Fabulations. L’architetto come intellettuale

Nel suo libro, Marco Biraghi disegna una coraggiosa riflessione attorno alla perdita di capacità critica dell’architettura contemporanea.

Che ruolo ha l’architetto nelle società contemporanee? Si interroga su questa domanda il recente saggio dello storico dell’architettura Marco Biraghi. L’architetto come intellettuale, pubblicato da Einaudi, parte dalla constatazione che l’architettura ha sempre partecipato e anticipato le visioni dello spazio urbano, delle città e i modi dell’abitare il mondo. Tanto di quel merito che Hölderlin attribuisce all’uomo che abita poeticamente il mondo appartiene ad architetti visionari che hanno definito una disciplina che non si accontenta di costruire edifici. Biraghi indica alcuni esempi paradigmatici di questa visione come le derive urbane situazioniste, i progetti impossibili di John Hejduk il primo Eisenman di Oppositions, fino all’architettura partecipata di Giancarlo De Carlo. Oggi ‒ rileva con nettezza Biraghi ‒l’architetto non è più al centro della società, non esprime più un sentire comune. Gli architetti del nostro tempo con le tasche gonfie sono utilizzati dal capitale come stilisti, come una competenza specializzata nella cosmesi urbana. Tali sono Zaha Hadid, Daniel Libeskind, Frank Gehry e tutto il mondo delle archistar. L’architetto ha smarrito la sua tradizionale capacità di prefigurare società e mondi e quindi di essere intellettuale, ovvero, per dirla con Gramsci, di “mescolarsi attivamente alla vita”.

ARCHITETTURA E RIFLESSIONE CRITICA

Biraghi è convinto che nulla obblighi l’architettura a ridursi a comparto operativo del capitale. L’architettura deve ritornare a essere riflessione critica sui ruoli, le funzioni, gli strumenti di trasformazione dell’ambiente umano, alle sue diverse scale. Lo storico rivendica un ruolo critico per l’architetto sottolineando come non sia un caso che una giovane generazione di architetti, schiacciati dalle scarse opportunità lavorative, stia sviluppando un rinnovato interesse per il pensiero radicale degli Anni Sessanta, Settanta sia in termini politici, con l’operaismo, che in architettura, con Superstudio, Archizoom e la stagione Radical più in generale. L’autore riporta l’esempio della rivista San Rocco diretta da Matteo Ghidoni e nata grazie all’impegno e alla collaborazione di validi architetti italiani come Gianfranco Bombaci, Matteo Costanzo di 2A+P, Vittorio Pizzigoni e Pierpaolo Tamburelli di baukuh. Una rivista che rifiuta la supremazia dell’immagine d’architettura, dando largo spazio alla riflessione teorico critica.
Si inserisce in questa scia anche la ricerca di Pier Vittorio Aureli e il suo Dogma. Biraghi mette in relazione Aureli con Manfredo Tafuri affermando la necessità condivisa da entrambi di una distanza critica. “Lo storico che prende in esame un lavoro contemporaneo deve creare una distanza artificiale” ‒ afferma Tafuri nel suo saggio apparso su Casabella dal titolo emblematico Non c’è critica, solo storia. Nella ricerca di Dogma questa distanza prende la forma della Stop city dove l’architettura si astrae, si astiene dall’atto progettuale dando vita così a The project of Autonomy.

Marco Biraghi ‒ L’architetto come intellettuale (Einaudi, Torino 2019). Copertina

Marco Biraghi ‒ L’architetto come intellettuale (Einaudi, Torino 2019). Copertina

AUTONOMIA E DISTANZA

L’autonomia come forma di distanza, di distacco dall’architettura che diventa strumento di contestazione politica ampia collegata con l’idea di Mario Tronti del rifiuto. Stop City propone un’architettura liberata da se stessa, per costituirsi soltanto come forma della città. Per Biraghi la ricerca di Dogma è la testimonianza di come il ruolo dell’architetto sia quello di cercare “segnali di risveglio nei confronti di una lettura politica della disciplina architettonica”. Occorre la costruzione di un’alternativa all’architettura cosmetica contemporanea che però l’autore non definisce in maniera chiara affermando la “mancanza di un’alternativa politica al capitalismo”. “La vera frontiera critica odierna è diventata la libertà dell’individuo, sottoposto alla costante attenzione della rete e di tutti gli altri invisibili sistemi di sorveglianza che ne monitorano i desideri” – dice Biraghi. Seppur con un atteggiamento un po’ remissivo, L’architetto come intellettuale ha il merito di ri/aprire la questione del ruolo politico dell’architettura con tutte le implicazioni che ha sulle molteplici forme delle nostre esistenze come abitanti del mondo.

Marco Petroni

Marco Biraghi ‒ L’architetto come intellettuale
Einaudi, Torino 2019
Pagg. 224, € 21
ISBN 9788806239923
https://www.einaudi.it

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Marco Petroni

Marco Petroni

Marco Petroni, teorico e critico del design. Ha collaborato con La Repubblica Bari, ha diretto le riviste Design Plaza, Casamiadecor, ha curato la rubrica Sud su Abitare.it, è stato redattore di FlashArt. Collabora con l'edizione online di Domus. Curatore senior…

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