Wendingen. Storia della rivista di architettura che nacque durante la Grande Guerra
Labirinto della Masone, Fontanellato – fino al 15 marzo 2020. Gennaio 1918: nell'Europa sconvolta e martoriata dalla Grande Guerra, che imperverserà ancora per quasi tutto quell'anno, ad Amsterdam un architetto decide di fondare una nuova rivista. Battezzandola con un termine che significa “rivolgimenti”: Wendingen.
L’intenzione di Hendricus Theodorus Wijdeveld, quando decise di dare vita a una rivista di architettura, era quella di ristabilire una “totale riconciliazione delle arti […] e una grande comunione spirituale dalle quali dovrà nuovamente scaturire il principio stilistico universale”, come dichiara nel primo editoriale. Un obiettivo ambizioso, che trae linfa dall’idea di “arte totale”, perseguito anche e soprattutto attraverso scelte editoriali all’epoca inedite, come il formato quadrato 33×33 cm, la legatura alla giapponese cucita a mano, il font senza grazie disegnato dallo stesso Wijdeveld e le copertine stampate in litografia o xilografia, disegnate ogni volta da un diverso artista.
Attorno a Wendingen si riunì un gruppo di architetti dell’associazione Architectura et Amicitia che contribuivano alla sua realizzazione, diffondendo così la conoscenza delle più moderne ricerche; basti pensare all’attenzione prestata a Frank Lloyd Wright, a cui venne dedicato un articolo nel primo numero e in seguito ben sette fascicoli, riuniti poi in un unico volume. L’ultimo numero della rivista – dei 116 dati alle stampe – fu pubblicato nel 1932 e, grazie al solido impianto editoriale e alla straordinaria serie di cover, i fascicoli vennero sempre considerati preziosi, degni del miglior collezionismo interessato alla grafica e all’arte di quel periodo: tra le firme più note delle illustrazioni si riconoscono infatti nomi del calibro di El Lissitzky o Jan Toorop.
WENDINGEN E FRANCO MARIA RICCI
Tra i collezionisti che si sono lasciati conquistare dalla ricchezza formale e contenutistica di Wendingen non poteva mancare il grande grafico ed editore Franco Maria Ricci, che riuscì a raccogliere tutti i numeri della rivista e che oggi li espone al pubblico nei locali destinati alle mostre temporanee del Labirinto della Masone.
Ma la l’interesse di Ricci per Wendingen ha radici lontane: nel 1986 pubblicò infatti un altrettanto raffinato volume con introduzione scritta da Paolo Portoghesi, che l’attuale catalogo ripropone in apertura. “In quanto sostenitrice di una cultura che si sviluppa sulle radici della tradizione e considera il rinnovamento un rivolgimento, in cui possono riemergere come in un magma incandescente i frammenti della memoria collettiva, ‘Wendingen’ ci appare oggi […] attuale e piena di indicazioni stimolanti”, scrive l’architetto italiano. Ne sono prova quelle immagini così diverse tra loro, da quelle che ancora riprendono modelli Jugend agli esempi che si rifanno a un’essenzialità geometrica e astratta, senza dimenticare composizioni di grande suggestione simbolica nei riferimenti esoterici e probabilmente massonici.
LA MOSTRA AL LABIRINTO DELLA MASONE
La sfilata delle più di cento copertine rivela dunque “gli ideali di una bellezza basata su un nuovo equilibrio tra pensiero e senso e per un simile programma la qualità estetica della rivista appare una necessità, un banco di prova” – sono sempre parole di Portoghesi. E allora Wendingen si dimostra ancora oggi una fonte di ispirazione non marginale per chi aspira a realizzare nuovi prodotti editoriali, non fosse altro per la sua carica rivoluzionaria.
In mostra si sono inoltre volute accostare alle riviste – con l’intento di rispondere alla domanda “esiste a Parma una ricerca in qualche modo affine alle idee di ‘Wendingen’?” – opere di artisti nati nella vicina città (Amedeo Bocchi) o gravitanti sul territorio (Galileo Chini), che hanno contribuito alla diffusione di quella ventata di rinnovamento che scaturì dallo Jugendstil.
– Marta Santacatterina
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