Che cosa significa il termine “queer” che da alcuni anni si sente pronunciare dappertutto? E in che modo le battaglie per i diritti della comunità LGBTQIA+ sono connesse con l’immaginario artistico contemporaneo? È da queste domande che gemma il nuovo volume della divulgatrice artistica e consulente Elisabetta Roncati Arte Queer. Corpi, segni, storie edito per i tipi di Rizzoli e in libreria dal 26 settembre. Il libro, che vuole essere di facile lettura, procede spiegando alcuni vocaboli del lessico di genere per poi raccontare il percorso di artiste e artisti che hanno messo al centro della propria opera temi connessi all’identità di genere e all’orientamento sessuale. A questa introduzione seguono 50 schede monografiche con i profili più importanti di autori e autrici occupatisi di arte queer, da Ambrosia e Monica Bonvicini a Zanele Muholi a Tourmaline, passando per Amanda Ba e Gilbert & George.
Due parole con Elisabetta Roncati sul nuovo libro Arte Queer
Digital content creator, consulente artistica e scrittrice, Elisabetta Roncati è il volto e la mente dietro l’apprezzato profilo social Art Nomade Milan, con cui punta ad avvicinare le persone all’arte in maniera chiara, facilmente comprensibile e professionale. Le abbiamo chiesto di raccontarci la genesi e le motivazioni profonde dietro il nuovo scritto.
Un volume necessario e urgente: da cosa è scaturita la volontà di realizzare questo libro?
Come spiego nella postfazione, tutto nasce da un’esigenza interiore collegata a una lunga e poco piacevole esperienza personale da cui, fortunatamente, mi sono allontanata. In quei momenti di difficoltà ho trovato nella comunità LGBTQIA+, in particolare nel CIG Arcigay Milano, un porto sicuro dove sentirmi accolta e compresa. Ovviamente non basta il senso di comunanza per comprendere il dolore e le vicissitudini altrui: ho cominciato a informarmi, a studiare, ma soprattutto a vivere a stretto contatto con persone che mi hanno fatto comprendere la necessità e l’urgenza di un tal tipo di pubblicazione in Italia. Ho così pensato di usare gli strumenti della divulgazione per rendere tutto ciò possibile. Ti sembrerà strano che le premesse del libro siano state inserite alla fine: ho preferito che il lato personale, il “gossip”, non rubasse la scena a una tematica che merita davvero di essere protagonista specie nel nostro Paese.
Come hai scelto i testi di riferimento e/o gli interlocutori di settore per analizzare il tema?
In realtà la ricerca scientifica alla base della pubblicazione è iniziata anni fa e non è stato assolutamente facile reperire materiale in lingua italiana a riguardo. Una volta terminato il progetto mi sono accorta di come “Arte Queer. Corpi, segni, storie” sia il primo manuale di questo tipo nel nostro Paese. Infatti, tutta la ricerca in merito all’arte visiva è stata supportata da pubblicazioni prevalentemente in inglese. Per quanto attiene, invece, i vocaboli mi sono basata su alcune pubblicazioni di Vera Gheno. Come noterete ho preferito introdurre il simbolo “schwa” per ovviare ai generi dei termini. La carenza di materiali in lingua italiana è stata compensata anche da informazioni tratte dal web, vagliate molto attentamente. Infine, per la scelta degli artist* un altro elemento utilissimo è stato il passaparola tra creativ* aventi una poetica assimilabile.
Qual è il tuo pubblico d’elezione con questo volume?
Sicuramente un pubblico il più ampio possibile. Questo viene definito un “anti-manuale” in quanto parla in maniera semplice e diretta non solo ai lettori avvezzi al mondo dell’arte o alle tematiche della comunità LGBTQIA+. Lo si nota sia dalla prefazione, in cui vengono spiegati i principali termini afferenti al mondo della queerness, che dal prosieguo in cui si traccia un breve percorso all’interno della storia dell’arte. Ci sono poi 50 schede di creativi contemporanei e ultra contemporanei che fanno delle tematiche di genere una delle basi principali della loro poetica. Ogni profilo è preceduto da un elenco dei luoghi istituzionali, aperti al pubblico, in cui poter vedere dal vivo alcune delle creazioni. Il concetto chiave è che la lettura del volume possa garantire tutti gli strumenti necessari per formarsi una propria opinione in merito all’argomento trattato.
Quali sono i profili più interessanti tra le artiste e gli artisti che si occupano di tematiche queer?
In realtà ognuno dei soggetti inseriti nel libro è interessante: ci sono artist* più not*, che il grande pubblico conosce grazie al trait d’union con la moda e, in particolare, con alcune campagne pubblicitarie trasmesse in tv; altr* creativ* hanno alle spalle un’esperienza di migrazione dal Paese di origine, dopo aver espresso pubblicamente la propria opinione in merito a questioni legate ai diritti civili. Man mano che ho approfondito gli studi nel campo sono incorsa in molte figure artistiche degno di nota tra cui: Ruben Montini, Kubra Khademi, Christina Quarles, Alireza Shojajan. Ammetto di scoprirne sempre di nuove grazie ad articoli di giornale, passaparola tra artist* e gallerie, mostre internazionali.
Quali le recenti mostre più indovinate?
Indubbiamente la collettiva “Habibi, les révolutions de l’amour”, che si è tenuta dal 2 settembre 2022 al 19 marzo 2023 all’Institut du Monde Arab di Parigi. Una ricognizione di autori ed autrici medio orientali afferenti alla comunità LGBTQIA+. In alcune nazioni mondiali esprimere pubblicamente le proprie opinioni è oltremodo rischioso: la ricerca alla base di questa esposizione è stata il punto di partenza di molte riflessioni che ho inserito nel libro e, visto che mi occupo molto spesso di arte extraeuropea, non poteva essere altrimenti. Venendo, invece, a tempi a noi più prossimi è in corso fino all’11 febbraio 2024 alla Kunsthalle di Nürnberg in Germania la mostra “Who’s Afraid Of Stardust? Positions of Contemporary Queer Art”. Sono esposte opere di 30 artisti che affrontano aspetti della vita queer e quindi apportano un contributo sostanziale all’attuale dibattito sulla diversità con le loro prospettive individuali sulle strutture di potere sociale.
Come si combina la divulgazione tradizionale con il tuo lavoro di content creation su Art Nomade Milan?
Si compenetrano perfettamente: la creazione di contenuti per i social media mi ha allenata all’utilizzo di un linguaggio semplice e diretto con cui arrivare al grande pubblico, senza perdere di rigore scientifico e precisione. Di contralto, la divulgazione “tradizionale”, tra presenza in tv sul canale 264 DT dove consiglio mostre e luoghi d’arte, radio, articoli su riviste di settore e ovviamente il libro appena uscito con Rizzoli, mi permette di avere quel minimo di autorevolezza in più che ancora molte persone non attribuiscono alla comunicazione che avviene tramite i social media.
Giulia Giaume
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