Riflessioni sulla casa. Il nuovo saggio del filosofo Emanuele Coccia
Il nuovo saggio di Emanuele Coccia è destinato a lasciare un segno nella produzione filosofica del nostro tempo. A finire sotto la lente d’ingrandimento è la millenaria idea di casa, rispetto alla quale Coccia propone un netto cambio di paradigma.
Si intitola Filosofia della casa. Lo spazio domestico e la felicità il nuovo saggio di Emanuele Coccia edito da Einaudi nella collana Stile Libero extra. Si tratta di un volumetto denso e sentito dove il filosofo italiano e parigino d’adozione mette in gioco il suo sistema di pensiero per declinare una personale visione dello spazio domestico: la casa, appunto.
La filosofia ha tradizionalmente concentrato la sua attenzione sulla città. Sin dalla sua nascita, legata alla polis greca, ha pensato la dimensione urbana come dispositivo collettivo di analisi dei fenomeni territoriali e sociali. Basti pensare a Henri Lefebvre e alle sue riflessioni transdisciplinari tutte orientate alla comprensione della città. Dunque, la città come archetipo di produzione dello spazio comune. Coccia si distacca da questa centralità affermando che la tradizione filosofica si è concentrata sul tutto urbano trascurando che questo è fatto da singolarità, da case, e per chiarire questa nuova prospettiva ontologica indica nel trasloco, nel rito di passaggio da una casa all’altra, la condizione contemporanea del pensiero. Per chi come chi scrive e come Coccia ha cambiato nella sua vita più di trenta case, diventa chiaro che non esistono case, bensì “esiste solo il far casa”. È questo uno degli snodi originali di questo piccolo e illuminante pamphlet. “Una casa è l’addomesticazione del mondo per trasformarlo in un abito, un costume che aderisca a noi fino a confondersi con la nostra anatomia e la nostra immagine” chiarisce Emanuele Coccia. Del resto, le analogie tra abito e abitare sono molteplici, a iniziare dalla considerazione che abito è sia il vestito, la nostra seconda pelle, sia la prima persona indicativa del verbo abitare e ancora il verbo latino habito, da cui deriva l’italiano abitare che a sua volta traduce il tedesco Wohnen, è un frequentativo di habeo, avere. Quindi noi siamo abitanti nel senso di una vita che ha, in modo ripetuto e intensivo, un certo modo di essere, che, cioè, vive secondo abiti e più o meno abitudini che la pandemia ancora in corso ha sovradimensionato.
LA CASA E L’ABITARE
La vita abitante è una vita che ha un modo speciale di continuità e di coesione rispetto a sé stessa e al tutto in un divenire che ha come epicentro la casa. “L’io non è una questione di anima né di corpi. È sempre il movimento del mondo: è sempre tutto il pianeta a dire io, in ciascuno di noi. Una casa è l’io“, sottolinea l’autore. Il fare casa non è sintesi del vivere, anzi si discosta dal desiderio di operare un’evidenza per farsi diffrazione ovvero intreccio, groviglio che dà da pensare eliminando le scorie di un pensiero che cerca sempre dualità, opposizioni, pubblico e privato, domestico e urbano. Con grande coraggio, Coccia ci invita a ritrovare la capacità di immaginare un superamento, di mettere in discussione questo insieme di dualismi che pongono l’io/dentro da un lato e il noi/fuori dall’altro. La nostra casa è nella mescolanza, nella consapevolezza di essere, da sempre, aggrovigliati in un tutto. La filosofia, il pensare aiuta a comprendere che “ogni casa dovrebbe essere, in fondo, la struttura che permette a una vita di vivere attraverso l’altra: non una busta di vetro, acciaio e cemento che ci separa dal resto del mondo“. L’autore definisce la nuova casa come luogo della distruzione di ogni tassonomia, la dissoluzione della biodiversità intesa come guerra tra le specie.
LA CASA DEL FUTURO SECONDO COCCIA
A fronte di un mondo pet friendly che ancora pone l’uomo come specie superiore, Coccia afferma che dovremmo imparare a costruire case in cui “non sappiamo più se siamo esseri umani o canarini, gatti o piante. La casa del futuro dovrebbe essere lo spazio di una vita che coincide con la dissoluzione di tutte le specie“. Questo cambio di paradigma evolutivo e morale genera dei riverberi interessanti anche nel ripensamento di discipline che si occupano dell’abitare come il design e l’architettura, definendo un territorio, un mondo, una casa dove le possibilità di riconfigurazione di una nuova idea di progetto sono molteplici. Nasce così un modo di guardare al progetto come agency, come capacità di agire che non è qualcosa di posseduto dagli esseri umani, o dai non-umani, è un’attuazione, una presa d’atto che dobbiamo vivere in una casa “grande come tutto il pianeta” coinvolgendo sia i non-umani che gli umani. “Se la casa del passato è stata una macchina della distinzione, nel futuro dovrà diventare la disciplina collettiva della mescolanza“. Filosofia della casa è una lettura necessaria e illuminante per comprendere e agire in quello sforzo di ripensamento radicale che il tempo pandemico ci mette di fronte e che appare come non più rimandabile.
‒ Marco Petroni
Emanuele Coccia ‒ Filosofia della casa. Lo spazio domestico e la felicità
Einaudi, Torino 2021
Pagg. 144, € 15
ISBN 9788806248642
https://www.einaudi.it
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