In un libro racchiusi 40 anni di pensieri di Louis Kahn sull’architettura
“Mi sto rendendo definitivamente conto che l'architettura dell'Italia resterà la fonte d'ispirazione per i lavori futuri”, scrive Louis Kahn durante il soggiorno all'American Academy a Roma. È una delle riflessioni sull’architettura riunite in un recente volume dedicato al progettista
Quasi contemporaneamente due giovani studiosi – Federica Visconti a Napoli e Marco Falsetti a Roma – propongono testi che trattano di Louis Kahn (1901-1974). Il progettista lituano, precursore del Postmoderno, recupera la grandiosità dell’architettura del passato, la sua monumentalità per realizzare opere di grande significato espressivo che attestano la meditata creazione di spazi. Visconti focalizza il suo ragionamento su Lo spazio al centro in Kahn e illustra le magnifiche opere che esaltano la pianta centrale: è il caso della Hurva Synagogue (1968), a Gerusalemme, purtroppo non realizzata, un’architettura capace di evocare i castelli medievali con la cinta muraria e le torri. Ma anche la National Assembly di Sher-e-Banglanagar (1962-83), a Dacca, nella quale sono ampi i riferimenti alla storia. A questo proposito scrive: “Se guardate le Terme di Caracalla noterete che il soffitto svetta fino a 45 metri. Per i Romani costruire uno spazio del genere è stata una straordinaria consapevolezza. Ben oltre la funzione”.
I pensieri sull’architettura e sull’Italia di Louis Kahn
Falsetti ci consegna una raccolta degli scritti del grande progettista, molti dei quali inediti in Italia. Iniziano nel 1931 e si concludono nel 1974 e si devono alle più diverse occasioni: sono stati pubblicati su note riviste d’architettura o predisposti per conferenze e incontri con studenti. Svelano la sua filosofia progettuale e si misurano con l’origine dell’architettura per giungere alle nozioni di Forma, Ordine e Consapevolezza. Narrano anche episodi ignoti, ad iniziare dai ricordi dell’infanzia: l’amore per il disegno, l’incidente che lo ha sfigurato, tra gli altri. Di particolare importanza quelli dedicati alle istituzioni nate grazie al New Deal e dal bisogno di “un’armatura civica in grado di sostenere e promuovere lo sviluppo della popolazione”. Rappresentano uno degli aspetti essenziali delle sue riflessioni e si devono anche alle esperienze fatte nel viaggio compiuto tra il 1950 e il 1951 nei paesi del Mediterraneo. Suggestivo l’approccio a Piazza dei Miracoli a Pisa; importante il soggiorno a Roma, all’American Academy, perché apre una nuova fase dell’esperienza professionale. A proposito scrive: “Mi sto rendendo definitivamente conto che l’architettura dell’Italia resterà la fonte d’ispirazione per i lavori futuri, chi non la vede in questo modo dovrebbe osservarla un’altra volta. Le nostre cose sembrano piccole a confronto: qui tutte le forme pure sono state sperimentate in tutte le varianti dell’architettura…”.
L’impatto del Parlamento di Dacca in Italia
Sfogliando il piccolo volume per fermare lo sguardo sulle immagini sparse tra le pagine, nella memoria affiorano i miei primi anni nella facoltà di architettura a Valle Giulia. Si mantenevano ancora in vita gli stilemi del Movimento Moderno, privati dello smalto dall’International style, quando apparve, come una visione, il famoso numero di Controspazio. Metteva in copertina, tra canne di bambù che sostituivano i tubi Innocenti, il cantiere per la realizzazione del Parlamento del Bangladesh a Dacca. Profonda l’emozione provata per quella immagine capace di evocare, con il grande oculo che forava la parete di cemento, la magnifica incisione del Piranesi per i ponti romani. Ci permise di comprendere cosa intendeva Kahn con la frase “Il passato come amico”: Il ritorno dell’architettura a un’essenzialità in grado di suscitare emozioni. Con la consapevolezza che “la meraviglia è quello che motiva la conoscenza”. Infatti, alla domanda di cosa sia l’architettura rispondeva: “la meditata creazione di spazi che riflettono sul grande evento di quando le pareti si divisero e apparvero le colonne”. Nel suo lavoro tornano gli archi e le colonne che rinviano alla polemica nei primi anni Trenta tra Ojetti e Piacentini. Torna il mattone, prima che Botta lo riesumasse in una costruzione nel centro storico di Lugano. Kahn scrive a proposito: “Qualche giorno fa ero a Bruges; mi ha commosso il modo in cui l’uomo ha mescolato pietra e mattoni… l’unione di questi due materiali assomiglia a un dialogo tra gli esseri umani e il mondo naturale”.
Il ruolo di Kahn nella storia dell’architettura
Attraverso gli schizzi essenziali e profetici ci annuncia un mondo sospeso nella storia, una teoria critica che va alla ricerca dell’origine dell’atto fondativo dove l’idea si trasforma in corpo e sostanza spirituale. Insomma, con Kahn si chiudeva un’epoca per aprirne un’altra capace di esprimere il valore del passato e una visione del mondo in grado di individuare la giusta collocazione nella società delle istituzioni. Portoghesi nota a proposito che nella sua opera si trova, oltre alla fiducia in queste, la capacità di interrogarsi e di dare risposte in sintonia con le necessità del nostro tempo.
Mario Pisani
Louis I. Kahn – Pensieri sull’architettura. Scritti 1931-1974 (a cura di Marco Falsetti),
Giulio Einaudi Editore, Torino 2023,
Pagg. 376, € 27,00
ISBN 9788806260774
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