Storia del Corriere dei Piccoli e quindi della nascita del fumetto italiano
Se oggi il fumetto è un linguaggio tanto apprezzato da un pubblico trasversale per interessi ed età, il merito è anche delle pionieristiche pubblicazioni che hanno saputo divulgare la nona arte. Scopriamo la storia dell'araldo di queste riviste
Il fumetto in Italia arriva più o meno negli anni delle primissime avanguardie, in un crogiolo creativo che avrebbe presto stemperato le sue pretese artistiche per il precipitare degli eventi politici. Il primo progetto per una pubblicazione dedicata ai fumetti risale al 1906, su impulso di Paola Lombroso Carrara, figlia del più celebre Cesare, famoso per le sue tesi pseudoscientifiche legate alla frenologia. Oggi Cesare Lombroso è noto per essere stato tra i primi studiosi ad aver cercato di dare una credibilità scientifica e oggettiva alla nuova disciplina della criminologia; dalle sue ricerche origina l’aggettivo “lombrosiano” per descrivere le fattezze estetiche arcaiche che, secondo la definizione della Treccani, “sembrano rivelare nei caratteri somatici una presunta degenerazione morale”.
Paola condivideva gli interessi antropologici del padre, e si impegnò per utilizzare il nuovo linguaggio artistico del fumetto per diffondere tra bambini e adolescenti le medesime teorie. Decise così di rivolgersi al direttore del Corriere della Sera, Luigi Albertini, chiedendogli di realizzare un giornalino illustrato per i più giovani. L’idea piacque, anche se per la direzione fu scelto Silvio Spaventa Filippi.
La nascita del Corriere dei Piccoli
Il primo numero della neonata rivista a fumetti, intitolata Corriere dei Piccoli, esce in edicola il 27 dicembre 1908, con una tiratura di 80mila copie. Per Paola Lombroso viene ritagliato, dopo un intenso arbitrato condotto pare da Filippo Turati, uno spazio peculiare: la giornalista sarà incaricata di gestire la rubrica della corrispondenza con i lettori, in forma anonima e sotto lo pseudonimo di “Zia Mariù”.
La collaborazione con Lombroso viene però messa a dura prova dai toni accondiscendenti utilizzati dalle pubblicazioni del gruppo Rizzoli nei confronti della goffa e infelice disavventura coloniale italiana. L’intellettuale lascerà il Corriere dei Piccoli nel 1912 in totale disaccordo con la narrazione ideologica a favore dell’invasione della Libia. Un gran peccato e un’enorme perdita per tutta l’editoria italiana: immaginiamo un universo parallelo in cui la Lombroso avrebbe diretto il Corriere dei Piccoli senza influenze esterne, apportando un’inedita sensibilità moderna in un’Italia reazionaria dai valori quasi del tutto obsoleti anche nel contesto di inizio Novecento.
Chi era Paola Lombroso Carrara
Si può ben dire che Paola Lombroso Carrara era ben più avanti rispetto a molti colleghi del suo tempo: da sempre impegnata contro l’analfabetismo, negli anni seguenti si dedicò con vigore alla creazione di “bibliotechine rurali” per diffondere la cultura. Suo marito Mario Carrara, anch’egli fervente antifascista, fu epurato dall’università italiana per via del suo rifiuto di firmare il giuramento di fedeltà al partito. A Mario Carrara è oggi dedicato un grande parco a Torino e anche Paola Lombroso si meriterebbe senza dubbio una statua!
L’esordio di Bilbolbul al Corriere di Piccoli
Al Corriere dei Piccoli la direzione di Silvio Spaventa Filippi si dimostra comunque decisamente all’altezza, e trovano così spazio in edicola le prime creazioni a fumetti italiane. Il primo personaggio è Bilbolbul di Attilio Mussino, una figura da leggere secondo l’ottica e la mentalità di quegli anni per essere del tutto compresa. In copertina il primo numero ospitava una tavola di Buster Brown – ribattezzata in italiano Mimmo – creata da Richard Felton Outcault, autore anche del fantastico Yellow Kid. L’editoriale di Spaventa Filippi, non privo di un certo paternalismo, si intitolava Come fu e come non fu, ed esortava il giovane lettore a vantarsi di aver anche lui un giornale con cui atteggiarsi ad adulto. Di ben più elevata levatura sia artistica che intellettuale è invece quello che possiamo ritenere a buona ragione il primo, vero fumetto italiano pienamente riuscito. Si tratta di Quadratino di Antonio Rubino, un delizioso gioco matematico-geometrico evidentemente ispirato al geniale romanzo Flatlandia del 1884 di Edwin A. Abbott.
Quadratino nacque nel 1909, l’anno del Manifesto del Futurismo di Filippo Tommaso Marinetti e l’anno precedente alle prime sperimentazioni astratte e geometriche di Vasilij Vasilevic Kandinskij. Già con il suo primo fumetto intitolato La tragica storia del triangolo e del quadrato, Rubino evidenzia le potenzialità della logica e della matematica. Così, attraverso gli occhi del tenero Quadratino, andiamo alla scoperta della sua famiglia, composta da Mamma Geometria, Nonna Matematica, Zia Algebra e dalla tutrice Trigonometria. Rubino aveva inoltre già creato nel 1909 il personaggio di Pierino, mentre al 1917 risale la creazione di un personaggio estremamente iconico, entrato nell’immaginario comune degli italiani: il Signor Bonaventura, ideato da Sergio Tofano e pubblicato fino al 1978.
L’esordio di Jacovitti
Nel dopoguerra, dopo la momentanea trasformazione in Giornale dei Piccoli, il Corriere torna in edicola con un entusiastico editoriale dall’inequivocabile titolo: Sbalilliamoci! sancisce l’adesione alla nuova fase democratica del Paese. Giunge l’epoca paludata e austera del direttore Giovanni Mosca, che Luca Boschi in una edizione critica di Tutto Jacovitti del 2007 definì in maniera colorata una sorta di “hater dei fumetti”.
Con gli Anni Sessanta arriva alla direzione Guglielmo Zucconi, ben più aperto e felice di schiudere le pagine alla sperimentazione narrativa. Gli anni del boom economico, infatti, vedranno all’opera grandi talenti come Jacovitti. Il fumettista “lisca di pesce” esordisce sul Corriere dei Piccoli nel 1968 con il memorabile “reboot” dal titolo Cocco Bill fa 7+. L’arrivo di un autore così rivoluzionario viene registrato come un terremoto nella rubrica della posta. Un leggendario Parliamo del C.d.P. del numero 21 del 26 maggio 1968, in piena corrispondenza con il “Maggio francese”, è l’esempio più limpido delle tensioni sociali in atto, con lettori che prendono carta e penna per protestare contro la poetica jacovittiana. Il Corriere dei Piccoli è – a loro avviso – reo del crimine di prendere atto dell’inevitabile scorrere del tempo.
Gli ultimi anni del Corriere dei Piccoli
Oltre a Jacovitti trovano spazio sulle pagine del Corriere di quegli anni le opere di Grazia Nidasio con Valentina Mela Verde, e Hugo Pratt, con il suo nostalgico capolavoro Una ballata del mare salato. Negli Anni Sessanta, il Corriere dei Piccoli brucia ogni record e giunge a vendere persino 700mila copie, dovute, secondo l’allora direttore Guglielmo Zucconi (padre del giornalista Vittorio) a una forte influenza che costrinse i pargoli a casa. D’altra parte, la noia si sconfigge a colpi di fantasia!
La pubblicazione termina il suo longevo ciclo vitale nel 1995, in un Italia ormai profondamente diversa da quella in cui il Corriere dei Piccoli era nato ben 87 anni prima. Vennero pubblicati in totale 4504 numeri, un vero e proprio record. Ancora oggi personaggi come la Pimpa di Altan servono a ricordare quanto quella pubblicazione sia stata fondamentale per la formazione creativa di innumerevoli generazioni di italiani.
Thomas Villa
(Ringraziamo la Fundación Cine+Comics di Santa Cruz de Tenerife, Islas Canarias, per il supporto nella realizzazione di questo servizio)
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