E se la visione del mondo che abbiamo assorbito e imparato dai grandi pensatori dell’umanità non fosse che una versione astratta e dicotomica del mondo, non più utile e non più buona? E se scandagliare l’esistente con i soli concetti di Bene e Male, come propugnato da infinite generazioni di filosofi e artisti, avesse limitato l’immaginazione dell’umanità attraverso i secoli fino a portarci a un conflitto inevitabile e infinito? È dalla messa in discussione dei presupposti del pensiero moderno che gemma il nuovo libro della filosofa e scrittrice Annarosa Buttarelli BENE E MALE SOTTOSOPRA. La rivoluzione delle filosofe,uscito in libreria l’8 novembre per Edizioni Tlon. L’autrice – giornalista e docente dell’Università di Verona, nonché co-fondatrice di Festivaletteratura – ha deciso di sfidare le tradizionali convenzioni di lettura del mondo con l’aiuto di grandissime pensatrici, poetesse, autrici come Flannery O’Connor, Maria Zambrano, ma anche Hannah Arendt, Iris Murdoch, Françoise Dolto.
La visione delle filosofe come contraltare di un’approssimazione morale. Il libro di Annarosa Buttarelli
C’è poco da fare: rileggendo la storia dell’umanità e vedendo come si ripete, inesorabile, emerge con una forza innegabile l’inefficacia dei sistemi filosofici, intellettuali e culturali nel fronteggiare l’emergere della violenza e della prevaricazione. Eppure un’alternativa a questa visione che fa dell’altro una costante minaccia alla nostra identità c’è, e c’è sempre stata: “Per quale ragione le pensatrici di tutti i tempi non sono state ascoltate, né dai filosofi accademici né dalla cultura di superficie, nonostante abbiano indagato bene e male con esiti sorprendenti e, se fossero stati recepiti, chiaramente risolutivi?”. Questa la domanda che ha accompagnato e tormentato l’autrice, e che l’ha spinta a raccogliere in un unico testo – primo atto di una collana, contro tempo, che fa il “contropelo” al pensiero corrente – le straordinarie visioni delle figure più rivoluzionarie del nostro tempo e non solo, e i loro suggerimenti verso pratiche di comportamento in cui la “cura” si pone al centro delle relazioni umane.
Bene e male sottosopra. Intervista all’autrice Annarosa Buttarelli
Si può dire che questo volume nasce da una delusione e una sorpresa, cioè che i pensieri femminili siano stati lungamente ignorati nonostante l’assenza di una alternativa funzionale?
Certamente, la domanda è autentica. Cercando posizioni divergenti rispetto a quelle di potere e dominio, anche culturale, ho visto che in tutti i tempi della storia cosiddetta occidentale le pensatrici, le filosofe, le poetesse, tutte queste donne hanno intuito che le cose che venivano create dalla cultura dominante, o patriarcale, erano sbagliate e poggiavano su basi che avrebbero prodotto conseguenze disastrose, soprattutto a forza di continuare a pensare in astratto le cose della vita quotidiana. Un’intuizione che Nietzsche sviluppa a suo modo, togliendo a sua volta tutte le maiuscole ai grossi concetti della morale o dell’estetica. Di questa cosa le donne se ne sono accorte subito: il pensiero maschile si è diretto sempre più in una direzione dicotomica, contraria a una realtà fatta di differenze e contraddizioni e di molteplici livelli che non si possono mai ridurre a uno, e nemmeno a sistema. Nei due millenni che ci precedono il pensiero a dominanza maschile ha costruito la realtà in modo dicotomico, rendendo tutto astratto: se di fronte all’altro bisogna sempre creare identificazione – e così è sempre nella politica e nella filosofia maschile – allora l’altro da noi è da eliminare. Mi sono chiesta a lungo come mai anche i pensatori di buona volontà non si siano mai accorti degli avvisi che avrebbero evitato, per esempio, le carneficine in corso, che sono dovute anche a questa forma della mente “spaccata in due”.
Perché è fondamentale dismettere i concetti di bene e male per pensare e parlare del mondo?
Tre sono le cose che rovinano il mondo: la prima è l’incapacità di relazionarsi con una alterità differente e riconoscere una dignità di esistenza nel differente. La seconda è la misoginia inconscia, che ancora adesso crea un ostracismo del tutto radicale contro il pensiero delle donne, anche se più elevato o compassionevole: c’è una radice antichissima secondo cui le distinzioni che le donne sono in grado di fare (pensiamo a Eva) fanno star male gli uomini più dicotomici, e questo nutre una misoginia non sradicabile. Questi uomini vogliono allontanare la tentazione del “vedere”, che a volte non hanno proprio e a volte invece conoscono: vediamo Oppenheimer, un uomo che aveva dentro di sé l’alternativa alla propria scelta, ma che si è limitato a dubitare. Anche tanti filosofi messi in contraddizione dalla realtà concreta hanno negato quel reale, perché sarebbe una rivoluzione mentale talmente forte che non saprebbero proprio come organizzare il proprio pensiero in una forma differente. Cosa, tra l’altro, che si traduce nell’esilio delle donne dalle zone della cultura, come l’università. E qui arriviamo alla terzo elemento che rovina il mondo, cioè l’incapacità di accettare la realtà come essa è, perché troppo doloroso. A questo la mente filosofica maschile reagisce inventando l’astratto, il Bene e il Male assoluto, come anche il Dio onnipotente. Tutte cose che nella realtà non si riscontrano assolutamente.
In che modo l’occhio delle filosofe può offrire una prospettiva meno banale e più reale?
Un tema che voglio sviluppare per dare una risposta complessa in questo campo riguarda quello che noi chiamiamo “realismo femminile”. Esiste una forma di realismo diverso dal positivismo scientifico (che possiamo chiamare “materialismo radicale”): si tratta di una “metafisica sperimentale” come pensata da Stein o Zambrano. Anche detta “pensiero dell’esperienza”, è una teoria che si basa sul quotidiano, invece del contrario. Ci sono dei filoni di studio che possiamo indagare dove si scopre una forma di realismo che non nega la trascendenza – come nella mistica di Lonzi – ma rifiuta gli assoluti, cioè le cose “con la lettera maiuscola”.
Le donne sono ancora destinate a essere delle Cassandre, o un maggiore spazio di fiducia e ascolto è alle porte?
Io dico che è possibile creare degli spazi di mutuo ascolto: a fronte di tanto male che aspetta di essere ascoltato, d’altra parte ci sono libri come questo che vengono accolti e sostenuti. Ci vorrebbe un più ampio sostegno della cultura e dei media rispetto a queste posizioni, ma abbiamo dei segnali positivi. La riedizione di Carla Lonzi, per esempio, ha avuto un enorme successo: cosa produrrà? Noi ci stiamo provando, ma bisognerebbe allo stesso tempo che molte donne chiamassero i loro interlocutori a confrontarsi con queste opere perché oggi qualche elemento di trasformazione si potesse vedere.
Quindi questo volume è un appello alle donne?
Sicuramente è da intendere così.
Giulia Giaume
AQUISTA QUI il libro Bene e male sottosopra. La rivoluzione delle filosofe di Annarosa Buttarelli
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