Il libro di Katy Hessel La storia dell’arte senza gli uomini è talmente instant da risultare prevedibile. Esce a coronamento di un percorso di qualificazione della storia dell’arte negli studi di genere, percorso iniziato quarant’anni fa da Linda Nochlin con la domanda “perché non ci sono state grandi artiste?”. Leggendo sino in fondo questo racconto, impostato dichiaratamente sulla rettifica ginocentrica de La storia dell’arte raccontata da E. H. Gombrich (1950), alla domanda di partenza si potrebbe rispondere con un’altra: “perché tra le artiste contemporanee non ci sono italiane?”. Non è chiaramente per becero nazionalismo che giungiamo a questa considerazione quanto, piuttosto, per l’analisi di una prospettiva storica e critica cui non si può prescindere (si leggano a tal proposito le tesi sulla geopolitica dell’arte di Michele Dantini). Detto ciò, senza spirito di polemica ma per una semplice constatazione che lasciamo commentare ai lettori, il libro è una vera e propria storia dell’arte, dal Rinascimento ai giorni nostri, un discorso impostato nell’accezione foucaultiana del termine, cioè come complesso testuale implicito, come direbbe Alessandro Dal Lago, che a priori regola l’interpretazione di un fenomeno.
IL LIBRO DI KATY HESSEL
In questo contesto l’interpretazione tenta di cogliere un’essenza ontologica che, pertanto, in una storia dell’arte senza uomini, Katy Hessel ha perseguito non solo nella ricerca di un’essenza, ma anche, ovviamente, nel rapporto tra arte ed esistenza delle artiste. L’autrice ha, infatti, slegato la questione dell’arte dal sentimento soggettivo, dal giudizio e dal gusto, per condurci alla conoscenza di un mondo, senza scopi “estetici” o simbolici, prediligendo la relazione tra linguaggi ed esistenze. L’analisi del linguaggio dell’arte delle donne rivela all’autrice una particolare immagine del mondo femminile, o meglio, il modo in cui questa immagine si manifesta e, di conseguenza, cosa questa immagine genera. L’esistenza di un linguaggio femminile, perciò, avvierebbe un processo interpretativo che nel tempo s’articola sino a formare i presupposti di una narrazione più generale; sicché, la scelta di Hessel di trattare la storia dell’arte senza gli uomini prescinde dal superamento delle definizioni e dei giudizi, e fonda una prospettiva e una modalità di riconoscimento dell’opera d’arte tipica del nostro contesto culturale.
ARTISTE, DONNE E FEMMINISMO
Questo libro è, infatti, il culmine di un processo celebrato già dalla scorsa Biennale di Venezia, una conquista che però rischia di rendere prosaica una secolare lotta di emancipazione, come dire, di storicizzarla per museificarla. Chateaubriand diceva, infatti, che “la rivoluzione era già compiuta quando scoppiò”, ciò a dire che se si leggesse questo libro come uno strumento di lotta si rimarrebbe delusi, ma si rivelerebbe un’ottima guida se lo utilizzassimo per orientarci nel presente. L’intreccio tra questione di genere e decolonizzazione, perno centrale nel discorso dell’arte attuale, viene dipanato nell’ultima parte del libro dando senso alle immagini e alla loro storia che man mano si fa sempre più nostra e che assume i connotati dello stile di un’epoca: quasi sempre figurativo e autoreferenziale, a volte sorprendente (la pittrice Flora Yukhnovich lo è sicuramente). L’articolazione che forma i presupposti della narrazione di Katy Hessel parte dall’incrocio tra stili e generi nelle varie epoche, per poi marcare la partecipazione e l’emancipazione delle donne nei movimenti d’avanguardia; infine, indaga il ruolo delle donne artiste nel “femminismo decoloniale”, per usare il termine caro a Fraçois Vergès, nel mondo contemporaneo.
Marcello Carriero
Katy Hessel – La storia dell’arte senza gli uomini
Einaudi, Torino 2023
Pagg. 512, € 35
ISBN 9788806256739
https://www.einaudi.it
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