È inevitabile, conoscendo l’opera di Carlo Emilio Gadda (Milano, 1893 – Roma, 1973) raccogliere tracce e brani di descrizioni e scenari che tradiscono un attentissimo sguardo alle arti visive. Quasi un’ossessione. Eppure, questo stretto rapporto non è stato oggetto di studio specifico e contestuale, una lacuna che ora viene colmata dal nuovo saggio della critica, curatrice e professoressa Eloisa Morra, La lente di Gadda, uscito il 17 settembre per Electa. Un testo, questo, che mostra quanto fondamentale sia stata l’arte per l’ingegnere-romanziere, che ad essa si ispirò per modellare, ancora prima di una scrittura, un pensiero. E farne discendere inevitabilmente personaggi, descrizioni e situazioni.
La lente di Gadda, un saggio sull’autore e l’iconografia
Il volume, corredato da un utile apparato iconografico, indaga le ispirazioni e i riferimenti figurativi che fanno di continuo capolino nella foltissima produzione narrativa di Gadda, cosa che diventa ancora più evidente quando si legge la sua opera da un punto di vista della rappresentazione dei luoghi, tra architetture e paesaggio.
Inserendosi un po’ nel trend degli “scrittori in mostra” La lente di Gadda va quindi a mettere ordine nel grande catalogo delle citazioni artistiche dell’autore, e dei suoi rapporti con artisti e critici d’arte del tempo, e al contempo tenta di “renderne visibile l’immaginario e il modo di lavorare tracciandone un’ideale mappa della mente”. Compito particolarmente difficile nel caso di Gadda, che attinge a un serbatoio di immagini appartenenti ai più diversi periodi storici e registri, tra capolavori di altissimo livello – è il caso di dipinti, fregi, fotografie, sculture, arredi, conosciuti anche grazie al decisivo incontro con Roberto Longhi – e una cultura visiva più accessibile, dai manifesti ai film e ai viaggi.
Gadda l’iconografico
Ma facciamo degli esempi. Oltre al fondamentale Caravaggio – e l’archetipo femminile della sua Giuditta – e all’antipodico e complementare Raffaello, numerosi sono i riferimenti a Michelangelo, Lotto, ai veneti e gli amatissimi pittori lombardi, come lombardo fu (e fino alla fine) Gadda: tutti tasselli fondamentali nel rendere tangibile quella sua “luce quotidiana e materiale”, ma anche degli inserti narrativi specifici. È il caso della celebre galleria Triennale del racconto San Giorgio in casa Brocchi. E ancora le illustrazioni satiriche del ventennio, che con il loro caricaturismo incontrano il “controfascismo” gaddiano: una palestra di spirito e di visione unica.
Gadda e gli adattamenti
L’arte è quindi un criterio ordinatore – o associativo, meglio – della complessa visione dell’autore, che cannibalizza la materialità delle immagini per costruire una seconda realtà, rivelandone elementi inattesi. Questa visualità imprescindibile dell’opera di Gadda ha peraltro portato anche al processo inverso, nota Morra nel testo: è da qui che gemmano i fortunati adattamenti cinematografici e teatrali. Due esempi? Un maledetto imbroglio di Pietro Germi o L’Ingegnere Gadda va alla guerra di Bertolucci e Gifuni.
Giulia Giaume
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