Arriva a Firenze testo: la fiera del libro dal format inedito. Intervista a uno dei suoi ideatori
Sarà la prima edizione di un esperimento tutto nuovo, nato da un’idea di Pietro Torrigiani e Maddalena Fossombroni, i proprietari della libreria fiorentina Todo Modo. Grazie al sostegno di Pitti Immagine, lanceranno la prima edizione di una fiera in cui il libro (con il suo processo creativo) è al centro.
Si è dibattuto molto negli ultimi anni sulla centralità di Torino e Milano riguardo all’offerta di eventi legati al libro e all’editoria. A marzo 2020, anche Firenze scenderà in campo, mettendo sul piatto un format molto differente dalle fiere a cui siamo abituati. Si chiamerà testo [Come si diventa un libro] e si svolgerà nei grandi spazi industriali della Stazione Leopolda. L’idea nasce da Pietro Torrigiani e Maddalena Fossombroni, proprietari della libreria Todo Modo, decisi a mettere a frutto i propri anni di esperienza nel mondo dell’editoria tentando un nuovo esperimento: quello di raccontare al pubblico del lungo processo che sta dietro alla realizzazione di un libro. A testo, quindi, non vedremo le consuete presentazioni di storie e autori, ma piuttosto di editori, produttori, traduttori, grafici e tutte le professionalità che solitamente restano perlopiù in penombra. Un punto di vista inedito reso ancora più accattivante grazie all’intervento di Pitti Immagine, che da subito ha abbracciato l’idea presentando un layout fieristico su misura con tavoli appositamente disegnati, luci ben studiate e tutto ciò che serve per un evento ben fatto. A occuparsi dei contenuti, invece, sarà un pull di curatori provenienti da esperienze diverse con il mondo editoriale. Loro sono: Luca Briasco, editor di narrativa straniera, traduttore ed editore di Minimum Fax, Andrea Gessner, editore di Nottetempo, Beatrice Masini traduttrice, scrittrice e direttrice editoriale di Bompiani, Giovanna Silva e Chiara Carpenter, rispettivamente fotografa, editrice di Humboldt Edizioni, e redattrice di Humboldt e fondatrice di Sanrocco magazine, Leonardo Luccone, fondatore dell’agenzia letteraria Oblique e Riccardo Ventrella, responsabile comunicazione del Teatro della Pergola. Ognuno di loro lavorerà su un aspetto differente della filiera editoriale (in tutto sono sette “stazioni”), organizzando eventi e occupandosi delle proposte di libri e case editrici. Dulcis in fundo, oltre ai classici stand, ci sarà una grande libreria che correrà lungo tutto lo spazio della Stazione. testo sarà macchina complessa e articolata di cui ci ha raccontato Pietro Torrigiani in questa intervista. Fornendoci anche il suo sguardo sul mondo dell’editoria oggi.
Aprirà tra pochi mesi un evento di qualità e ambizioso, il primo di questo tipo per la città di Firenze. Raccontaci come tutto ha avuto inizio.
Quattro anni fa, io e Maddalena ci siamo domandati come mai l’attenzione del mondo delle fiere del libro fosse quasi sempre esclusivamente dedicata all’autore o all’editore e non al libro come sistema. Quindi, abbiamo scritto un progetto per delineare una fiera che raccontasse tutto quel mondo sommerso: non solo l’autore o l’editore ma anche figure come il traduttore, il grafico, il critico, il blogger, il direttore di festival, il libraio e così via.
E chi ha appoggiato la vostra idea?
Abbiamo presentato il progetto a Pitti, una realtà molto importante a Firenze che prevalentemente si occupa di moda, ma è in generale molto capace nell’organizzazione di eventi. Era esattamente ciò di cui avevamo bisogno, perché molto spesso queste fiere hanno delle premesse buone ma poi perdono di efficacia in fase di realizzazione.
Perché questa necessità di parlare della genesi dell’oggetto-libro, in un certo senso?
Volevamo costruire un momento di attenzione sulla filiera del libro anche per una questione di esperienza: da librai, ci viene spesso sollevata l’obiezione del costo della copertina. Pensiamo sia dunque importante far capire al pubblico quante persone lavorano dietro a ogni singolo volume.
A collaborare al progetto c’è ora anche un pull di curatori.
Esatto. Il passo successivo è stato quello di chiamare un gruppo di curatori e affidare a ognuno la gestione e l’organizzazione degli eventi, con il compito sia di crearli ad hoc che coordinare quelli proposti dalle case editrici partecipanti. Ognuno si occupa di un settore: sono infatti divisi in sette stazioni, che riguardano i diversi passaggi della vita di un libro, partendo dall’editore fino ad arrivare al lettore.
testo [Come si diventa un libro] sarà quindi focalizzata sul libro, dal suo concepimento alla sua produzione. Ma come, effettivamente, tradurrete questo concetto in una modalità espositiva da fiera?
È un concetto fondamentale, ma che non è stato facile comunicare neanche in fase di organizzazione. Come in ogni fiera, ci sarà un programma collaterale che in testo diventa particolarmente importante: verranno invitati a parlare produttori di libri, piuttosto che i grafici che realizzano le copertine, oppure i direttori di festival a proposito della comunicazione… Ogni curatore ha strutturato la propria stazione attraverso un taglio specifico.
Puoi farci qualche anticipazione?
Ad esempio, per quanto riguarda la grafica, presieduta da Il Segno: invece di fare degli incontri organizzeranno un laboratorio ricreando all’interno della Leopolda una specie di casa editrice dove studenti selezionati potranno realizzare un libro con l’aiuto di grafici o di artisti. Si tratta di un aspetto prettamente laboratoriale. Noi che abbiamo la stazione della Libreria, invece di fare delle presentazioni organizzeremo dei percorsi con vari personaggi – famosi o meno – attraverso la scelta dei titoli di alcune case editrici per impostare una sorta di viaggio a tema.
Quindi possiamo dire che, oltre al canonico stand di vendita dei libri, sarà una fiera molto dinamica, partecipata, fatta di tanti incontri e attività collaterali.
Si, questa è una parte molto importante. Oltre agli stand degli editori verrà costruita una gigantesca libreria che correrà lungo tutta la stazione Leopolda. Sarà composta da sette categorie, ognuna delle quali ospiterà dei titoli scelti da tutti i curatori (le categorie saranno, ad esempio, “i libri meglio prodotti”, “i libri più funzionali” ecc.). È, anche in questo caso, un modo diverso di raccontare il libro. Un altro elemento importante riguarda gli stand: al giorno d’oggi gli editori vogliono portare più libri possibili, con un effetto finale di sovraffollamento che non aiuta il visitatore a concentrarsi su dei titoli selezionati.
E cosa pensate di fare a riguardo?
Abbiamo deciso di andare controcorrente, imponendo agli editori di portare un massimo di 30 titoli da esporre sul tavolo (però avranno anche uno spazio dietro il tavolo dove potranno eventualmente aggiungerne altri).
A proposito di stand. Come funziona la vendita agli espositori?
Anche qui abbiamo voluto introdurre una novità: mentre solitamente nelle fiere del libro l’editore maggiore, ovvero quello con più disponibilità economica, si prende lo spazio più grande, a testo, invece, non potrà avere più di un tavolo grande, oppure la possibilità di prendere un tavolo piccolo e dividerlo con un altro se si è un piccolo editore. In questo modo, un piccolo espositore indipendente avrà la stessa possibilità dei grandi Einaudi, Mondadori o Adelphi, con una sorta di democraticità.
La fiera si apre il 20 marzo, tra non molto tempo. Come procedono i lavori?
Oggi si è conclusa la fase di selezione degli editori, mancano solo gli ultimissimi nomi e stiamo definendo il calendario degli eventi, di cui però non posso anticipare ancora nulla!
La lista degli editori è ancora sotto embargo. Ma puoi raccontarci almeno del criterio che avete utilizzato per selezionarli?
Il criterio è quello della qualità. L’obiettivo è raccontare il mondo del libro e noi abbiamo cercato di chiamare il meglio degli editori di ogni settore… (ovviamente c’è una parte di giudizio personale, l’obiettività assoluta è impossibile).
Siete anche i proprietari di Todo Modo, una libreria molto conosciuta a Firenze. Mi interessa sapere il tuo punto di vista su un argomento all’ordine del giorno, ovvero la chiusura di esercizi commerciali e canali tradizionali di vendita del libro. E soprattutto, pensi che ci sia un modo per evitare di arrendersi al dire “è colpa di Amazon”?
Leggevo proprio oggi un bel reportage su Internazionale che tentava un’analisi su questo punto: centinaia di librerie hanno chiuso, è un fatto oggettivo. Si tentava di capire chi è il colpevole: le grandi librerie? Amazon? Secondo me può essere un insieme di tutti questi fattori.
Qual è la vostra esperienza in merito?
Abbiamo aperto sei anni fa, in crisi piena. Eppure, ogni anno miglioriamo, anche a livello di fatturato. Penso che ci sia una corresponsabilità: il calo di lettori può corrispondere a una mancanza di promozione della lettura. Cerco di responsabilizzarmi molto, non si possono dare le colpe solo a Amazon. È evidente che Amazon abbia decretato un cambiamento del mercato, ma bisogna anche contare il fatto che il mio cliente viene da me per fare ricerca, per informarsi su cose che non sa e che l’e-commerce non gli può spiegare. Amazon funziona solo nel momento in cui il consumatore sa già che cosa acquistare. Ma se il librario fa bene il suo mestiere, ha la capacità di creare un legame di fiducia con il suo cliente.
Hai quindi una visione positiva della situazione. Consigli ad un settore per sopravvivere?
Sono molto fiducioso sulle librerie di bottega, sartoriali, quelle che lavorano sulla fidelizzazione del cliente e credo che sia invece più in difficoltà la grande libreria. Ritengo che sia necessario mettere grande sacrificio nel proprio lavoro. Noi non stiamo dietro a un bancone tentando di vendere libri, ma lavoriamo sulla partecipazione del pubblico: abbiamo quasi un evento al giorno (che sono 300 l’anno!), abbiamo un bistrot, abbiamo aperto uno spazio più in periferia nel nuovo progetto urbanistico della Manifattura Tabacchi, organizziamo gruppi di lettura… sono tutte cose che creano consenso, e che fanno sì che le cose possano funzionare.
-Giulia Ronchi
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