Performance Art. Traiettorie ed esperienze internazionali è una corposa antologia di testi dedicati alle pratiche performative, curata da Chiara Mu (artista che ne ha diretta esperienza) e Paolo Martore (ricercatore indipendente). Un libro utile, coraggiosamente pubblicato da Castelvecchi – non sono molte, infatti, le iniziative editoriali dedicate alla performance – e già vivacemente presentato in giro per l’Italia.
L’antologia è costituita dalla prima traduzione in italiano di autorevoli voci su questa pratica artistica che – negli ultimi vent’anni – ha incontrato uno sviluppo sorprendente e un grande favore di critica, pubblico e istituzioni. La scelta dei testi è ampia, ma criticamente orientata, spiega Chiara Mu nell’introduzione: si è voluto dare voce a critici, studiosi e artisti meno conosciuti in Italia, ma non per questo meno rappresentativi. Il libro, infatti, intende contribuire all’aggiornamento dei lettori italiani, specialisti e non, probabili osservatori di performance, e nasce anche con una vocazione didattica esplicita.
Poco più di venti gli autori, di cui oltre la metà artisti: da figure storiche come Allan Kaprow, Bruce Nauman e Ulay ad artisti attivi già negli Anni Ottanta come Mona Hatoum, fino a figure emerse successivamente come Franko B, Tania Bruguera, Kubra Kademi e Miranda July, per ricordarne solo qualcuno. I testi tradotti, infatti, coprono un ampio intervallo cronologico, che dagli Anni Sessanta arriva fino all’attualità, ma con una netta prevalenza di saggi e interviste del nuovo millennio: una scelta molto interessante ed effettivamente coerente con l’obiettivo di contribuire all’“aggiornamento” del dibattito critico italiano, che finora ha prediletto l’indagine storico-documentaria sugli anni d’oro della Body Art oppure occasionali affondi critici.
CORPO, TEMPO, RELAZIONE E CONTESTO
Il lettore trova quindi nel libro una ricca messe di stimoli per rivedere criticamente alcuni luoghi comuni sulle pratiche performative: si tratta di un campo in cui le definizioni dogmatiche sono poco efficaci e che, negli oltre cinquant’anni in cui è stato esplorato dagli artisti, ha visto modificarsi profondamente significati, forme e stili.
Più che leggere il volume come un romanzo dall’inizio alla fine, infatti, si può attraversarlo seguendo prima le voci degli artisti e poi quelle dei critici, ad esempio. Oppure procedere per blocchi cronologici, che si intersecano con l’organizzazione tematica scelta dai curatori, che ruota intorno a quattro focus: corpo, tempo, relazione e contesto.
Fra gli studiosi è molto istruttiva la riflessione di Philip Auslander sulla semplicistica contrapposizione – per alcuni, come Peggy Phelan, addirittura ontologica – fra “live” e riprodotto (o registrato). Lo studioso rammenta che tale discriminante emerge, concettualmente, solo nel momento in cui la registrazione è possibile e che nei fatti la differenza fra le due condizioni non è poi così radicale, considerando che la Performance Art nasce come pratica indisciplinata ed eterodossa, con rapporti sfaccettati con la tecnologia.
Fra gli artisti si è subito attirati dalla rara intervista a Ulay, storico partner di Marina Abramović, e nella quale l’artista non solo rievoca parte del proprio percorso individuale, prima e dopo la celebre collaborazione, ma ribadisce l’intreccio – per altro peculiare non solo della performance – fra arte e vita, sottolineando l’importanza che per lui ha rivestito l’educazione del corpo all’esibizione pubblica e alla gestione dell’emotività, attraverso note tecniche di meditazione.
RIPENSARE LA PARTECIPAZIONE
Ma il lettore italiano trova in questo libro molti altri spunti che lo spingono a ripensare il concetto di partecipazione, oltre la banale interazione fisica o la risposta emozionale prevedibile; vede emergere una nuova sensibilità verso il contesto, inteso in una maniera più articolata rispetto alla site specificity di carattere architettonico; osserva maturare una considerazione stratificata del pubblico, come insieme complesso di osservatori raggiungibili in tempi e con modalità differenti. E, crediamo, è anche sollecitato a interrogarsi su quanto accade oltre i territori illuminati dai saggi antologizzati, per esempio volgendosi con maggiore consapevolezza e curiosità verso la ricca scena italiana, sia storica sia presente.
‒ Francesca Gallo
Chiara Mu, Paolo Martore (a cura di) ‒ Performance Art. Traiettorie ed esperienze internazionali
Castelvecchi, Roma 2018
Pagg. 240, € 18
ISBN 9788869446092
www.castelvecchieditore.com
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