Nascerà a Milano il Museo dei Quaderni di Scuola. Intanto si parte con un libro
Un Natale sulla luna è quello immaginato da un bambino degli anni ‘60, ritrovato per caso e conservato dentro un archivio importante, insieme a migliaia di pagine scritte dai bambini di tutto il mondo. Oggi, quel tema, dà il titolo al primo libro di questo splendido progetto in progress. E nel 2023 si punta al Museo dei Quaderni di Scuola a Milano
“Meno cinque, meno quattro, meno tre….. Sta per partire il razzo che mi porterà a trascorrere le vacanze di Natale sulla luna……..“. Era il dicembre del 1969. L’eco della mirabolante impresa compiuta dall’equipaggio del comandante Neil Armstrong era più viva che mai, negli occhi di milioni di telespettatori incollati dinanzi ai tg, nella memoria dei lettori di riviste e di quotidiani, nell’adrenalinico stupore degli adulti e nell’immaginazione accelerata dei bambini: solo sei mesi prima, il 20 luglio, l’esito della storica missione Apollo 11 aveva regalato al mondo le immagini del primo uomo sulla luna, con Armstrong e Aldrin immortalati mentre solcavano la superficie di crateri e di mari lavici, infilati nelle loro tute spaziali. La vicenda dell’allunaggio, sia nelle settimane precedenti lo sbarco, cariche di suspense, che in quelle successive, colonizzò l’immaginario collettivo, generando un vero e proprio fenomeno di costume. E non potevano non sbucare tracce di quel sogno primordiale, tramutatosi in realtà, anche nel quotidiano storytelling dell’infanzia, specchio laterale e minuto del mondo, suo controcanto lieve, candido, creativo, intuitivo, capace di offrire un’altra prospettiva sulle cose. “Ecco il razzo si stacca da terra, prende quota, vedo la terra rimpicciolire, mi pare di vedere la mia patria ed anche la mia Milano con la Madonnina del Duomo, vedo anche delle masse blu, sono gli Oceani…“. Raccontava così il suo Natale fantasy un allievo di quarta elementare, di cui non conosciamo il nome: ci resta un tema, scritto su un quaderno a righe prima delle vacanze invernali di quel 1969, nel mezzo di un passaggio storico segnato da rivoluzioni civili, politiche, scientifiche, culturali.
IL MONDO VISTO DAI BAMBINI
Da quella paginetta fitta, compilata con una grafia ordinata, arriva il titolo del delizioso volume curato da Thomas Pololi, fondatore dell’Archivio dei quaderni di scuola, intelligente progetto di memoria storica, osservazione sociale, conservazione e valorizzazione documentale, dedicato agli scritti di bambini italiani, ma anche a quelli pescati in altri 39 paesi del mondo, tutti datati fra la fine dell’800 e i primi anni 2000. Un enorme corpus costruito tra ricerche e donazioni, poi archiviato, digitalizzato e messo a disposizione della collettività grazie a una serie di attività, tra mostre, incontri, il sito web “Quadernini” e una bella comunicazione social: migliaia di quaderni di scuola, diari, lettere, attraverso cui si ripercorre la storia di nazioni, popoli, comunità, osservati con quel filtro speciale che è lo sguardo dei più piccoli. I loro sogni, le loro percezioni, la loro fantasia, le paure, l’intelligenza e la sensibilità, oltre i codici e le sovrastrutture costruiti dagli adulti, ma senza dimenticare i condizionamenti e gli insegnamenti esercitati – nel bene e nel male – dai sistemi sociali e culturali. Così, fra venti di dittature o di democrazie, tra consumismo, giochi e feste sacre, tra valori antichi e nuovi disorientamenti, fra rigidi schemi familiari, educativi, religiosi, e le conquiste più spinte della modernità, fra mass media e tecnologia, memorie di viaggi, paesaggi ed avventure, luoghi del cuore o mai esplorati, descrizioni puntuali, esercizi di cronaca, scampoli di vita vissuta o immaginata, un secolo intero si srotola lungo uno spazio-tempo dilatato, emotivo, immaginifico, che nella mente dei bambini è impalcatura del mondo, così plastica, così fluida, ancora pregna di magia.
NATALE 2022, IL PRIMO LIBRO DELL’ARCHIVIO
“Il prossimo anno faremo le vacanze di natale sulla luna”, edito dalla cartiera ecosostenibile Arbos (società benefit certificata B-Corp, da sempre vicina all’Archivio) è un raffinato volumetto stampato su carta riciclata, valorizzato da una grafica efficace ispirata proprio alla forgia d’un quaderno, tra semplicità e gusto retrò, a partire dalla copertina, che cuce in modalità collage l’etichetta di un vecchio notebook scolastico, sagome di razzi, il ritratto di un piccolo astronauta, un cielo stellato in punta di pastello e una paginetta scritta in corsivo. All’interno decine di temi e di lettere (con relativi disegni) dedicati al periodo di Natale, tutti provenienti dalla collezione dell’Archivio gestito dall’Associazione Quaderni Aperti, che nel 2019 la Soprintendenza archivistica e bibliografica della Lombardia ha definito “di interesse storico particolarmente importante”.
E così, pagina dopo pagina, scorrono racconti impressi su vecchi fogli, come istantanee di parole, tra fotografie dei testi originali, stralci ingranditi e le puntuali trascrizioni. Il tutto completo di eventuali ingenuità, punteggiature imperfette e strafalcioni d’ortografia.
E insieme al nostro cosmonauta-sognatore, che ha ispirato il titolo del libro, c’è ad esempio la sorellina che scrive al fratello Pippo, evidentemente impegnato al fronte, rammaricata per il suo mancato ritorno, in assenza di congedo: era il 1918 e l’eco della guerra si avverte, lontano e stridente, tra le righe affettuose. C’è una bambina di Pisa, che sul quaderno di quinta elementare, nel 1942, esprime la sua malinconia per quelle vetrine spoglie, da cui sono spariti i balocchi, le bambole di porcellana, i panettoni Motta, i prosciutti e i formaggi appetitosi, le stoffe variopinte: “Purtroppo la nostra Patria come le altre Nazioni, risente le mancanze imposte dai tempi che corrono, la guerra ha creato tanti sacrifici al popolo italiano”. Le fanno eco le parole di una ragazzina di terza media, a Milano, sfollata nel ‘44 a Seveso per via dei bombardamenti: “la festa cristiana della purezza e della bontà, che è annunzio di redenzione e di pace tra gli uomini, cade anche quest’anno in un clima di guerra, la più dura e spietata delle guerre”. Affreschi dolci, dolorosi, nelle parole di chi cresceva troppo in fretta, scontando l’orrore del conflitto nelle sue pieghe minime o spaventose, nelle rinunce quotidiane, nelle fughe improvvise, nella mestizia che calava sulle città come una coltre scura.
E poi ci sono i buoni propositi di una bimbetta di 7 o 8 anni, che nel 1939 prometteva, col nuovo anno, di obbedire “a tutti, sempre”, mettendo da parte “capricci, bugie, disobbidiezi”, o ancora la caccia al tesoro organizzata da mamma e papà per la figlioletta, nel ‘66, così da condurla fino alla sorpresa nascosta in cima al presepe…
A Palermo, nel 1987, un ragazzetto di quarta elementare si cimentava con analisi e dissertazioni dopo una discussione con la maestra ed i compagni: Natale religioso vs Natale consumistico, la povertà del bambinello e gli sprechi di oggi. E poi la conclusione, tra disincanto, attualità politica e spiritualità: “Secondo me nel mondo non c’è posto per Gesù perché avvengono troppe violenza e guerra ma prima del Natale Regan e Gorbachov hanno firmato un trattato che elimina i missili e ora il mondo ha meno paura; grazie hai poveri però che donano un posto a Gesù c’è ancora speranza”. La crisi economica e demografica, la disoccupazione, il rapporto tra le nuove generazioni e la società iper industrializzata sono al centro del brillante tema di un ragazzo genovese di prima liceo, che nel 1983 provava a immaginare come spendere tre minuti messi a disposizione da una rete televisiva, in quei giorni allegri di Natale intitolati al “lusso di vivere secondo un buon senso non artefatto e secondo l’insuperabile efficienza della buona volontà”. Un concentrato di lucidità e di spirito analitico, espressi con mirabile eloquio.
E te li immagini adulti, quei bimbetti e quegli adolescenti, pensando al destino che li avrebbe attesi, a come sarebbero cambiati, a quanti sogni avrebbero visto decollare oppure scappargli dalle mani, a dove saranno finiti adesso, con i loro figli ed i nipoti, serbando chissà quanto e chissà cosa di quegli anni trascorsi tra i banchi di scuola, i giochi, le feste di Natale, qualche volta la guerra e la fame. Un’estesa collezione di storie senza nome, in cui l’impronta della vita e della morte si accavallano nel solco di una strana nostalgia, come quando ci si ferma a contemplare certi cumuli di vecchie foto sbiadite, trovate per caso, a cui nessuno restituirà un’origine, un’identità, una trama compiuta.
PRIMAVERA 2023, IL MUSEO DEI QUADERNI
Perché acquistare questo primo progetto editoriale dedicato all’Archivio dei quadernini? Non solo perché è un bell’oggetto, perché sfogliarne le pagine è una passeggiata nella memoria e nella tenerezza, e perché tutta l’originale impresa generosamente e caparbiamente sostenuta dal team di Quaderni Aperti merita attenzione e supporto. La pubblicazione ha anche il sapore di una produzione dal basso, partecipata e corale: il ricavato delle vendite contribuirà a sostenere il primo museo dedicato agli scritti delle bambine e dei bambini di ieri, continuando a salvaguardare e condividere quella mole di testimonianze che il tempo, inevitabilmente, avrebbe consegnato all’oblio e alla distruzione.
Il Museo dei Quaderni di scuola aprirà a Milano nella primavera del 2023, nella centralissima via Broletto, e sarà il frutto, ancora una volta, di un’iniziativa autofinanziata e autogestita, all’interno di uno spazio dato in concessione da due soci dell’associazione. “Sarà ospitato in uno spazio piccolo, di circa 60 mq. Qui cercheremo di condensare molte informazioni e materiali“, ci racconta Thomas Pololi. “Oltre agli originali da vedere, sarà possibile sfogliare alcune decine di quaderni tradotti in italiano e inglese, e ci saranno piccole sezioni tematiche che cambieranno trimestralmente, spaziando dalle vacanze scolastiche alle correzioni degli insegnanti, dalla famiglia ai sogni… Prevediamo almeno una mostra l’anno, a cui sarà affiancata una pubblicazione: il libro con cui siamo usciti in questi giorni è il primo di una serie. Tra i prossimi argomenti trattati ci saranno sicuramente l’esperienza della guerra e l’infanzia a Milano, mentre una timeline illustrerà storie e aneddoti da evidenziare per raccontare il modo in cui i bambini e le bambine hanno visto o ‘fatto” la storia’.
Ma non è tutto. Si punta a fare di questo luogo un micro cantiere in cui favorire dialogo, informazione, creatività, ad esempio attraverso attività laboratoriali per piccoli gruppi, senza distinzione di età. Adulti e bambini, insieme, difendendo un approccio “bambinista”, spiega ancora Pololi, “che è un po’ il nostro corrispettivo di femminista”. E dunque un lavoro continuo di costruzione e di cura, sul piano dei diritti del bambino e della sua dignità, partendo dalle specificità del mondo dell’infanzia ma riconoscendone il ruolo sociale assolutamente fondamentale. Anche rispetto a quella complessa tessitura storica in cui i grandi fatti del mondo si intrecciano con la trama della vita e delle vite di tutti, tra milioni di voci e di volti indistinti, invisibili.
Un museo esperimento, con una formula temporanea. Nella speranza di trovare, conclude Pololi, “spazi più grandi e adatti a ospitare scolaresche, anche in condivisione con altre realtà affini”. Narrazioni piccole, preziose, provando a generare network e – c’è da augurarselo – intercettando magari il sostegno di istituzioni e fondazioni, pubbliche o private, sensibili alla missione. Perché il racconto non si arresti, continuando a seminare pensieri e pensierini, di verità e di candore.
Helga Marsala
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