Raccontare l’arte contemporanea in un diario. Intervista alla scrittrice Fabia Mendoza

Da Berlino alla Sicilia il passo è stato breve per Fabia Mendoza, che nel suo libro “Berlin Art Diary” descrive il mondo dell’arte contemporanea e tutte le sue contraddizioni. Il suo nuovo romanzo, però, sarà ambientato in Italia

Regista, produttrice, cameraman e scrittrice; moglie e musa dell’artista americano Ryan Mendoza, Fabia Mendoza (Berlino, 1986) racconta gli eventi più drammatici e paradossali della sua vita come storie nel diario di un’adolescente, ma con il carattere di una donna forte ed esplosiva.

Chi è Fabia? Come ti presenteresti a chi non ti conosce?
Berlin Neukölln-born mamma con tanti sogni.

Tu e Ryan siete una coppia emblematica. A volte si pensa a determinati artisti senza considerare i partner che hanno affinità con il mondo dell’arte, mentre pensare a te o a Ryan riporta automaticamente all’idea dell’altro. Che sensazione ti fa essere associata a lui, percepisci la sua ombra?
Con Berlin Art Diary pensavo di aver scritto un libro sul mondo dell’arte berlinese. Ma Mirna Funk, che ha scritto la prefazione, ha subito detto: “Questo è un libro sul vostro matrimonio!”. Probabilmente la mia vita e quella di Ryan sono così intrecciate che anche la mia formazione creativa corre parallela alla sua. 

Fabia Mendoza Berlin Art Diary (Iemme Edizioni, Napoli 2022)

Fabia Mendoza Berlin Art Diary (Iemme Edizioni, Napoli 2022)

FABIA MENDOZA DA BERLINO ALL’ETNA

Berlin Art Diary è il titolo del tuo libro, ma ancora più incisivo è il suo sottotitolo, Cronache di una musa. Eppure leggendolo non sembri essere tu la musa ispiratrice: come hai ribaltato il ruolo della musa all’interno di questa serie di racconti e chi è il vero protagonista?
Questi testi sono la mia liberazione dal ruolo di musa. Penso che attraverso i miei testi Ryan sia diventato la mia musa.

Berlino è stata di ispirazione per grandi film, artisti importanti e, fra i tanti libri, anche del tuo. Secondo te perché proprio Berlino e come ha influenzato il tuo lavoro?
Berlino è la mia patria. Sono cresciuta a Neukölln negli Anni Novanta, prima che Berlino diventasse la metropoli artistica cool che è oggi. La gente era dura, le strade sporche, l’inverno freddo, il cielo grigio e non ho mai sentito che Berlino mi offrisse molte prospettive. Napoli, dove ho vissuto dal 2008 al 2015, l’ho amata più di ogni altra cosa, più della mia patria. Dico sempre che Berlino mi ha creato e Napoli mi ha formato. Da allora ho fatto pace con la mia città natale ‒ è mia madre, dopotutto ‒, anche se avrei preferito Los Angeles come madre. A Berlino devo la mia pelle dura e il mio atteggiamento di “give-a-fuck”: entrambe le cose non fanno male, soprattutto muovendosi nel mondo dell’arte.

Se Berlino ha contribuito a produrre Berlin Art Diary, Santa Venerina, il paese in cui ormai vivi da anni in Sicilia, sarà la base per un altro libro?
Ho iniziato il mio secondo libro come Sicily Art Diary, ma la storia è diventata così assurda che l’ho fatta diventare un romanzo. Ha forti riferimenti autobiografici, ma è una fiction. Questo mi ha permesso di separarmi dal protagonista e di raccontare la storia in modo tattico. La mia protagonista è più nevrotica, disinibita ed estrema di me. Una Fabia amplificata, per così dire. Si potrebbe pensare che non succeda nulla sulle pendici solitarie dell’Etna, eppure il secondo libro è più movimentato di Berlin Art Diary. 

Per te e per Ryan come è cambiata la vita e il lavoro da artisti trasferendovi in Sicilia?
Ryan si rivolge verso l’interno per il suo lavoro con i dipinti e le sculture. La natura, il silenzio e l’isolamento gli hanno fatto bene. Per me all’inizio è stato un inferno. Sono una ragazza di città. Sono rimasta appesa ai piedi del vulcano piangendo come Ingrid Bergman in Stromboli di Rossellini. Fortunatamente ho avuto la possibilità di lavorare come docente con gli studenti dell’Accademia di Belle Arti, che mi hanno ispirato. In definitiva, devo all’isolamento il fatto che sono arrivata a scrivere. Per mio figlio Dylan, che ha frequentato la scuola ad Acireale per due anni, è stato bello avere un’impronta del Sud Italia. Le persone sono calorose e accoglienti, il cibo è buono. Sento che la gente del sud è più vicina alle cose essenziali della vita: l’amore, il cibo, la vita stessa e la morte.

Nel tuo libro racconti prima di una collezionista che a Parigi voleva avere dei rapporti sessuali con te e con tuo marito, dopo di un importante curatore di Berlino che non si presentò mai al vostro studio. Dobbiamo aspettarci altri racconti paradossali anche nel tuo prossimo lavoro o in Italia il sistema dell’arte è differente?
Il mercato dell’arte è una costruzione internazionale mafiosa. Le signore del mondo dell’arte italiano sanno come vestirsi meglio di chiunque altro. Per il resto, secondo la mia esperienza, il mondo dell’arte è uguale ovunque.

Fabia e Ryan Mendoza. Photo credit Celyn Nicholson

Fabia e Ryan Mendoza. Photo credit Celyn Nicholson

DAL DIARIO AL CINEMA: IL LINGUAGGIO DI FABIA MENDOZA

Cosa pensi della forma diaristica? Non credi che possa rendere adolescenziali anche le vicende più importanti della tua vita? È tua abitudine adottare questa tipologia di scrittura?
La forma diaristica fa sembrare le cose drammatiche più digeribili, più tangibili. Il diario intimo di Frida Kahlo o i diari di Franz Kafka sono per me fonte di ispirazione. In quest’epoca di assoluta auto-incarnazione, in cui tutte le nostre vite sono diventate un infinito reality show televisivo, credo che le persone apprezzino il fatto di far parte della vita reale di qualcun altro ‒ la vita scrive le storie migliori, dopotutto.

Il tuo libro è un vero e proprio diario personale che racconta le vicende più assurde che hai vissuto. Alcune di queste sembrano essere tratte da un film, non è che viene da qui la tua passione per il cinema?
O forse è il contrario: amo così tanto il cinema che adatto la mia vita a una sorta di film. Come tutti sappiamo, siamo gli artefici del nostro destino. Probabilmente non si dovrebbe più citare Woody Allen, ma lui ha detto: “La vita non imita l’arte, imita la cattiva televisione”. Ed è proprio così.

A cosa stai lavorando ultimamente? Hai in mente di realizzare un film in Sicilia? E perché proprio qui?
Assolutamente sì. Voglio davvero girare The Dating Game qui in Sicilia. Penso che sia una grande opportunità per far restare qui alcuni dei fantastici e talentuosi giovani siciliani attraverso la produzione cinematografica. Molti emigrano non perché non amino la loro patria, ma perché qui non c’è molto lavoro. Inoltre, la Sicilia è un set cinematografico naturale. Antonioni, Visconti e Tornatore lo hanno dimostrato a sufficienza.

Puoi darci delle anticipazioni sul tuo secondo libro oppure descrivercelo in tre parole?
Il mio secondo libro sarà infuocato, assurdo ed emozionante come la nostra mamma Etna. 

– Mario Bronzino

https://www.instagram.com/fabia_fabia_fabia_/

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Mario Bronzino

Mario Bronzino

Mario Bronzino è nato a Palermo nel 1997. Studia Linguaggi del Contemporaneo al corso magistrale dell’Accademia di Belle Arti di Catania. Scrive d’arte contemporanea e lavora alla realizzazione di cataloghi per mostre. Si dedica a una riflessione sui nuovi linguaggi…

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