“Ho deciso di discostarmi dalla critica e di cominciare ad affrontare quei romanzi di cui ci hanno sempre parlato, che ci hanno sempre spiegato, per tentare una lettura – o meglio, rilettura – che mettesse l’opera, così come è stata concepita, così come appare nella sua natura più essenziale, al centro”. Classe 1988, italianista, Luca Starita ha indagato quei personaggi della letteratura italiana che resistono a categorie identitarie e significati codificati. È così che nel suo Canone ambiguo (effequ, 2021) Pier Vittorio Tondelli, Alberto Moravia, Aldo Palazzeschi, Carlo Emilio Gadda, Elsa Morante, Sibilla Aleramo e Anna Maria Ortese – tra gli altri – si incontrano in un simposio ideale da cui emergono quei desideri ambigui, quelle soggettività inafferrabili che costellano la produzione letteraria italiana del secolo scorso.
INTERVISTA A LUCA STARITA
Dal punto di vista semantico e delle sue stratificazioni sociali, politiche, etiche e persino estetiche, il termine “queer” è in costante evoluzione. Come ti posizioni rispetto a questo concetto?
Provare a definire il significato del termine queer non è semplice. All’interno di esso sono racchiuse talmente tante implicazioni e sfumature che nessun termine italiano, per esempio, sembra in grado di restituirne una riproduzione fedele. In inglese, il significato old fashioned di queer è quello di strambo, inusuale, ma queer viene utilizzato anche in maniera offensiva per rivolgersi ai membri della comunità LGBTQIA+, che si è riappropriata del termine rivendicando una natura che si distanzia da ciò che viene comunemente e socialmente definito come normale. Però queer trova la sua radice nel verbo latino torquere, che letteralmente significa rendere storto, e questo è il significato a cui mi rifaccio, intendendo queer come tutto ciò che si oppone allo straight, a tutto ciò che viene considerato quindi dritto, normale, socialmente accettato, che si riferisce agli standard, alle regole e alle aspettative. Penso anche, però, che sia necessario non abusare del termine ma lasciarlo a una sfera che riguardi comunque il corpo e l’identità. Quanto alla traduzione, quando mi viene chiesto, opto per stortǝ.
“QUEERNESS” E LETTERATURA ITALIANA
Rileggere la letteratura, quella italiana in particolare, attraverso il filtro della teoria queer: come risponderesti a chi potrebbe considerarla un’operazione “revisionistica”?
C’è un verbo importante in questa domanda, che è rileggere, inteso nella sua accezione più letterale e meno figurata, quindi nel suo significato di leggere di nuovo e non quello di reinterpretare. Se si rileggono alcuni testi, come per esempio La piramide di Aldo Palazzeschi oppure Una donna di Sibilla Aleramo, risulta naturale e quasi automatico individuare in essi tematiche che all’epoca in cui furono scritti non erano state canonizzate, ma che oggi trovano il loro spazio. Non a caso in Canone ambiguo ho scelto di lasciare spazio ad alcuni estratti dai romanzi presi in considerazione, per far vedere quanto i testi stessi parlino più di tutto quello che è stato scritto loro intorno. Rileggere alcuni testi della nostra letteratura novecentesca con le teorie queer significa dotarle di una chiave espressiva che è stata tenuta nascosta per troppo tempo.
Il personaggio più anti-normativo che hai scovato?
Palazzeschi. Di lui generalmente si conosce il romanzo, non a caso, all’apparenza più normale, Sorelle Materassi, e la poesia La fontana malata, utilizzata a scuola per spiegare l’onomatopea. Se si prova a leggere qualcosa in più, tra novelle e romanzi, ci si renderà conto che l’intera opera narrativa dello scrittore fiorentino è intrisa di queerness, di ambiguità, di personaggi fluidi che non trovano nella definizione nessun tipo di requie. Dalla già citata La piramide a I fratelli Cuccoli, da Il codice di Perelà al postumo Interrogatorio della Contessa Maria, Palazzeschi si prende gioco del lettore, affrontando con ironia e profondità le implicazioni di ciò che significa essere un uomo o essere una donna o quello che sta nel mezzo.
“Queerness” significa anche andare oltre categorie limitanti dell’umano e dell’io. Alcuni attivisti rivendicano tuttavia la specificità di certe identità minoritarie e percepiscono dei rischi nell’appianare le differenze in nome di un’armonia queer, di una coesistenza orizzontale senza conflitti né discriminazioni, che è lungi dall’essere realizzabile per ora. Ne accenni anche verso la fine di Canone ambiguo: cosa ne pensi?
Penso che la coesistenza queer e orizzontale, senza conflitti e discriminazioni, sia al momento un’utopia. L’essere umano è incline a discriminare, perché ciò che viene considerato come diverso fa paura, e questo vale per tutti i livelli e tutti i contesti. Penso anche che il passo immediatamente precedente all’abbattimento delle differenze sia quello necessario della definizione ed è questa la fase che stiamo vivendo. A livello politico e sociale facciamo ancora fatica a riconoscere le identità per quelle che sono, a prescindere dalla legittimità di esistenza che viene loro data, ed è quindi utile per me che si proceda secondo questa modalità. Comunque, non è escluso che si possa avanzare su entrambi i fronti di definizione e non definizione.
PENSIERO STUPENDO, IL NUOVO LIBRO DI STARITA
Un’anticipazione sul tuo prossimo libro: continua il discorso sulla teoria queer?
Le teorie queer non sono citate direttamente, ma Pensiero stupendo (in uscita in primavera, sempre per effequ), risente delle loro influenze. Mentre Canone ambiguo ha provato a dare un’idea delle narrazioni delle identità queer che la letteratura italiana del Novecento ha proposto, Pensiero stupendo, affrontando il tema del tradimento, tenta di raccontare, invece, le visioni queer delle relazioni.
Perché in Italia continua a esserci più resistenza che curiosità rispetto a temi che all’estero sono al centro del dibattito pubblico e accademico anche da decenni?
Non so se in Italia ci sia più resistenza che curiosità, soprattutto se con “estero” si intende tutto ciò che non è Italia, e quindi andrebbero incluse pure le parti del mondo più conservative. In questi ultimi due anni ho girato l’Italia tra università, librerie, collettivi ‒ e anche discoteche ‒ e di curiosità ne ho vista tantissima, senza contare la risonanza mediatica che per esempio ha portato lo schwa in ogni ambito del nostro vissuto. C’è reticenza a parlarne in maniera ufficiale, forse, ma sono convinto che i cambiamenti vengano dal basso, e tutto quello che abbiamo sempre considerato granitico si stia pian piano sgretolando.
Edoardo Pelligra
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