Per la critica videoludica poche riviste hanno avuto rilevanza come Heterotopias di Gareth Damian Martin, una rivista digitale (e per un periodo testata online) incentrata sulle architetture dei mondi videoludici e sulla virtual photography, la fotografia praticata dentro i videogiochi stessi. Per assicurarne la preservazione, sempre a rischio con i media digitali, l’editore Lost in Cult ha di recente annunciato la pubblicazione dei suoi nove numeri in una serie di raccolte cartacee.
Per citare alcuni dei temi affrontati nei primi tre numeri della rivista, quelli presenti in questa prima raccolta firmata Lost in Cult, c’è la Shanghai di Kane & Lynch 2: Dog Days (2010) raccontata da riproduzioni digitali di fotografie analogiche scattate alla città digitale del videogioco con una Fujica STX-1 con obiettivo da 35mm. Ci sono i mondi della serie di Metroid messi a confronto con le geometrie dell’architettura brutalista. C’è uno studio sull’ideologia delle toilette videoludiche, partendo dal filosofo sloveno Slavoj Žižek.
HETEROTOPIAS DA FOUCAULT AI VIDEOGIOCHI
Il nome della rivista, Heterotopias, viene da un concetto teorizzato dal filosofo francese Michel Foucault: le eterotopie, gli altriluoghi, spazi che contemporaneamente rappresentano, rovesciano e contestano i normali spazi sociali. “Pensai che fosse esattamente quello che fanno gli spazi videoludici”, ci ha spiegato Damian Martin durante una videochiamata su Zoom. “Rappresentano gli spazi fisici ma insieme li contestano, li riscrivono, e li invertono, perché seguono altre regole, sottraggono agli spazi fisici le qualità proprie dello spazio. Ciò che definisce lo spazio fisico è che puoi starci dentro. Ciò che definisce lo spazio digitale è che non puoi”. È questa tensione perturbante a interessare Damian Martin. Gli spazi dei videogiochi rappresentano la nostra cultura e la nostra ideologia, raccontano come vediamo e come pensiamo che possano essere gli spazi fisici. Eppure non sono spazi: esistono solo nella nostra mente, sono più vicini al dominio del sogno che a quello dell’esperienza sensibile.
I TEMI DI HETEROTOPIAS
Heterotopias nasce nel 2017 da un’omonima rubrica che Damian Martin teneva sul sito della testata Kill Screen. “Realizzavo una ventina di foto di un certo spazio videoludico e scrivevo un testo che accompagnasse le immagini”. ha ricordato Damian Martin.
“Spiegavo quello che avevo notato, come lo spazio fosse organizzato, che relazioni avesse con concetti e movimenti artistici”. Questo modo di lavorare ha definito la formula di Heterotopias, formula che poi veniva reinterpretata anche in modi sperimentali dalle varie firme della rivista: “Uno spazio videoludico, la fotografia come strumento e la scrittura come riflessione successiva al processo fotografico”. Quando Kill Screen chiuse, Damian Martin contattò altre persone che scrivevano di videogiochi per commissionare articoli per una rivista che continuasse quel percorso. “Mi resi conto che quello che stavo facendo stava andando da qualche parte, era qualcosa che mancava nella critica e le persone mostravano interesse”.
Il tema di Heterotopias è, in un certo senso, la materialità dello spazio videoludico, o almeno quella materialità, quella superficie, che è possibile cogliere ed esplorare attraverso la fotografia. Damian Martin ricorda il saggio del 1859 The Stereoscope and the Stereograph di Oliver Wendell Holmes: “Gli esseri umani cacceranno ogni oggetto che sia curioso, bello, grandioso, come cacciano il bestiame nel sud America. Lo cacceranno per la sua pelle, e lasceranno indietro la carcassa che invece ha poco valore”. “E lo spazio videoludico”, nota, “è letteralmente solo la pelle”. L’interesse per la materialità, per il videogioco come oggetto, come software e come gioco, anche nella scoperta del perturbante che rompe la sospensione dell’incredulità, torna, seppur in altre forme, anche nella produzione di Damian Martin come game designer, in In Other Waters (uno dei migliori videogiochi del 2020 secondo Artribune) e Citizen Sleeper (2022, di cui Lost in Cult sta per pubblicare un artbook). Questi giochi non ci presentano mondi tridimensionali immersivi, non vogliono essere, dice Damian Martin, una “realtà virtuale totale”, e sono per questo piuttosto diversi da tanti di quelli raccontati su Heterotopias. Ci ricordano continuamente di essere, appunto, giochi, di essere software con cui interagiamo attraverso un’interfaccia.
“Con ‘Heterotopias’ volevo davvero svelare la materialità nascosta nella simulazione”, ha concluso Damian Martin. “Una città videoludica non è in alcun modo una città, non è un posto dove le persone vivono, lavorano e muoiono. È una serie di scatole in un computer. In che senso, allora, è una città? Questa era la domanda che mi interessava”.
La campagna di finanziamento per la prima raccolta di Heterotopias, con i primi tre numeri della rivista acquistabili singolarmente o insieme e un’edizione deluxe che include un volume di studi, si conclude il 13 giugno 2023.
Matteo Lupetti
https://www.lostincult.co.uk/heterotopias
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