Dalla moda al cinema alla filantropia. Intervista a Santo Versace
Autore del libro “Fratelli. Una famiglia italiana”, Santo Versace è stato un pilastro della moda italiana nel mondo, al fianco di Gianni, scomparso nel 1997. Dopo aver lasciato il mondo del fashion, ora è a capo della fondazione filantropica che porta il suo nome
“Sono passati venticinque e ho capito che ricordare purtroppo non serve né mai servirà a comprendere né ad accettare…”. Si conclude così il terzultimo capitolo del libro di Santo Versace Fratelli. Una famiglia italiana.
Centinaia di libri sono stati scritti sulla vicenda di Gianni Versace, qualche migliaio di articoli compilati in tutte le lingue, è arrivato pure un brutto serial televisivo, ma, dei tre fratelli calabresi che dal profondo Sud conquistano prima Milano e poi il mondo del fashion internazionale, Santo è sempre stato il meno esposto. Nato a Reggio Calabria il 16 dicembre 1944 (ma viene registrato il 2 gennaio 1945), Santo è il maggiore di quattro fratelli: un’altra sorella, Tinuccia, era scomparsa prematuramente. Santo studia da ragioniere e si laurea in Economia e Commercio oltre lo stretto, a Messina, perché in Calabria a quel tempo di università non ce ne sono. A Reggio trova impiego presso la Banca del Credito Italiano, ma dura poco: a Milano nel mondo del fashion affianca il fratello dalla fine degli Anni Sessanta e il business di famiglia lo avvia fondando la Gianni Versace S.p.a. nel 1972, prima sede Reggio Calabria: presidente allora e presidente sempre, sino alla cessione all’americana Capri Holding il 31 dicembre 2018. Nel 1992 Santo è trai i fondatori di Altagamma, l’associazione che riunisce i più importanti brand italiani. Eletto nel 2008, è stato deputato parlamentare per tutta la XVI legislatura, ma con le dinamiche parlamentari non si troverà mai a suo agio. Di questo e di molto altro abbiamo parlato con lui.
INTERVISTA A SANTO VERSACE
Con la vendita della Gianni Versace, dopo oltre quaranta anni di attività sei uscito di scena dal mondo del fashion. Come ti sei sentito in quel momento?
È stato un passaggio complesso. Ma era già divenuto tutto molto complesso con la scomparsa di Gianni. Ho comunque reagito dedicandomi ad altre diverse attività. Ma attualmente le cose che sento più vicine sono il Cinema e la Fondazione Santo Versace.
Sei azionista di Minerva Pictures. Perché tra tante attività proprio il cinema?
Non solo azionista, sono pure Presidente e mia moglie Francesca De Stefano fa parte del CdA. Il cinema rappresenta la logica continuazione del mio amore per la cultura e la creatività. L’esperienza maturata al fianco di Gianni mi ha dato modo di conoscere non solo straordinari protagonisti, ma pure i meccanismi tipici della settima arte. Occuparmi di cinema è stato dunque lo sbocco naturale dell’esperienza accumulata nel mondo della moda. Minerva Pictures mi sta dando grandi e immediate soddisfazioni: nel 2022 abbiamo vinto due Leoni al Festival di Venezia con Saint Omer di Alice Diop, che è pure candidato agli Oscar per la Francia.
Nel 2014 Francesca De Stefano, avvocato, ex dirigente al Ministero dell’Economia, è diventata tua moglie. E poi ti ha convinto a entrare nel Terzo settore con una fondazione che porta il tuo nome. Con quale obiettivo?
Diciotto anni fa ho incontrato Francesca. Anche lei è di Reggio Calabria: non ci eravamo mai frequentati prima perché quando è diventata adulta io ero già partito per Milano. Non abbiamo figli e la fondazione rappresenta per noi un progetto di vita, frutto del desiderio di lasciare qualcosa per il futuro.
Puoi spiegarti meglio?
La Fondazione Santo Versace è nata il 14 marzo dello scorso anno ed è iscritta al Runts quale ente filantropico del Terzo settore per aiutare chi è meno fortunato di noi. La fondazione è impegnata a sostenere enti non profit che hanno progetti destinati a supportare chi vive in condizioni di fragilità sociale o fisica attraverso una formazione di qualità. La fondazione è completamente autonoma per quel che riguarda le spese di gestione, sostenute in toto da noi due coniugi. Questo significa che ogni euro viene messo a disposizione dei progetti sostenuti: tanto che derivi da una raccolta fondi o si tratti di una donazione.
LA FONDAZIONE SANTO VERSACE
La tua esperienza di manager è stata utile in questo caso?
Direi di sì. Qualcuno ancora pensa che il Terzo settore sia un luogo adatto per chi fa beneficenza vecchio stile? Per operare adeguatamente, anche qui oggi occorrono professionalità che non si inventano su due piedi.
Se non è beneficenza di cosa si tratta?
La fondazione è costruita per raccogliere oltre che per donare. I bisogni intorno a noi sono enormi. La pandemia ha moltiplicato situazioni di difficoltà e disuguaglianza sociale. Pensavamo che tutto fosse ormai alle nostre spalle, ma abbiamo dovuto fare i conti con gli effetti della guerra in Ucraina e con il conseguente rialzo dei prezzi dei beni di prima necessità e dell’energia. Per noi poi è importante il principio dell’empowerment femminile. Tanto io che mia moglie abbiamo avuto l’esempio di grandi donne. Mia madre ha sempre lavorato ed era molto autonoma. La nonna di Francesca, classe 1905, si è laureata e ha insegnato tutta la vita; la madre di mia moglie, anche lei insegnante, una volta andata in pensione ha aperto un laboratorio artigianale di cioccolatini. Hanno dimostrato di essere capaci di coniugare (in quel periodo e nel Sud del Paese) le loro vocazioni di madri e imprenditrici.
Vai ancora alle sfilate? Ti interessi ancora a un mondo che nel frattempo si è trasformato radicalmente?
Il mondo della moda oggi lo osservo con distacco, ma sì, ogni tanto vado con Francesca a qualche sfilata.
Aldo Premoli
https://fondazionesantoversace.it/
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