Ultima fermata, almeno per quanto ci riguarda, nel campo dei consigli d’arte per i vostri regali di Natale. Dopo i romanzi, i biopic, l’arte antica, gli artisti internazionali, gli artisti italiani, illustrazioni e i saggi d’autore, i nostri consigli editoriali chiudono con una miscellanea ancora saggistica. Davvero per tutti i gusti.
– Marco Enrico Giacomelli
IN VIAGGIO NEL SISTEMA DELL’ARTE CON GENNARO CASTELLANO
Da studiare il percorso di Gennaro Castellano: dalla metà degli Anni Ottanta e per un decennio, ha vissuto una stagione di intensa attività espositiva. Poi, nel 1998, abbandona piuttosto nettamente il “sistema” e, con l’associazione da lui fondata Reporting System, inizia a interessarsi del sistema stesso, in una forma di Institutional Critique con un debole per l’arte pubblica. In questa veste, spesso al fianco della curatrice Gabi Scardi, ha pubblicato libri assai interessanti, da Voyages croisées a Pratica al plurale. Circa un anno fa è uscito Portrait of King Paintin’, un “viaggio breve ma veritiero nella scena artistica italiana nelle decadi recenti”. Un volume che indaga “il rapporto di odio-amore” fra l’arte e il sistema dell’arte. In inglese, ma leggibile anche senza essere anglofoni provetti.
Gennaro Castellano – Portrait of King Paintin’
Allemandi, Torino 2020
Pagg. 188, € 18
ISBN 9788842225027
www.allemandi.com
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CLÉMENTINE DELISS RIVOLUZIONA IL MUSEO ETNOGRAFICO
Clémentine Deliss non era certo a digiuno di antropologia culturale quando, con una certa riluttanza – quella dei freelance che applicano per una posizione relativamente stabile –, partecipò al bando per diventare direttore del Weltkulturen Museum di Francoforte. Fatto sta che quel bando lo vinse e per cinque anni ha lavorato in uno dei tipici musei etnografici della Vecchia Europa. La sua formazione e la provenienza dall’ambito dell’arte contemporanea (attualmente è curatrice ai KW di Berlino, per intenderci) le imponeva, tuttavia, di ripensare il museo stesso sin dalle fondamenta. E non è stato facile, visto che nell’aprile del 2015 “la città di Francoforte mi ha ingiustamente licenziato”. Questo libro racconta le vicende vissute in quel lustro, ma è ovviamente la teoria più che la cronaca a suscitare interesse, perché Deliss ha avuto l’onore e l’onere di partire da una situazione per certi versi stabile (l’autrice lo definisce un museo “dormiente”, che “molti cittadini avevano visitato una sola volta, da bambini”) e di poter sperimentare in essa e con essa la possibilità di riposizionare una istituzione profondamente calata nel proprio passato coloniale, oltre ad avere consolidate problematiche che la dividevano dal contesto accademico della stessa Francoforte. Alla ricercatrice le idee non sono certo mancate, se “il primo artista a camminare con me lungo i magazzini fu il regista Werner Herzog”, mentre Tom McCarthy impostò il suo Satin Island nello stesso museo, in qualità di scrittore-in-residenza. Questo è il racconto di un istruttivo fallimento, che andrebbe consigliato – il libro, ma anche l’istruttivo fallimento – allo staff di tutti i musei omologhi al Weltkulturen Museum.
Clémentine Deliss – The Metabolic Museum
Hatje Cantz, Berlino 2020
Pagg. 128, € 18
ISBN 9783775747806
www.hatjecantz.de
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LE MANIE DELLE ARTISTE NEL CATALOGO DI MASON MURREY
Tutto si può dire, tranne che Mason Currey provi ritrosia nei confronti dell’autocritica. Le pagine introduttive a Grandi artiste al lavoro, infatti, cominciano con la frase: “Il presente libro è un seguito, e una rettifica”. Il suo precedente libro, Rituali quotidiani (tradotto dall’editore Vallardi nel 2018), “aveva un grande difetto: delle centosessantuno figure incluse, soltanto ventisette erano donne. Meno del diciassette per cento. Come ho potuto permettere che il volume venisse stampato con un disequilibrio di genere così evidente?”. Questo secondo volume, concentrandosi esclusivamente su artiste donne, non si limita però a riequilibrare la situazione. È ancora l’autore a spiegarlo: “Per la maggior parte, […] erano cresciute in società che ignoravano o respingevano il lavoro creativo delle donne”, e questa diffusa situazione di difficoltà ne rende i racconti di vita più utili per coloro i quali si trovano in situazioni simili e con le medesime ambizioni. Al côté voyeuristico si affianca così quello formativo – senza tralasciare il fatto che difficilmente si troverà un lettore che conosca tutte, davvero tutte le artiste di cui Currey parla.
Mason Currey – Grandi artiste al lavoro
Neri Pozza, Vicenza 2020
Pagg. 384, € 19
ISBN 9788854520547
neripozza.it
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15 ANNI DI DIGICULT SELEZIONATI DA MARCO MANCUSO
Non dev’essere stato affatto semplice, per Marco Mancuso, selezionare queste quasi cinquecento pagine. Che non sono poche in assoluto, ma sono pochissime se si pensa alla mole prodotta dal magazine Digicult nei suoi primi quindici anni di vita. Se Digicult è un “osservatorio”, come indica il sottotitolo del libro, quest’ultimo è allora il belvedere più esclusivo e selezionato. Ecco, la selezione: Mancuso ha scelto di pubblicare soltanto interviste (i nomi sono importantissimi), per restituire al meglio quell’attitudine a “scrutare in velocità”, come scrive Valentina Tanni. Lo scrive dove? Nell’Introduzione alla prima delle sezioni in cui è suddiviso il libro: dopo i saggi d’apertura dello stesso Mancuso e di Francesco Bergamo, si dipanano infatti dieci capitoli, ognuno affidato alla supervisione di un contributor della rivista: Arte e Rete (Tanni), Software e Coding (Filippo Lorenzin), Cinema e audiovisivi (Claudia D’Alonzo), Suono e musica (Elena Biserna), Performance e teatro (Annamaria Monteverdi), Design e DIY (Donata Marletta), Architettura e spazi pubblici (Sabina Barcucci), Arte e scienza Mancuso), Attivismo e società (Bertram Niessen), Cultura e mercati (Domenico Quaranta). All’interno di ogni sezione, per non far torto a nessuno, ci sono sei interviste. Totale: sessanta dialoghi che, letti nel loro insieme coprono quindici anni di riflessioni su uno spettro disciplinare amplissimo.
Marco Mancuso (a cura di) – Intervista con la New Media Art
Mimesis, Milano 2020
Pagg. 486, € 32
ISBN 9788857569444
mimesisedizioni.it
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KOLDEHOFF & TIMM INVESTIGATORI DELL’ARTE
Nella Galleria dei ritratti appena pubblicata da Marco Carminati (ve ne parlavamo giusto ieri), il quinto e ultimo capitolo è dedicato ai falsari. Questo per dire che l’aspetto criminale afferente l’arte – o almeno quello apparentemente più romantico, da “ladro gentile” – ha sempre affascinato il pubblico e dunque i giornalisti, dal trafugamento della Gioconda dal Louvre alla vicenda del WC di Maurizio Cattelan doppiamente rubato su entrambe le sponde dell’Oceano Atlantico. Stefan Koldehoff e Tobias Timm non si privano naturalmente del piacere di raccontare queste storie e altre simili. Pur mantenendo uno stile narrativo assai godibile, gli autori non si limitano però a sostare in questo presunto mondo raffinato, in cui si ruba in smoking e Browning da tasca. Non concedono nulla o quasi a questa retorica che, oltre a essere palesemente falsa, funge da utile idiota per allontanare dalla vista il fatto che l’arte (contemporanea) è al centro di una serie di vettori che sono uno peggio dell’altro: traffico internazionale, contrabbando, scavi illegali, “cleptocrazia”, riciclaggio di denaro…
Stefan Koldehoff & Tobias Timm – Art & Crime. Furti, plagi e misfatti nella storia dell’arte
24 Ore Cultura, Milano 2020
Pagg. 320, € 16,90
ISBN 9788866485223
www.24orecultura.com
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SIMONE GOBBO E IL MURO CHE UNISCE
Ricordo distintamente lo sgomento di chi mi attorniava durante la visita del Padiglione Centrale della Biennale di Architettura di Venezia del 2014. Fra gli Elements of Architecture ritenuti fondamentali da OMA – Rem Koolhaas c’era anche la toilette, nella sua evoluzione e involuzione attraverso i secoli. Al di là dell’aneddoto, a Venezia Koolhaas aveva portato innanzitutto l’elemento “muro” – un interesse che risale al lontano 1972, quando l’architetto olandese, ancora studente, elaborò il progetto The Berlin Wall as Architecture. Com’è ovvio pensare, il Muro di Berlino è ben presente in questo saggio di Simone Gobbo, all’interno del capitolo che affronta le Partizioni militari, a cui seguono quelle naturali e geopolitiche; questo trio di capitoli è però preceduto e seguito complessivamente da altri cinque capitoli, che conferiscono al libro un’identità ibrida, dove antropologia e architettura non solo entrano in dialogo (“un doppio racconto, dove trova spazio la narrazione dell’oggetto architettonico – il muro – contemporaneamente ai comportamenti e alle azioni dell’uomo nello spazio del confine”), ma chiamano a raccolta in maniera inclusiva discipline man mano confinanti, in un cerchio che si allarga alla sociologia e all’urbanistica, in cerchi concentrici sempre più ampi. Un’apertura inattesa per un libro che ha al suo centro un elemento divisivo ed esclusivo come il muro.
Simone Gobbo – L’innocenza del muro
Quodlibet, Macerata 2020
Pagg. 214, € 20
ISBN 9788822903426
www.quodlibet.it
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