Il termine moda è per sua natura onnicomprensivo e l’editoria di riferimento spazia dalla fotografia all’illustrazione, dal saggio alla fiction sino a riflessioni che (solo) apparentemente hanno poco a che fare con le produzioni dell’abbigliamento tessile. Ecco quattro esempi.
Aldo Premoli
IL FAVOLOSO MONDO DI YOUKO HIGUCHI
Arriva in Italia dopo quasi dieci anni dalla sua prima pubblicazione questo volume davvero fuori dal comune. L’autrice, divenuta famosa online come creatrice di illustrazioni fantastiche, vive a Tokyo. Sfogliandolo è impossibile non cogliere immediatamente lo spirito surreale che lo accosta ad Alice nel Paese delle Meraviglie di Lewis Carroll, oppure a quello di Beatrix Potter. Gattini, Funghi, Bambine, Animali, Fantasy. Sono questi i cinque capitoli che scandiscono le prime cento pagine. Ma i gattini sono antropomorfi. I funghi ovviamente magici. Le bambine (tra i 3 e i 7 anni, specifica la prefazione) ammiccanti. Dalla testa dei conigli spuntano funghi e numerosi polipi avvolgono le gambe di un destriero. Come in tutte le fiabe, l’atmosfera è insieme misteriosa e inquietante. Poteva il fashion ignorare un talento bizzarro come questo? Certo che no: a partire da pagina 101, per altre 60 pagine il libro dà conto delle partnership che Higuchi ha siglato con marchi meno noti o universalmente celebri come Uniqlo e Gucci.
Yuko Higuchi ‒ Il favoloso mondo di Yuko Higuchi
L’ippocampo edizioni, Milano 2022
Pagg. 160 € 19,90
ISBN 9788867227488
https://www.ippocampoedizioni.it/
JÉRÉMIE KOERING E L’ICONOFAGIA
Il Prix Pierre Daix 2022 voluto da François Pinault è stato assegnato quest’anno al libro dello storico dell’arte Jérémie Koering. Si tratta di una storia dell’iconofagia dall’antichità a oggi. L’autore ha scavato nell’antichità per descrivere come questa pratica informi le creazioni moderne e contemporanee. Fin dall’antichità, non abbiamo mai smesso di banchettare con piccole o grandi sculture, incisioni, ostie stampate, cialde blasonate, figure realizzate specificatamente per essere ingerite in forma solida o liquida. Perché appropriarsi così di un’immagine piuttosto che contemplarla spassionatamente da lontano? Quali immaginari attraversano il desiderio di assimilarla nel nostro corpo? Quali funzioni terapeutiche, religiose, simboliche e sociali possiamo attribuire a questo particolare rapporto con l’iconico? Quello del professore ordinario di storia dell’arte moderna all’Università di Friburgo è un approccio multidisciplinare che fonde storia dell’arte, antropologia, storia del corpo e storia dei sensi.
Jérémie Koering ‒ Les iconophages. Une histoire de l’ingestion des images
Actes Sud, Arles 2021
Pagg. 352, € 34
ISBN 9782330147679
https://www.actes-sud.fr/
MARCELLO ALBANESI E L’IMPERO DI GUCCI
Il libro è uscito un attimo prima della dipartita di Alessandro Michele dal brand. E certo non è il primo dedicato alla setta dei fedeli del santone nato a Roma nel 1972. A dire il vero l’autore di queste oltre trecento pagine di Michele parla poco, la sua è una ricostruzione della storia di questa famiglia, la saga tutta italiana (e americana) che un regista come Ridley Scott ha saputo così bene interpretare in House of Gucci. A cosa serve dunque l’ennesimo libro sulla doppia G?
Ha senso inneggiare ancora al suo genuino Made in Italy quando dal 1999 il marchio è stato acquisito dalla conglomerata del lusso francese che fa capo ai Pinault? Il brand Gucci è evidentemente un mito che oltrepassa ogni reality check, una favola che continua a incantare al di fuori da ogni raziocinio. E va bene così: se volete rilassarvi e non avete visto Lady Gaga nei panni della perfida strega e Salma Hayek (nella vita reale moglie di François Pinaut) in quelli della ancora più terribile maga portatrice di sventure… allora non esitate. Il libro in questione fa per voi.
Marcello Albanesi ‒ Gucci. Un impero del lusso made in Italy
Diarkos, Santarcangelo di Romagna 2022
Pagg. 362, € 20
ISBN 9788836161799
https://www.diarkos.it
TREMILA RACCONTI DAI PROTAGONISTI DI HOLLYWOOD
Raccoglie la testimonianza di oltre 3000 professionisti del settore, narrati dai protagonisti del cinema muto come da Steven Spielberg o Jordan Peele. Il risultato è un tomo di oltre 700 pagine assemblato dalla docente e studiosa di cinema Jeanine Basinger e dal giornalista cinematografico Sam Wasson. Il lavoro iniziato nel 1969 è stato poi confezionato in una sequenza temporale che inizia nell’era del film muto e termina con gente dello spettacolo che utilizza termini come “digitale”, “social media” e “globalizzazione”. Il capitolo di apertura attinge dagli aneddoti di Raoul Walsh, Frank Capra, Leo McCarey, Fritz Lang, Howard Hawks e Lillian Gish, per citare i più noti. O della pluripremiata costumista Edith Head, che racconta di aver messo un piede sulla porta degli Studios mostrando un portfolio di disegni che non erano suoi. In The Studio Workforce appaiono invece ricordi di chi gestiva le telecamere, disegnava vestiti o manteneva bellissime le star durante l’età d’oro di Hollywood. Ad esempio il costumista Walter Plunkett, che parla della sua adorazione per Ginger Rogers in questi termini: “Dovevi sempre andare nel suo camerino prima di girare perché di sicuro avrebbe cercato un fiore artificiale da appuntarsi tra i capelli o braccialetti da indossare… adorava sovraccaricarsi”. L’indice è organizzato in modo che ognuno possa cercare quel che più gli interessa conoscere di questo mondo multi sfaccettato.
Jeanine Basinger e Sam Wasson ‒ Hollywood. The oral history
HarperCollins, New York 2022
Pagg- 768, $ 37,50
ISBN 9780063056947
https://www.harpercollins.com/
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati