Per Gabriele D’Annunzio era l’unica poetessa d’Italia, mentre lei stessa si definiva “un oggetto di lusso”. Spregiudicata e ribelle, è stata una delle voci più libere della letteratura italiana del primo Novecento, amante di personaggi come Guido Gozzano e Dino Segre, in arte Pitigrilli. Amalia Guglielminetti (Torino, 1881-1941) era figlia di Pietro Guglielminetti e Felicita Lavezzato: la famiglia aveva una piccola industria di oggetti in legno tra i quali la borraccia, inventata dal bisnonno Pietro, che riforniva il Regio Esercito.
Gli esordi di Amalia Guglielmetti
Quando Amalia aveva cinque anni morì suo padre: a quel punto, sua madre con i suoi quattro figli si trasferì a vivere dal nonno Lorenzo, descritto da Amalia come “vecchio parsimonioso industriale, rigido clericale e severo custode del focolare domestico”. Dopo un’educazione presso scuole religiose, cominciò a collaborare nel 1901 con la Gazzetta del Popolo, scrivendo versi di carattere ancora scolastico, pubblicati due anni dopo nella raccolta Le voci della giovinezza, passata del tutto inosservata.
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Il successo e il rapporto con Guido Gozzano
Questo non accadde invece per l’opera successiva, Le vergini folli, che la poetessa aveva mandato in lettura ad Arturo Graf, ricevendo come risposta una lettera di elogi, dove la raccolta veniva definita “una collana preziosissima di versi belli e nuovi”. Pubblicata nel 1907, suscitò le lodi di Dino Mantovani, che su La Stampa collocò Amalia tra Gaspara Stampa e Saffo. Anche Guido Gozzano si espresse con parole di elogio, sostenendo che la poetessa “conduceva il lettore attraverso i gironi di quell’inferno luminoso che si chiama verginità”. Amalia cominciò con il poeta una relazione sentimentale molto burrascosa anche se vissuta in maniera libera e anticonformista, secondo il modello della “donna fatale”, l’unico nel quale si riconosceva. “Le donne in genere non mʼinteressano” scrisse a Sibilla Aleramo “perché le convenienze le hanno tracciate tutte quante – o quasi – col compasso, come figure geometriche”.
La prosa e le controversie di Amalia Guglielmetti
Alla fine del rapporto con Gozzano sembrò che la sua vena poetica si fosse prosciugata. Nel 1913 pubblicò la sua prima opera in prosa, I volti dell’amore, seguita da altri scritti, come Anime allo specchio, Le ore inutili, La porta della gioia e il romanzo Gli occhi cerchiati d’azzurro. In quel periodo incontrò Dino Segre – in arte Pitigrilli – che aveva dodici anni meno di lei, con il quale cominciò un rapporto passionale e complesso, terminato in tribunale con un processo. Anche la pubblicazione del romanzo La rivincita del maschio, uscito nel 1923, procurò all’autrice molti problemi, che proseguirono tra denunce, calunnie e querele.
Gli ultimi anni di Amalia Guglielmetti
Nel 1935 la Guglielminetti si trasferì a Roma per due anni, senza però ottenere l’attenzione sperata: dopo il rientro nella città natale condusse una vita appartata fino alla morte, provocata da setticemia, in seguito ad una caduta sulle scale di un rifugio antiaereo, durante un bombardamento. Prima di morire Amalia aveva redatto il suo testamento, dove era prevista una tomba piramidale, con l’iscrizione “Essa è pur sempre quella che va sola”.
Ludovico Pratesi
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Ludovico Pratesi
Curatore e critico d'arte. Dal 2001 al 2017 è stato Direttore artistico del Centro Arti Visive Pescheria di Pesaro Direttore della Fondazione Guastalla per l'arte contemporanea. Direttore artistico dell’associazione Giovani Collezionisti. Professore di Didattica dell’arte all’Università IULM di Milano Direttore…