Charlotte Brontë e Mary Wollstonecraft. Sylvia Plath e Billie Holliday e, più recentemente, Miley Cyrus e Britney Spears: perché abbiamo assistito con attenzione quasi morbosa alle parabole discendenti di queste donne, demolite dall’opinione pubblica, dalla rete e dalla stampa? Questa fascinazione voyeuristica è il motore di Spezzate. Perché ci piace quando le donne sbagliano, l’esordio saggistico di Jude Ellison Sady Doyle, edito recentemente in Italia da Tlon (traduzione di Laura Fantoni e Andrea Salomone). Doyle mette a fuoco il fenomeno in termini di “trainwreck”, di deragliamento dai binari imposti dal sistema patriarcale. Allontanandosi dai modelli di femminilità codificati, le donne del libro sono state private del controllo della propria narrazione.
INTERVISTA A JUDE ELLISON SADY DOYLE
Negli Stati Uniti Spezzate è stato pubblicato nel 2016. Se l’avesse scritto oggi, quali altre donne avrebbe incluso?
Nell’era dei social media le dinamiche stanno mutando. A deragliare, a crollare erano prima cantanti o attrici, personaggi dotati di fama e visibilità. Oggi è diverso: la prossima “trainwreck” sarà una donna che non abbiamo mai sentito nominare finché non è stata diffamata in rete. Il modo più comune per distruggere oggi quelle donne che non rispecchiano adeguatamente un certo ideale di femminilità è quello di prenderle di mira sui social media.
La parabola di Hillary Clinton esemplifica come fatti, narrazioni, storie pubbliche e private possano essere così discordanti tra loro. Quali altre donne “spezzate” hanno reclamato efficacemente la propria narrazione?
In realtà credo che la donna che ha reclamato il controllo della propria narrazione nel miglior modo possibile sia stata Monica Lewinsky. Si è fatta avanti quando era pronta ed è riuscita a spostare l’attenzione pubblica sulla cultura della colpa e sul sessismo su cui si innesta la sua vicenda personale. Ciò che le è accaduto oltrepassa i confini di un episodio privato e affonda le radici nelle dinamiche culturali attraverso cui vengono incolpate e screditate le giovani donne. Lewinsky è sempre stata pienamente consapevole di tutto questo. Le “trainwreck” di cui parlo trovano spesso una via d’uscita dal processo di degradazione che subiscono quando ne individuano il legame intrinseco con il bigottismo della società.
CHI SONO LE “TRAINWRECK”
Le donne del libro hanno a che fare con il fallimento e il “tradimento” delle aspettative pubbliche. Jack Halberstam ha enfatizzato il fallimento come una pratica queer di resistenza alla normatività. L’“arte queer del fallimento” può risuonare in qualche modo con il fenomeno del “trainwreck”?
Non avevo pensato a questa correlazione, ma mi piace molto. Halberstam concettualizza la mostruosità come una condizione al confine tra umano e non umano: il mostro è un’entità che sintetizza tratti umani e non-umani. La “trainwreck” è una donna che aderisce pienamente agli ideali codificati di femminilità finché non li tradisce, rendendo così evidente quali tipi di femminilità sono accettabili o meno.
Valerie Solanas è convenzionalmente presentata come la donna instabile che perseguitava Andy Warhol e gli sparò. Da dove ripartire per rendere giustizia a Solanas?
Da libri come Valerie Solanas di Breanne Fahs, una biografia che fa un lavoro straordinario di umanizzazione di questa figura. Uso questo termine perché i tratti di Solanas tendono a essere enfatizzati dai detrattori così come dai suoi sostenitori. Negli USA ci sono personaggi che la venerano come una martire e altri che la stigmatizzano come un mostro. La verità è che fu entrambe le cose. Soffrì enormemente tra abusi, episodi di misoginia, vagabondaggio e disturbi mentali. Solanas aveva ragione su tanti fronti, anche quando nessuno era a disposto ad ascoltarla. Ma era anche transfobica e irascibile, con eccessi di violenza e crudeltà nei confronti delle persone che le stavano intorno. Il problema è che tendiamo a identificare le figure storiche femminili in modo dicotomico: o martiri o malvagie. Non accade lo stesso per gli uomini, a cui è concessa la possibilità di essere complessi e contraddittori.
TOKENISMO, CANCEL CULTURE E POLITICALLY CORRECT
Nel Vecchio Continente, in Francia e in Italia soprattutto, questioni di sensibilità culturale e linguistica vengono spesso liquidate come vezzi o paranoie di matrice americana. Recentemente abbiamo discusso con Ruby Hamad di tokenismo e di sfruttamento opportunistico di politiche inclusive che non riflettono cambiamenti sostanziali nel modo in cui vengono trattati soggetti minoritari come le donne, specie sul luogo di lavoro. Cosa ne pensa?
Negli Stati Uniti sono le persone di destra a preoccuparsi del cosiddetto “politicamente corretto”. I repubblicani amano parlare di “cancel culture” e di come femministe e liberali possano farti censurare, licenziare o possano distruggere la tua reputazione se ti trovi in disaccordo con loro. Nel nostro Paese, in realtà, vengono censurati i soggetti ai margini, come quegli insegnanti a cui non è concesso parlare di razzismo oppure omosessualità ai propri alunni.
Edoardo Pelligra
Jude Ellison Sady Doyle ‒ Spezzate. Perché ci piace quando le donne sbagliano
Tlon, Roma 2022
Pagg. 294, € 19
ISBN 9788831498654
https://shop.tlon.it
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