La monografia di Alessandra Acocella sulla figura di Luciano Caruso che da qualche tempo troviamo sugli scaffali delle librerie è un nuovo importante tassello dell’ampio e davvero complesso mosaico della poesia verbo-visiva, di un fenomeno tuttora in itinere e le cui sfaccettature sono ancora da catalogare, da storicizzare con cura, da revisionare e precisare, anche sul piano pionieristico (in molti casi squisitamente italiano), soprattutto nel dibattito internazionale legato via via alle manovre Fluxus e al concettuale, alla performance e sotto alcuni versi alla Earth art, come ben testimoniano le Pagine arate da Mirella Bentivoglio nel 1966.
LUCIANO CARUSO E NAPOLI
In questo libro pubblicato da Scalpendi Editore e il cui titolo è, precisamente, Metascritture. Luciano Caruso e Napoli 1963-1976 (Metascritture era il nome dato da Caruso nel 1974 a una sua personale al Visual Art Center di Napoli), Acocella ci invita oggi a ripercorrere un viaggio – questo suo lavoro è nato da una borsa di studio conferitale dall’Archivio Luciano Caruso nel 2008 da cui sono scaturite anche le curatele delle mostre Luciano Caruso. Alchimia degli estremi al Museo del Novecento (Firenze, 6 giugno | 12 settembre 2019) e Periplo. Un viaggio tra le opere e i documenti dell’Archivio Luciano Caruso allo Spazio Mostre della Fondazione CR (Firenze, 5 aprile | 14 luglio 2019) – che “ha inizio nei primi anni sessanta del Novecento nel fertile ambiente culturale di Napoli, città in cui l’artista vivrà, lavorando con grande intensità sperimentale, sino al suo trasferimento a Firenze avvenuto nel 1976”.
Caruso a Napoli è infatti di casa: vi si trasferisce da Foglianise (paesino dell’entroterra, in provincia di Benevento) per studiare all’università: e proprio qui entra immediatamente “in contatto con i pittori del Gruppo 58 che agiscono intorno a ‘Documento Sud’ (1959-1961)”, una delle tante riviste fondate da Luca (Luigi Castellano, impareggiabile animatore culturale), “e avvia una ricerca artistica e poetica presto condivisa con Stelio Maria Martini, Emilio Villa e Mario Diacono”.
LUCIANO CARUSO E LA POESIA
Sin dal 1963, con la Perspectiva artificialis (in ventre piscis), un’autoedizione realizzata in cento copie numerate e firmate, il lavoro di Caruso si inserisce infatti nel pieno del dibattito poetico partenopeo con un intervento d’urgenza sulle cose, con un desiderio di spalancare la poesia al bagliore della realtà, di renderla oggettuale. “L’attività poetica è diventata una continua invenzione, una creazione quotidiana (re-invenzione poetica del quotidiano), la poesia tende a essere non più esercizio letterario (sui sintagmi e il linguaggio usato) ma azione, anzi gesto-a divenire sempre più scrittura oggetto. La nuova poesia in Italia si nega recisamente come poesia (anzi cerca il nuovo-mentale negando se stessa) – per giungere a una zona o stadio di possibili intercomunicazioni – rivoluzionando con processi poetici tutti i possibili mezzi che ha l’uomo: anche il gesto di una mano è una scrittura comunicabile”, ha scritto nel 1968, nella Premessa (il titolo esatto è La poesia come gestazione mentale) al n. 18 della rivista napoletana Uomini e Idee.
IL LIBRO DI ALESSANDRA ACOCELLA SU CARUSO
Diviso in varie tappe corredate da molte immagini di opere come La vispa Teresa (1963), i collage e gli anticollage, i monocromi e le croccanti cancellature (straordinaria L’orma della disciplina del 1967), i fotogrammi, le stupidità o i libri oggetti, il volume mostra tutto il potere di una scrittura intesa come struttura complessa e sconnessa, di un progetto verbale che è, per Caruso, il luogo privilegiato in cui depositare citazioni deviate, ordinare un soqquadro di sollecitazioni (quasi una sorta di disordinata e fantastica archeologia) che tocca i nomi di Torquato Tasso e di Vico e di Nietzsche e di Wittgenstein, di Croce e di Gramsci, senza mai dimenticare lo zoccolo duro dei carmina figurata tardo-medievali (argomento della sua tesi di laurea) a cui ritorna più volte: e che riordina, tra l’altro, in una pubblicazione introvabile del 1969, Poesia figurata nell’Alto Medioevo. Poetica e storia delle idee da cui forse assorbe l’idea di una sintesi delle arti, di un intreccio tra poesia e vita. “Bisogna fare in modo che la scrittura conservi le sue intenzioni e non cerchi più di significare solo il suo silenzio… Desiderio immobile, eppure sedimentazione, soprapporsi di tracce che stratificano sulla tela, nello spazio della pagina, scavando nelle superfici, le nostre vite e i nostri impulsi, quando più attraverso tutto questo lavorio sembra avvicinarci alle origini, alle madri, che pure dentro di noi sappiamo irrimediabilmente perdute”.
‒ Antonello Tolve
Alessandra Acocella ‒ Metascritture. Luciano Caruso e Napoli 1963-1976
Scalpendi, Milano 2020
Pagg. 208, € 20
ISBN 9788832203424
www.scalpendieditore.eu
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati