Musei e pedagogia. Parlano gli autori di un libro importante
L’educazione museale come materia di studio e sperimentazione in ambito accademico è l’oggetto di una recente pubblicazione di Saverio Cardone e Marta Masi. Li abbiamo raggiunti a Foggia per farci raccontare, insieme agli altri membri dell’associazione utopikaMente Aps, cosa vuol dire oggi fare ricerca nell’ambito della pedagogia dell’arte.
ll museo come esperienza educativa, la vostra ultima pubblicazione, nasce in un contesto universitario. Qual è il percorso formativo che vi ha portato a fare ricerca? Severo Cardone: La nostra associazione è nata nel 2011 con la precisa volontà di “mettere insieme” professionisti e giovani ricercatori con differente formazione e competenze (pedagogisti, esperti di didattica e letteratura per l’infanzia, archeologi, storici dell’arte) nella prospettiva di sperimentare sul campo nuove metodologie didattiche e strategie educative “trasversali” ai singoli saperi disciplinari in grado di educare i pubblici visitatori a una comprensione critica del patrimonio osservato. Oltre a essere presidente di utopikaMente Aps, sono soprattutto un dottore di ricerca in Pedagogia e Didattica dei beni culturali dell’Università di Foggia e da una decina di anni mi occupo di studiare i processi di apprendimento nei contesti formali, non formali e informali, come ad esempio i musei.
Pensi anche tu che questo ambito accademico sia ancora troppo spesso bistrattato forse a causa della sua trasversalità?
Severo Cardone: Probabilmente hai ragione quando sostieni che in Italia l’educazione museale è un tantino bistrattata, o comunque non adeguatamente considerata nell’ambito della ricerca, come invece avviene soprattutto nei Paesi del Nord Europa. Personalmente negli ultimi anni ho avviato interessanti collaborazioni scientifiche soprattutto con università straniere, nello specifico con le università di Barcellona, Valencia e Goiás, infatti in Spagna e in Brasile il tema dell’educazione al patrimonio culturale riscuote grande interesse a livello accademico.
Quali le più interessanti riflessioni e i dati più inaspettati della ricerca da voi condotta nelle scuole primarie di Foggia?
Marta Masi: I risultati hanno evidenziato trend incoraggianti: in primis, si conferma il ruolo strategico della scuola nell’avvicinare i giovani ai contesti museali, grazie alla lungimiranza e alla sensibilità di molti insegnanti attenti ai temi dell’educazione ai beni culturali già a partire dalla scuola dell’infanzia. La maggior parte degli intervistati infatti ha risposto di aver già visitato un museo con la scuola, ancor prima che con la famiglia.
Le risposte dei ragazzi hanno inoltre rafforzato la validità dell’approccio costruttivista, orientato all’interazione e alla sperimentazione, che favorisce l’abbattimento del pregiudizio sul museo visto come luogo austero, noioso e privo di stimoli; al contrario gli aggettivi più usati dagli alunni per descrivere il museo sono stati “interessante, divertente, curioso, creativo e fantasioso, coinvolgente”. Nello specifico, gli intervistati hanno indicato l’osservazione guidata (che include l’interazione con l’educatore e i compagni, la possibilità di porre domande, confrontarsi) e la possibilità di sperimentare in laboratorio le due fasi più utili per la comprensione. Questo evidenzia come la “relazione” e il “fare”, componenti essenziali della pratica laboratoriale, siano elementi imprescindibili nel processo di apprendimento.
E la figura dell’educatore museale che ne è emersa?
Marta Masi: Alla richiesta di indicare in che modo l’educatore museale sia stato utile nella visita, tra le risposte che hanno ricevuto meno consensi troviamo “non mi ha giudicato” e “mi ha spinto a lavorare da solo e a trovare soluzioni”. Promuovere l’autonomia nei ragazzi fa parte di una nostra precisa scelta metodologica; l’educatore si pone nel ruolo di facilitatore, fornendo strumenti per “costruire” l’apprendimento in maniera indipendente. Gli intervistati, probabilmente abituati a metodi di insegnamento più rigidi e lineari tipici dell’ambiente scolastico (per lo più italiano), si sono trovati spiazzati da questo eccessivo “spazio di manovra”, risultando spesso insicuri e bisognosi di incoraggiamento nella fase laboratoriale. Questo costituisce sicuramente un segnale di cui tenere conto per promuovere un’alleanza educativa tra museo e scuola, per allenare i ragazzi a un pensiero trasversale.
La vostra ricerca si nutre anche di esperienza sul campo, voi infatti da anni gestite i servizi educativi del Museo Civico e della Pinacoteca di Foggia?
Francesca Capacchione: Sì è vero, soprattutto sul campo. Grazie alla grande sensibilità mostrata dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Foggia, nel 2012 abbiano iniziato a proporre le nostre attività presso la Pinacoteca Civica il 9cento; una pinacoteca di arte contemporanea ubicata nei Quartieri Settecenteschi della città di Foggia che presenta opere di importanti artisti come Guttuso, Levi, Lazzari, Perilli, Dova, Cavalli e Schingo. Successivamente, a partire dal 2013, abbiamo preso in gestione anche i servizi educativi del Museo Civico (sezione archeologica, pinacoteca di arte moderna, sezione etnografica e lapidario) e del Palazzetto dell’arte “Pazienza” di Foggia, contenitore culturale cittadino in grado di ospitare mostre temporanee legate a differenti linguaggi artistici. Da quando abbiamo iniziato la nostra attività educativa presso il Sistema Museale Civico di Foggia, abbiamo realizzato più di 1.100 attività didattiche rivolte a oltre 23mila visitatori, soprattutto studenti (dalla scuola dell’infanzia alla secondaria di secondo grado) e famiglie. Niente male per essere una piccola realtà museale.
Quali le vostre principali proposte e quali la vostra personale metodologia?
Stefania Fréjaville: Le modalità di fruizione museale che proponiamo tengono conto delle differenti caratteristiche ed esigenze dei diversi pubblici visitatori che sono coinvolti in modo “attivo” attraverso esperienze plurisensoriali e “interattive”.
Stimoliamo riflessioni e scambi di opinioni che hanno il compito di incuriosire e alimentare la discussione e fornire risposte che non siano preconfezionate. Il museo, inteso come ambiente di apprendimento, si presta perfettamente ad allenare diverse forme di intelligenza e sviluppare competenze strategiche e trasversali. L’approccio costruttivista ci suggerisce metodologie educative e didattiche utili per “attivare” i bambini e i visitatori a una fruizione consapevole, accrescendo in loro la curiosità, l’autonomia di esplorazione, la riflessione, la negoziazione di significati, rendendo la visita museale interessante e coinvolgente tanto da migliorare il processo di apprendimento e la successiva frequentazione.
Raccontaci una visita-tipo al museo?
Stefania Fréjaville: La visita al museo è progettata come “un’esperienza” da non dimenticare. Non è prevista una visita guidata, non esiste un percorso prestabilito da seguire per osservare le opere esposte, i visitatori devono sentirsi liberi di muoversi, di fermarsi a osservare le opere senza vincoli temporali o spaziali. Abbiamo progettato percorsi laboratoriali di educazione museale legati alle opere esposte presso i nostri contesti museali che si sviluppano attraverso il gioco, la lettura animata, la scoperta, l’osservazione interattiva, il fare e lo sperimentare molteplici tecniche e linguaggi artistici.
È proprio grazie alla fase laboratoriale che i nostri piccoli visitatori sono sollecitati a tradurre le suggestioni e le emozioni percepite durante la fase di osservazione in personali manufatti, prodotti, opere artistiche, e lo fanno sperimentando tecniche pittoriche, grafiche, manipolative e ricostruttive.
Nell’aula laboratoriale i bambini rielaborano criticamente e fanno propri i percorsi creativi che sono appartenuti agli artisti, assegnando a quadri e reperti osservati un significato del tutto nuovo e personale.
Un ruolo importante nelle vostre proposte lo detengono i libri illustrati, perché e come riuscite a inserirli nel contesto storicizzato del museo?
Marta Masi: Bruner ci insegna che attraverso il racconto il bambino comprende il mondo che lo circonda, prova empatia, arricchisce il proprio immaginario, esce dagli schemi della quotidianità, stabilisce legami. I bambini praticano quotidianamente il linguaggio narrativo, perché lo sperimentano nel gioco, nell’immedesimazione messa in atto nella dimensione ludica. Per questo la lettura animata costituisce per noi un momento fondamentale del laboratorio, in quanto ci permette di introdurre ai bambini contenuti e tematiche che risulterebbero difficili e poco interessanti se presentate in maniera didascalica, stabilendo con loro un contatto che non può crearsi con l’ascolto passivo della visita guidata tradizionale. Nell’albo illustrato le immagini e il testo contribuiscono in armonia a convogliare messaggi e suscitare stimoli su più livelli: sul proprio sistema di valori, sul vissuto personale, sul pensiero metaforico.
Nel caso dei contenuti di carattere storico-archeologico, ci avvaliamo spesso di albi illustrati sul tema del mito per creare collegamenti con le esposizioni; un esempio è il libro-gioco Perseo e il mostro Medusa, edito da Fatatrac, che utilizziamo per raccontare ai ragazzi l’influenza dei miti greci sulla civiltà daunia. Inoltre nel libro abbiamo segnalato diversi albi che a nostro parere possono aiutare insegnanti, educatori, genitori a intervenire sugli eventuali pregiudizi dei bambini verso il museo, spesso percepito come luogo noioso e cupo, raccontandolo invece come un ambiente accogliente, un luogo in cui è possibile esplorare e scoprire cose nuove non solo sulla Storia o sull’Arte, ma anche su se stessi.
Un parere sul panorama pugliese e italiano sempre molto vivace in termini di numeri e varietà di proposte, ma che forse necessiterebbe di alcuni momenti di riflessione, scambio e quindi ulteriore ricerca come avvenuto nei primi Anni Duemila.
Severo Cardone: Il panorama pugliese è davvero molto interessante e propositivo. Nelle diverse province sono operative molteplici realtà (soprattutto associazioni e cooperative) che, attraverso un processo di esternalizzazione, gestiscono i servizi educativi museali. Sicuramente vi è ancora una certa difficoltà nel mettere a sistema tutte queste piccole realtà, manca “una regia”, un soggetto in grado di coordinare e valorizzare le proposte offerte dai tanti professionisti che operano in questo settore. Dal punto di vista della comunicazione, un ruolo strategico è rivestito dai social network; sono numerosi i gruppi creati per condividere attività, esperienze, competenze. Funzionano bene soprattutto come “vetrine” per promuovere le attività didattiche realizzate nei singoli contesti museali, tuttavia risulta esserci ancora poca interazione tra i partecipanti. Alla fine bisognerebbe trovare il tempo per incontrarsi anche di persona e non solo online, per guardarsi in faccia, scambiare riflessioni ed esperienze, condividere progettualità… per sentirsi parte di una vera comunità professionale.
‒ Annalisa Trasatti
Severo Cardone & Marta Masi ‒ Il museo come esperienza educativa. Narrare, sperimentare, comprendere, valutare
Progedit, Bari 2017
Pagg. 168, € 16
ISBN 9788861943629
www.progedit.com
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