Jonas Mekas. 100 anni fa nasceva un genio del cinema e della poesia
Nel centesimo anniversario dalla nascita del pioniere del cinema avant-garde, siamo andati nella sua Lituania a scoprire come ne ha plasmato l'immaginario e come oggi il Paese ne recuperi e conservi la memoria
Pochi artisti sono riusciti a fare davvero ciò che Calvino proponeva ne Le città invisibili, quel “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”. Jonas Mekas (Biržai, 1922 – New York, 2019) è uno di questi. Regista, poeta e artista lituano naturalizzato statunitense, Mekas ha contribuito a diventare un vero e proprio punto di riferimento culturale nella New York degli anni Cinquanta, dalla fondazione della rivista Film Culture a quella della rivoluzionaria casa di produzione indipendente Anthology Film Archives fino alla collaborazione con Andy Warhol e il conterraneo George Maciunas, infondendo nel suo lavoro una poetica – scritta e filmica – fatta di gioia dei singoli momenti, di meraviglia e di conservazione del ricordo (come detto anche dal duo italiano Francesco Urbano Ragazzi in occasione della sua mostra The Internet Saga in un Burger King veneziano). Un ricordo che lo ha connesso per tutta la vita con la nativa Lituania, che aveva dovuto abbandonare per le successive occupazioni sovietica e nazista, finendo prima in un terribile campo da lavoro e poi, per anni, in diversi campi profughi.
JONAS MEKAS, CHE HA PORTATO IL CINEMA IN LITUANIA
In occasione del centenario dalla sua nascita, la Repubblica di Lituania ha creato un fitto programma (consultabile qui) e coinvolto circa quindici diversi Paesi nella celebrazione della figura di Mekas – Italia inclusa, visto che in autunno il Mattatoio a Roma e la Villa delle Rose a Bologna ospiteranno delle retrospettive a lui dedicate, con la curatela di Francesco Urbano Ragazzi -, anche se l’epicentro di tutto resta qui, tra la capitale Vilnius e il paesino rurale di Biržai. “Molti di noi hanno parlato, lavorato, bevuto con lui. È come se fosse ancora vivo”, raccontano i giovani fondatori della Fondazione Meno avilys, una Ong dedicata al cinema indipendente che ha lungamente lavorato al fianco del generoso artista, anche se spesso a distanza. “Gli dobbiamo tutto: non c’era una cultura del cinema in Lituania prima di lui”, spiega in videocall il curatore e cofondatore Lukas Brašiškis, a cui fa eco Inesa Brašiškė, tra le maggiori esperte del lavoro di Mekas nel Paese: “Non che negli Stati Uniti si stesse parlando seriamente di cultura cinematografica: Jonas e il fratello Adolfas si sono lanciati nella fondazione della rivista Film Culture come mossa coraggiosa e folle, stavano ancora imparando l’inglese…Eppure raccolsero tutte le new wave del cinema americano ed europeo diventando il vero volto dell’avanguardia cinematografica degli anni Cinquanta”. Alla Fondazione, dove tra l’altro è ospitata una studentessa ucraina di cinema in fuga dalla guerra, la gioventù di Vilnius può avvicinarsi alla settima arte con programmazioni ad hoc, una fitta biblioteca e una serie di incontri e approfondimenti. Uno studio affiancato da quello del Jonas Mekas and Adolfas Mekas Heritage Study Center, che insieme alla biblioteca del castello della nativa Biržai ha intrapreso un colossale sforzo di recupero e raccolta di ephemera accumulati negli anni dallo stesso Mekas, e a quello di editori indipendenti come Kęstutis Pikūnas, che dei due fratelli lituani ha compilato la grande raccolta multimediale Letters Home.
MEKAS COME POETA, E LA POESIA OGGI IN LITUANIA
Gli spunti religiosi della famiglia di fede evangelica – cosa comune, considerando che era nato a due passi dal confine con la protestante Lettonia –, le sconfinate distese agricole della sua infanzia, una lingua che non abbandonò mai: la poesia di Jonas Mekas è un prodotto culturale profondamente lituano, con alcune eccezioni influenzate dalla Beat Generation. La poesia ha da sempre un posto speciale nella cultura lituana: “Durante l’occupazione sovietica la poesia è stato lo strumento chiave di espressione artistica, dato che poteva facilmente essere trasposta in immagini per sopravvivere alla censura”, racconta Rimas Uzgiris, poeta e traduttore a sua volta lituano-americano. “Dopo un crollo negli anni Novanta, la poesia è tornata ad essere uno dei principali strumenti dell’espressione dell’identità lituana e oggi vanta un ottimo numero di lettori”, spiega. È lui a leggere a un ristretto numero di persone una serie di poesie sul monumento dedicato a Mekas nella frazione di Semeniškiai, vicino a Biržai: una grande roccia, posta su volontà dell’artista là dove si trovava il suo letto d’infanzia, campeggia nel mezzo di un verdissimo campo. Nel mezzo del nulla. Eppure questo scenario non oppresse Mekas, che fuggì solo quando lo zio (pastore evangelico del paese) non riuscì più a proteggerlo dalle accuse di stampa sovversiva. Tornato negli anni Settanta per la prima volta, Mekas continuò a ricordare come la sua prima raccolta di scritti poetici, quella composta nella giovinezza lituana, fosse la migliore che avesse mai composto. Una profonda emotività, uno stretto legame con la musica – che oggi vive nella Composers’ House nel cuore di Vilnius, un meraviglioso edificio ispirato allo stile di Alvar Aalto che ospita il Music Information Center – e una inevitabile cifra politica connotano la sua produzione poetica, che il professore e primo capo di Stato della Lituania liberata Vytautas Landsbergis ha definito “un unico flusso vitale: non ha senso distinguere la sua produzione poetica o cinematografica, tutto nella sua vita era una grande creazione”.
– Giulia Giaume
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati