto in modo molto spontaneo con la barberia di Franco Candela. E poi a Roma gli spazi gestiti da artisti, i cosiddetti artist-run space, sono praticamente del tutto assenti. In qualche modo noi cerchiamo di rispondere a queste mancanze. Un altro degli stimoli offerti dalla barberia poi è il fatto che si tratta di un luogo di lavoro, questo ci permette di confrontare due forme di lavoro molto differenti: il nostro di artisti e curatori e quello svolto quotidianamente dal Signor Franco.

Quale sarà il futuro di Tech Gleba e quali i prossimi appuntamenti?
Stiamo lavorando al terzo appuntamento della stagione, iniziando a dialogare con il nuovo gruppo di artisti invitati in mostra. L’obiettivo principale è quello di andare più a fondo nel lavoro già svolto all’interno della barberia cercando di interagire con i limiti e gli stimoli che essa ci offre ma sempre nel rispetto dell’attività lavorativa svolta da Franco Candela. Per quanto riguarda la fanzine stiamo già pensando al quarto numero che in qualche modo andrà a concludere un ciclo. La nostra idea è poi quella di accorpare le quattro edizioni in una collana. La immaginiamo come uno strumento che ci permetterà di presentare e analizzare a fondo le nostre idee, delineando i nuovi processi di evoluzione che assumerà l’intero progetto.

Santa Nastro

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Santa Nastro

Santa Nastro

Santa Nastro è nata a Napoli nel 1981. Laureata in Storia dell'Arte presso l'Università di Bologna con una tesi su Francesco Arcangeli, è critico d'arte, giornalista e comunicatore. Attualmente è vicedirettore di Artribune. È Responsabile della Comunicazione di FMAV Fondazione…

Scopri di più