In debito d’ossigeno per quanto riguarda la visita di persona alle mostre, causa l’ormai annuale pandemia, cerchiamo di porre rimedio almeno sfogliando una decina di libri dedicati alla fotografia. Ecco una selezione che comprende soprattutto volumi monografici, ma con qualche incursione verso i progetti collettivi.
– Marco Enrico Giacomelli
FRANCO VIMERCATI IL CONCETTUALE
Esistono ancora, e speriamo per molto, gallerie ed editori di media taglia che (si) spendono per gli artisti ritenuti validi. È il caso della Galleria Raffaella Cortese di Milano e della casa editrice Quodlibet di Macerata, i quali, insieme, hanno recentemente dato alle stampe un volume che accompagna e prosegue la mostra dedicata a Franco Vimercati (1940-2001). Entrambi, mostra e libro, sono curati da Marco Scotini, il quale firma anche il colto testo introduttivo – dove, fra Deleuze e Bergson, ci si sofferma sulla particolarissima riflessione sul tempo che lo stesso Vimercati mette in campo con la sua attività fotografica. Una fotografia della durata che, nell’apparente immobilità estrema dei suoi scatti, si pone al capo opposto dell’istantanea à la Cartier-Bresson e che, aggiungiamo noi, costeggia la meta-pittura di Giorgio Morandi in una maniera che andrebbe studiata a fondo.
Il volume contiene anche una precisa antologia di testi a firma di Paolo Fossati, Luigi Ghirri, Javier Hontoria e Simone Menegoi, nonché due interviste all’artista realizzate da Elio Grazioli e Angela Madesani.
Marco Scotini (a cura di) – Franco Vimercati. Un minuto di fotografia / One Minute of Photography
Quodlibet, Macerata 2020
Pagg. 112, € 18
ISBN 9788822905741
www.quodlibet.it
I NON-COLLAGE DI MAURIZIO GALIMBERTI
Perché “non-collage”? Perché in genere i collage si compongono di immagini differenti accorpate l’una all’altra a suscitare, nella maggior parte dei casi, esiti paradossali (avete presente l’account Instagram di Fontanesi?). Nel caso di Maurizio Galimberti (1956), la giustapposizione c’è, ma – specie nel caso di questo suo ultimo libro – la natura stessa del collage viene ridefinita profondamente. Innanzitutto, nel solco del collage tradizionale ma in maniera atipica per il processo solitamente adottato da Galimberti, la “matrice” è un ready-made, ovvero la fotografia non è stata scattata dall’autore. In secondo luogo, il non-collage è frutto della ripetizione calcolata e innumerevole della medesima fotografia (o di suoi dettagli) per comporre l’immagine finale. Ad esempio, l’Anna Magnani che rincorre il camion sul quale sta suo marito arrestato dai tedeschi (altra annotazione: quindi non una fotografia ma uno still da film), proprio nell’attimo in cui una raffica di mitra la colpisce alle spalle, si moltiplica decine di volte; lo stesso vale per la bandiera statunitense issata a Iwo Jima, per Martin Luther King durante un comizio del 1963, per la bambina nuda che fugge dalla devastazione causata dal Napalm americano, per Aldo Moro rapito dalle Brigate Rosse, fino ai vigili del fuoco in quello che da lì a poco sarà chiamato Ground Zero.
Maurizio Galimberti – Uno sguardo nel labirinto della Storia
Skira, Milano 2021
Pagg. 76, € 35
ISBN 9788857245164
www.skira.net
LE ARCHITETTURE DI CARLO D’ORTA
“Sono un artista nel ramo della fotografia. Uso cioè la macchina fotografica non per documentare o fare cronaca, ma per estrarre dalla realtà immagini pittoriche che esistono davvero, ma quasi mai sappiamo vedere. Il mio soggetto principale sono le architetture”.
Si racconta in questo modo, con estrema chiarezza, Carlo D’Orta (1955). Tutt’altro che banale è l’esito della sua ricerca, anche quando utilizza un escamotage in fondo semplice come lo specchio, per fotografare edifici che si riflettono in altri: chi mai l’avrebbe detto che, così facendo, Bologna sarebbe assomigliata a Dubai, entrambe liquide e quasi nauseanti in quelle forme organiche? Per non parlare del “Colosseo Quadrato” – siamo a Roma, all’EUR – che si scioglie e si arrotonda per andare incontro non tanto al suo omonimo antico quanto alle visioni molli della Fantasia disneyiana. Una pratica fascinosa che però sarebbe potuta diventare stucchevole, alla lunga; e allora D’Orta ha cambiato punto di vista, ha smesso i colori fluo, ha rese rettilinee le forme, e con Biocities Grey ha dato inizio a un nuovo ciclo, che tuttavia non abbandona i paragoni, le vicinanze sussurrate, pagina contro pagina, tra altissime finestre newyorchesi, ad esempio, e pavimenti antiscivolo parigini. In questa costruzione editoriale le fotografie assumono una seconda vita, parallela alle stampe singole, e probabilmente una vita più eloquente nella loro ritrosia a parlar chiaro: come quando, spalla a spalla, dettagli di Mauthausen, Nizza e Mikonos fanno risuonare con abissale diversità gli stessi colori e le stesse ombre.
Carlo D’Orta – Architextures. Astrazioni architettoniche
Eclipse, Milano 2020
Pagg. 340, € 40
ISBN 9788894589511
www.carlodortaarte.it
ROGER BALLEN ECFRASIZZATO
La scrittura critica, nel mondo dell’arte, è spesso una inconsapevole e inefficace ecfrasi: non dicendo nulla di rilevante sull’opera, si tende ad alzare una cortina fumogena di parole incomprensibili ai più – e spesso incomprensibili all’autore stesso di quelle parole. L’ecfrasi ha tuttavia una tradizione gloriosa e recentemente ravvivata: comincia con Omero, attraversa i secoli, trova in Roberto Longhi (e Mario Praz) momenti straordinari, poi si assopisce, e negli ultimi tempi – come si diceva – recupera terreno, spesso in campo narrativo, con esperimenti che portano la firma di Tiziano Scarpa e Gabriele Sassone, fra gli altri. Si tratta di prosa, però. In campo poetico, il nome che spicca è quello di Gabriele Tinti (1979), tenace come soltanto i poeti riescono a essere – e la sua tenacia ha ripagato pienamente: basta dare un scorsa alla sua biografia per rendersene conto. Questa è dunque soltanto una tappa, benché segnante, di un cammino che ci auguriamo ancora lungo. Un confronto, per l’appunto ecfrastico, tra le fotografie di Roger Ballen (1950) e i suoi versi.
Gabriele Tinti & Roger Ballen – The Earth Will Come to Laugh and to Feast
powerHouse Books, Brooklyn 2020
Pagg. 160, $ 50
ISBN 9781576879481
https://amzn.to/3ksy5aK
TINA MODOTTI OLTRE LA RIVOLUZIONE
Tina Modotti (1896-1942) ha dato un contributo non indifferente alla rivoluzione messicana, sia a livello di militanza diretta che – insieme a personaggi del calibro di Frida Kahlo e Diego Rivera – documentandone le lotte. La testimonianza di ciò sta nel fatto che una delle immagini più note di quegli anni (Donna con bandiera, 1928) è firmata proprio da lei, e campeggia anche sulla copertina del catalogo della mostra che si tiene in questi mesi al Mudec di Milano.
La questione è piuttosto riconoscere a Modotti le qualità di fotografa tout court, al di là dell’icona summenzionata e della triade donne-messico-libertà che figura nel sottotitolo della rassegna. Che è poi un gesto effettuato dalla mostra stessa, e dal libro, i quali permettono di apprezzare, ad esempio, la costante altalenanza fra natura e cultura che informa l’opera di Tina Modotti, la quale sottolinea elementi formali di continuità con grande lucidità visiva e immaginativa: si vedano, ad esempio, accostandoli, scatti come Calle (1924) – il fiore – e Stadio (1926 ca.), con il gioco di pieni e vuoti, di luce e ombra, che si ripresentano in maniera molto simile, seppur derivanti da soluzioni formali assai diverse tra loro. Ma forse lo scatto più sorprendente, per chi avesse imprudentemente assegnato l’opera di Modotti a un documentarismo “realista”, è Convento di Tepotzotlán (1924): un piccolo capolavoro di illusionismo formale, dove i piani di profondità si con-fondono con l’alternanza di luce piena e ombre nerissime, catapultandoci d’un tratto nel Trecento senese.
Biba Giacchetti (a cura di) – Tina Modotti. Donne, Messico e libertà
24 Ore Cultura, Milano 2021
Pagg. 128, € 25
ISBN 9788866484462
www.24orecultura.com
UN TRANSATLANTICO A BERGAMO
Era il novembre del 2018 quando a Bergamo inaugurò, al Convento di San Francesco, il Museo della fotografia Sestini. Un luogo perfetto per scoprire la fotografia sin dalla sua nascita, ma anche un progetto di diffusione democratica di migliaia di scatti, grazie a un portale dedicato e accessibile a tutti gratuitamente. A ciò si aggiunge ora una collana editoriale che indaga “verticalmente” temi e fondi specifici. La seconda uscita ruota intorno all’archivio dell’Agenzia Lorandi, agenzia di viaggi bergamasca che raccontava (e vendeva, naturalmente) l’esperienza delle crociere sui transatlantici che da Genova giungevano a New York, fra i quali il celeberrimo Andrea Doria. Fotografie di un’epoca, anche se ovviamente parziali: gli scatti raccontano infatti prevalentemente la vita a bordo per i passeggeri della prima classe.
Gaia Pasquale – I giganti del mare. Viaggio nel Novecento: l’Italia dei transatlantici
Nomos, Busto Arsizio 2021
Pagg. 64, € 10
ISBN 9788894811971
www.nomosedizioni.it
ABITARE LA PIETRA: ISTRUZIONI PER L’USO
Tutto comincia con una residenza itinerante fra l’ex Capitale Europea della Cultura, Matera, Montescaglioso e Mottola, dal titolo Un atlante del paesaggio rupestre. I vincitori sono Antonio Cammareri, Stefania D’Amato e Luogo Comune, che per la realizzazione del libro hanno lavorato in maniera collettiva. Ma non basta: si sono uniti Federico Barattini, Giuseppe Laera, Vincenzo Pagliuca e Felice Rosa con le loro fotografie che spaziano dalla turca Hasankeyf ai bunker della Seconda Guerra Mondiale sparsi sulle Alpi. E poi ci sono i testi (in italiano e inglese) di Marco Trulli ed Emmanuele Curti, oltre all’intervista con Mauro Acito.
Il tutto in una confezione raffinata, con la copertina nero e argento e le pagine patinate con le fotografie che cedono il passo alla carta più ruvida per i disegni. E dall’insieme emergono innumerevoli spunti su come declinare la riflessione sulle cosiddette “aree interne”.
Marco Trulli (a cura di) – Abitata pietra
Viaindustriae, Foligno 2021
Pagg. 144, € 20
ISBN 9788897753605
publishing.viaindustriae.it
99 FOTOGRAFI (E NESSUN ITALIANO)
I libri con la copertina rigida hanno il difetto che non si possono far scorrere rapidamente le pagine fra pollice e indice. Allora si è quasi costretti a cominciare dall’inizio, che in questo caso vuol dire dal sommario (Contents, essendo in inglese): scopriamo così che c’è una introduzione, proprio alla pagina 1, e subito dopo, ma proprio subito, alla pagina 2, c’è Adam Fuss, poi Alec Soth, poi Alex Prager e così via, solo numeri pari. OK, quindi ogni fotografo – perché di fotografi parliamo, questo è chiaro sin dal titolo – ha una doppia pagina (sarà il classico fifty-fifty, una pagina per la foto e una pagina per il testo? Sì). Ah, però che strano ordine: non per cognome, ma per nome, e infatti – verifica – si finisce con Zoe Leonard, che se invece si fosse proceduto in maniera tradizionale sarebbe finita più o meno a metà del computo. Ah ecco, il computo: Leonard occupa le pagine 198-199, quindi sono 99 gli artisti presi in esame da Stephen Frailey. Dubbio: ci sarà qualche italiano? Perché spesso ce ne sono poco o niente in questi regesti, anche se questo è pubblicato da un editore di Bologna. Ripartiamo da Fuss, scorriamo… eh no, niente italiani. Peccato. Resta il fatto che lo strumento è utile, anzi utilissimo: molti nomi saranno noti all’appassionato, ma tutti tutti è improbabile. (Non vi suona nuovo il titolo? In effetti, Frailey richiama esplicitamente il quasi omonimo Looking at Photographs pubblicato nel 1973 da John Szarkowski.)
Stephen Frailey – Looking at Photography
Damiani, Bologna 2020
Pagg. 200, € 40
ISBN 9788862087025
www.damianieditore.com
L’ANNUARIO DEL MAST DI BOLOGNA
Si è trattato della novità più rilevante per chi, nel 2014, si recava a Bologna per Arte Fiera (ricordate quando si viaggiava per fiere?): l’inaugurazione del MAST, museo (e molto altro) disegnato dallo Studio Labics per la famiglia Seràgnoli. Un esempio fra i più luminosi di imprenditoria illuminata, con un’attenzione ai dipendenti e al territorio circostante che fa pensare addirittura al caso insuperato dell’Olivetti di Ivrea. Da allora, a sovrintendere alla programmazione espositiva c’è Urs Stahel, che è riuscito nella difficile impresa di mantenere fermo il focus sul rapporto tra fotografia e industria, senza però rendere (troppo) monotono il bouquet dell’offerta. E a fianco delle mostre c’è una produzione editoriale di tutto rispetto: per ogni occasione viene stampato un piccolo catalogo, una sorta di guida evoluto all’evento; però poi, annualmente, esce il volumone – pubblicato in collaborazione con Electa – che raccoglie l’attività dei dodici mesi. Alla fine dell’anno scorso è uscito quello relativo all’attività del 2018: impossibile qui rendere conto di tutto quel che trovate in quelle quasi ottocento pagine, ma un cenno almeno lo merita la sezione dedicata alla personale di W. Eugene Smith e al suo ritratto di Pittsburgh, 150 scatti di quella che, a metà degli Anni Cinquanta, era la principale città industriale al mondo.
Masterworks of Industrial Photography. Exibitions 2018, Mast Foundation
MAST-Electa, Bologna-Milano 2020
Pagg. 784, € 110
ISBN 9788891829177
www.electa.it | www.mast.org
TESEO SENZA ARIANNA
Tre brevi e brevissime mail dirette da Silvia Plachy a Bonnie Brian (1986): è l’unico apparato testuale che accompagna il diario della fotografa newyorchese. Poi scorrono le immagini, una sequenza dis-ordinata, prelevata da un archivio decennale. Disordinata perché apparentemente non c’è alcun fil rouge, nessuna ricerca tematica o geografica. C’è l’intimità, ma non è quella sfigurata di Nan Goldin, piuttosto fa pensare al diario giapponese di Juergen Teller, però con una moltiplicazione di personaggi e di scenari. Delle due l’una: o si abbandona quasi immediatamente il libro, oppure si iniziano a costruire ipotesi, storie, racconti. E allora diventa un libro infinito. Bonnie Briant: da tenere a mente.
Bonnie Briant – Lump Sum Lottery
Damiani, Bologna 2021
Pagg. 112, € 36
ISBN 9788862087230
www.damianieditore.com
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati