L’anno di Giorgio Vasari. 450 anni dalla morte dell’autore de Le Vite
Fulcro delle celebrazioni è Arezzo, città natale dell’artista, dove si tengono e terranno diverse iniziative dedicate al talento colto e cortigiano del pittore e architetto toscano che ha cambiato la storia dell’arte. Eppure, a Firenze, agli Uffizi, la sua memoria non è stata coltivata
Quest’anno si celebra Giorgio Vasari. Ogni anno, ogni istante lo si dovrebbe fare, visto il grande debito che abbiamo con lui, ma quest’anno c’è un motivo in più per farlo: cadono i 450 anni dalla sua morte e questo, nel Paese dove fioriscono quei carrozzoni noti come “comitati nazionali”, assume un’importanza particolare. Fulcro delle celebrazioni è Arezzo, città natale dell’artista, dove si tengono e terranno diverse iniziative e mostre, in particolare quella dal titolo Giorgio Vasari. Il teatro delle Virtù, curata da Cristina Acidini con la collaborazione di Alessandra Baroni, che aprirà i battenti a ottobre.
Chi era Giorgio Vasari
Ma i luoghi dove apprezzare il talento colto e cortigiano di Vasari sono molteplici: da quelli cui viene più spontaneo pensare (Firenze, innanzitutto) a Roma, che conserva tracce importanti dei passaggi dell’aretino (dalla Sala dei Cento Giorni nel Palazzo della Cancelleria alla Cappella di San Pietro Martire nei Palazzi Vaticani, forse non adeguatamente valorizzata, sinora, nel percorso espositivo del complesso), a Napoli, con la fastosa sagrestia di Sant’Anna dei Lombardi. Oppure un angolo meno noto, perso nelle campagne tra Lombardia e Piemonte: il convento di Santa Croce a Bosco Marengo, voluto da papa Pio V, per la cui chiesa Vasari ideò una grandiosa macchina d’altare in forma di arco di trionfo della Controriforma, poi smantellata, ma di cui restano, in chiesa o nell’annesso museo, quasi tutti i pezzi. Un’iniezione di manierismo tosco-romano in piena Pianura Padana che, assieme ad altri episodi di notevole interesse, viene illustrata nella bella mostra Alessandria Preziosa, in corso fino al 6 ottobre nella cittadina piemontese, a Palazzo Monferrato.
Le Vite del Vasari
A Bosco Vasari, coadiuvato, certo, da una schiera di eccellenti collaboratori, si rivela grande pittore: egli non fu solo sommo architetto (gli Uffizi e il Corridoio, o la facciata del Palazzo dei Cavalieri a Pisa, strappano l’ammirazione di tutti) e fondamentale biografo, cui si devono non solo un’infinità di notizie, ma l’impianto storiografico che ha sorretto per secoli la ricostruzione della storia dell’arte italiana. Pur con tutti questi meriti, Vasari si è da sempre attirato una gragnuola di critiche, talvolta giustificate, più spesso ingenerose: già a partire dal Seicento in molti lo attaccarono per la sua impostazione fiorentinocentrica e per il primato indiscusso da lui assegnato a Michelangelo. Le critiche serpeggiano ancora oggi: per i tanti errori inseriti nelle Vite (ma raccogliere e verificare le informazioni non era certo semplice, all’epoca), per i pareri spesso sferzanti che Vasari riserva all’arte medievale (però non la vede come un blocco indistinto e anzi esalta la “prima età” di Cimabue e Giotto come momento di avvio di quella grande riscossa che porta poi al Rinascimento maturo), per il giudizio riduttivo nei confronti della sublime tradizione pittorica veneta (è vero, Vasari non si lascia conquistare dagli storici ‘nemici’, però non mancano grandi apprezzamenti e acute osservazioni in merito ad artisti quali Giorgione e Tiziano).
L’Auditorium fiorentino degli Uffizi e la memoria vasariana
Ma insomma, le critiche ci stanno. Male, purché se ne parli, purché l’artista e biografo non scompaia dai radar nostri e delle generazioni più giovani. Desta molto maggiore sconcerto quello che è avvenuto a Firenze qualche mese fa: a metà febbraio l’auditorium degli Uffizi, che a Vasari era stato dedicato soltanto sei anni prima, è stato ri-dedicato dai direttori uscente e entrante Schmidt e Verde ad Antonio Paolucci, scomparso da pochi giorni. Paolucci è stato una figura importante della storia dell’arte e della tutela, ma forse si poteva ponderare un po’ meglio il modo di ricordarlo, senza nuocere alla memoria vasariana proprio nell’anno delle celebrazioni in onore dell’artista e all’interno del meraviglioso edificio che proprio il genio di Vasari ha ideato. Probabilmente nemmeno lo stesso Paolucci, autore di diversi contributi su messer Giorgio, avrebbe approvato questa decisione.
Fabrizio Federici
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