Claudia Petrucci (Milano, 1990) si è laureata in Lettere moderne a Milano, dove ha lavorato come copywriter, web content editor e social media manager. Ora vive e lavora a Perth, Australia. Suoi racconti e reportage sono stati pubblicati su Cadillac, minima&moralia e altre riviste. Nel 2020 ha pubblicato il suo primo romanzo, L’esercizio, e nel 2023 Il cerchio perfetto, edito da Sellerio.
Intervista a Claudia Petrucci
Quali sono i tuoi riferimenti ispirazionali nell’arte?
I miei riferimenti non si traducono direttamente nella mia scrittura, sono come artefatti che mi permettono di respirare in quanto artista. Sono appassionata della letteratura di genere, in particolare della fantascienza. Uno dei miei punti di riferimento è sicuramente Stanislaw Lem, ma anche Primo Levi, con la sua raccolta di racconti Storie Naturali. Sempre nella letteratura, trovo ispirazione in autori come Clarice Lispector, Ingeborg Bachmann e, per la poesia, Gottfried Benn. Nel cinema e nel teatro, mi affascinano le opere di Charlie Kaufman, Andrej Tarkovskij, Christopher Nolan, Henrik Ibsen e Luigi Pirandello. Un altro costante punto di riferimento per me sono le Sacre Scritture, anche se in modo oscuro. Mentre scrivevo Il cerchio perfetto, mi sono ispirata a opere come L’incubo di Hill House di Shirley Jackson, Poema a fumetti di Dino Buzzati e La migliore offerta di Giuseppe Tornatore. Quatuor pour la fin du temps di Olivier Messiaen è un’altra fonte essenziale.
Qual è il progetto che ti rappresenta di più? Puoi raccontarci la sua genesi?
Il progetto che rappresenta al meglio la mia visione attuale è il mio ultimo romanzo, Il cerchio perfetto. In questo lavoro, credo di aver trovato un nuovo equilibrio nella scrittura, che ho vissuto in modo onesto e autentico. In questo romanzo si esplicita la mia devozione per la costruzione delle storie e le indagini metanarrative. La sua genesi è lo schizzo della planimetria della casa di via Saterna, che diventa il fulcro attorno al quale si sviluppa l’intera storia e i suoi personaggi. Inizialmente, ho disegnato questa villa che all’esterno sembra essere quadrata, ma all’interno rivela una pianta circolare.
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Che importanza ha per te il Genius Loci all’interno del tuo lavoro?
Come la protagonista Irene spiega nel romanzo, credo anche io nel Genius Loci come spirito del luogo e non solo. Trovo che anche nella mia scrittura si manifesti uno spirito innegabile e distintivo che riconosco e, in parte, subisco – descritto dai lettori come una sensazione di inquietudine di fondo, una pressione costante. Nell’arte il Genius Loci è un segno composito che dovrebbe rendere immediatamente riconoscibile la mano dell’autore, credo; qualcosa che trascende la pura tecnica.
Passato e futuro secondo Claudia Petrucci
Quanto è importante il passato per immaginare e costruire il futuro? Credi che il futuro possa avere un cuore antico?
Nel romanzo scrivo di un futuro molto prossimo che è però ancorato a una vicenda che si svolge nel passato e determina il presente dei protagonisti in uno svolgimento circolare. Per quanto mi riguarda il futuro a volte sembra una ripetizione con differenti connotati, ma credo questo sia dovuto alla tendenza – abbastanza caratteristica della mia generazione – di guardare al passato, quello della nostra infanzia tra fine Anni ’80 e gli Anni ‘90, prima degli attentati terroristici del 2001, con romantica nostalgia.
Quali consigli daresti a un giovane che voglia intraprendere la vostra strada?
È già stato detto da altri in modo più puntuale, ma in Italia non è così difficile pubblicare. Il mio suggerimento è di affrontare la scrittura con serietà e programmaticità, ma anche di pensare in modo originale, fuori dall’applicazione rigida dei riferimenti. Un’altra cosa importantissima che sento di consigliare è di studiare, di trovare un lavoro che possibilmente non abbia nulla a che fare con la scrittura, dal quale far dipendere la propria stabilità economica.
In un’epoca definita della post-verità, ha ancora importanza e forza il concetto di sacro?
Da bambina ho ricevuto un’educazione religiosa piuttosto rigida, a suo modo affascinante, che credo abbia segnato la mia comprensione del mondo da adulto. Nonostante io mi sia poi allontanata dagli aspetti specifici della dottrina, considero la mia educazione al sacro una parte fondamentale dell’individuo che sono e della mia percezione del mondo. Non rinuncerei alla stessa educazione, anche se potessi tornare indietro. Esiste un’inestimabile sacralità nel modo in cui viviamo e, soprattutto, nel modo in cui affrontiamo la morte e coltiviamo l’amore che permea la nostra esistenza. Il concetto di sacro, inteso non solo in senso religioso, è intrinseco in ognuno di noi.
Come immagini il futuro? Sapresti darci tre idee che secondo te guideranno i prossimi anni?
Intelligenza artificiale e machine learning, ecosostenibilità, il ritorno delle grandi migrazioni.
Ludovico Pratesi
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Ludovico Pratesi
Curatore e critico d'arte. Dal 2001 al 2017 è stato Direttore artistico del Centro Arti Visive Pescheria di Pesaro Direttore della Fondazione Guastalla per l'arte contemporanea. Direttore artistico dell’associazione Giovani Collezionisti. Professore di Didattica dell’arte all’Università IULM di Milano Direttore…