“La mia arte è proprio l’opposto che facile. Amara, sensuale, triste, qualche volta violenta e perversa, ma mai e poi mai facile”. Così, nel 1946, il conte Luigi Filippo Tibertelli, nom de plume Filippo de Pisis (Ferrara, 1896 – Milano, 1956) metteva in guardia il lettore sulla facilità pericolosa della sua arte, in una strenua e dolorosa difesa della propria produzione da sempre accusata di sciatteria, impressionismo lirico, trasandatezza di stile, immediatezza espressiva.
DE PISIS DALLA PITTURA ALLA SCRITTURA
E se de Pisis pittore ha trovato nel tempo larghi consensi da parte di pubblico e critica, nei confronti del de Pisis scrittore perdurano tuttora giudizi di tal genere. Artista eclettico e curioso, il conte Tibertelli fu anche un accanito collezionista di cimeli e bibelots, un precoce miniaturista, un competente entomologo, un attento botanico, un esperto dell’arte ferrarese, un fine costumista teatrale; eppure, più di ogni altra cosa, considerava sé stesso uno scrittore, non ricevendo in tal senso però i riconoscimenti desiderati, al di là di qualche sporadico seppur blasonato apprezzamento. Tutt’altro che un “occasionale uomo di penna”, in realtà, tra il 1916 e il 1920 l’artista ferrarese aveva già pubblicato il suo carosello di libri, I canti della Croara, Emporio, Mercoledì 14 novembre 1917, Il Verbo di Bodhisattva, Il Signor Luigi B., Prose, La città dalle cento meraviglie, sfilando imperterrito attraverso molte case editrici italiane, dalla Taddei di Ferrara alla Casa d’Arte Bragaglia a Roma (ben prima quindi del suo esordio da pittore avvenuto solo nel 1924 al Teatro Nazionale capitolino). Qui, sulla carta, questo amatore di efebi e marinai ha tentato di proteggere la sua anima lirica e raffinata nascondendosi, di testo in testo, dietro maschere dai tratti frivoli ed estrosi, “violentando spesso le sue tendenze, violentandole in bene e in male, accondiscendendo agli altri qualcosa, ma non tutto: sempre troppo poco per loro, sempre troppo per lui”.
GLI SCRITTI DI DE PISIS
I suoi scritti, pertanto, frutto di diverse strategie attuate allo scopo di ricevere consensi, presentano ingenti differenze l’uno con l’altro: dai bozzetti naturalistici redatti nel solco pascoliano, la penna del conte Tibertelli ha virato verso poemetti metafisici o di stampo teosofico, passando per gli pseudoromanzi velati dalla finzione letteraria per giungere alle irriverenti prose dedicate a Ferrara, che tutte insieme formano il più bello e il più crudele canto, forse, mai rivolto alla città pentagona, l’amata odiata patria dello scrittore. A nulla sono servite le ragnatele di rapporti intessute con critici illustri, affermati artisti, celebri intellettuali; de Pisis ha camminato sul bordo dei grandi Movimenti del tempo senza tuffarcisi, e quando ha provato a farlo, è stato comunque sputato fuori perché ritenuto “non abbastanza” o “non ancora”: non abbastanza futurista, non abbastanza dadaista, non abbastanza metafisico, non ancora surrealista. Sebbene abbia scritto molto e in molti modi, sponsorizzando le sue pubblicazioni addirittura con recensioni sotto altri pseudonimi, la causa del mancato successo letterario è in fondo insita nella scrittura stessa: troppo rivoluzionaria per i reazionari, troppo reazionaria per i rivoluzionari. La prosa depisisiana è apparentemente serena, limpida, talvolta decadente, in verità molto più complessa e oscura, ricca di citazioni e di diversi livelli di lettura; dunque, poco ortodossa per stare nei canoni, troppo poco per uscirne. Caratteristica principale dei testi poi è il forte cromatismo: gli stati d’animo dell’io narrante, gli oggetti presenti o gli elementi naturali sono definiti tramite colori vividi, talmente ricorrenti e tangibili da assurgere quasi a protagonisti materici accanto alle case o alle strade della città pentagona, e ciò non ha fatto altro che alimentare l’immagine di un “pittore lirico”, il quale si serve della penna per fare lunghe èkphrasis dei suoi quadri.
IL SAGGIO DI MIRIAM CARCIONE
Nella monografia dedicata al ferrarese, allora, dal titolo La poetica della meraviglia. Filippo de Pisis scrittore, viene affrontato per la prima volta uno studio organico della produzione scrittoria, dalla formazione giovanile di de Pisis nella città d’origine ai rapporti da lui intrecciati con le Avanguardie, dall’esame dei testi editi in vita all’analisi dei diari pubblicati postumi, al fine di risarcire l’autore per quanto possibile delle sue aspettative deluse, per considerarlo come egli avrebbe voluto: un de Pisis scrittore, Poeta con la P maiuscola.
‒ Miriam Carcione
Miriam Carcione ‒ La poetica della meraviglia. Filippo de Pisis scrittore
Bulzoni Editore, Roma 2021
Pagg. 288, € 22
ISBN 9788868972196
www.bulzoni.it
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