Bologna era una capitale etrusca (e all’epoca fu inventato il prosciutto crudo)
Bologna etrusca. La città “invisibile”. Un titolo simile – per chi ha letto il celebre romanzo di Italo Calvino – richiama l’idea di un luogo fantasioso, sepolto nella storia ormai lontana e divenuto materia per pochi studiosi esperti. Eppure, lo stato attuale delle conoscenze su Bologna ai tempi degli Etruschi è tutt’altro che scarso e perduto nei secoli. I reperti riemersi […]
Bologna etrusca. La città “invisibile”. Un titolo simile – per chi ha letto il celebre romanzo di Italo Calvino – richiama l’idea di un luogo fantasioso, sepolto nella storia ormai lontana e divenuto materia per pochi studiosi esperti. Eppure, lo stato attuale delle conoscenze su Bologna ai tempi degli Etruschi è tutt’altro che scarso e perduto nei secoli. I reperti riemersi dalle ricerche degli ultimi anni hanno contribuito a delinearne un profilo storico e culturale molto più chiaro e completo. Questo libro, scritto da Giuseppe Sassatelli, intende raccontare al grande pubblico in modo divulgativo il passato ricco e glorioso di questa città. Un passato che la vide emergere come vera capitale etrusca, nota con il nome di Felsina. L’occasione di approfondire il tema si è presentata proprio qualche giorno fa, in occasione di BookCity Milano 2024. La Fondazione Luigi Rovati di Milano ha accolto l’autore, per dialogare su questo libro in attesa della lettura.
Bologna etrusca: una città tutt’altro che invisibile
La tesi di fondo che l’autore vuole dimostrarci è come il ricco campionario di tesori, resti archeologici e sepolture, riemersi dai sotterranei della Bologna contemporanea, abbiano permesso di ricostruire almeno parte della sua storia gloriosa tra X e IV Secolo a.C. E il libro lo conferma, offrendo un apparato di immagini a colori di grande formato e qualità, che illustrano numerosi oggetti e materiali. Molte anche le iscrizioni in etrusco – ovviamente tradotte – che confutano l’idea (ancora molto comune) che la loro scrittura sia ancora un mistero oscuro. Le scoperte degli ultimi anni hanno infatti integrato il campionario di scritti disponibili, facendo luce su nuovi aspetti utili alla comprensione.
Tutto questo rende “visibile” il passato etrusco di Felsina, che narra di una metropoli strategica, commercialmente parlando, e molto produttiva.
Il libro sugli Etruschi di Giuseppe Sassatelli racconta la vera storia di Bologna
In linea con il pensiero degli antichi scrittori latini – che delineavano gli Etruschi come un popolo migrato qui dall’Oriente lontano – numerosi studi passati vedevano l’area bolognese “colonizzata dall’esterno”. Ma, come racconta Sassatelli, le cose non andarono proprio così. Bologna, o meglio Felsina, nacque come città dall’aggregazione di un primo gruppo di sette-otto villaggi agricoli, situati a pochissima distanza tra loro. Tale vicinanza favorì la creazione di assetti sociali e politici in qualche modo omogenei tra loro. Il che costituì la base per formare, poi, un unico governo cittadino comune. Da vita di villaggio basata sull’agricoltura, si sviluppò gradualmente un’organizzazione “cittadina” contrassegnata da abitati in un unico luogo comune – distinto dalle sepolture, situate fuori dal centro – complessità economica e potere politico accentrato. Quello che sorprende – e dunque contraddice l’idea di chi vedeva Bologna come città conquistata da fuori – è come l’unificazione avvenne con la costruzione di un consenso lento, lungo mezzo secolo. Dettaglio che la distingue dalle altre metropoli dell’Etruria meridionale.
Mito, storia e aneddoti nel libro sugli Etruschi di Giuseppe Sassatelli
Ogni città antica si caratterizza per un qualche mito di fondazione. E Bologna in questo non fa eccezione. Due sono le leggende con cui i letterati antichi spiegarono le sue origini. Da una parte c’è il grande eroe Tarconte – che la tradizione identifica come padre dell’intera etnia etrusca – mentre dall’altra si trova un certo Ocno: perugino di origini, il quale, cacciato dall’Umbria, avrebbe dato vita a un villaggio, futura Bologna. La realtà,invece, racconta più probabilmente una vicenda di élites. Ricche famiglie possidenti di terra, che estesero il loro dominio fino al corso del Po, bonificandone l’area paludosa per renderla coltivabile e utile al bestiame.
Ma c’è un ultimo aneddoto curioso legato a Bologna etrusca, a metà tra mito e storia. Si tratta dell’invenzione del prosciutto. Nella zona delle sepolture cittadine, infatti, sono stati ritrovati i resti di diversi animali, tra cui i maiali. E la cosa insolita – indizio del possibile uso gastronomico – è il fatto che alcuni di questi mancassero delle zampe posteriori. La deduzione sul prosciutto è automatica, considerando anche gli scritti antichi, che dicevano di come gli Etruschi esportassero in Grecia questo tipo di prodotti.
L’arte degli Etruschi a Bologna
I manufatti riemersi dal suolo bolognese testimoniano importanti scoperte legate all’arte etrusca del territorio. L’idea è che – a partire dal VI Secolo a.C. – la città avesse acquisito un importante ruolo di produzione e commercio di artigianato, con stretti rapporti con la Grecia. Il fascino orientalizzante delle ceramiche attiche giunse dunque anche a Bologna, ma senza cancellare interamente la tradizione locale. Anzi, si può dire che gli Etruschi presero dall’arte greca quanto poteva essere utile per esprimere se stessi e le proprie ideologie. All’importazione dei motivi e delle figure mitiche si associò il mantenimento di certi caratteri distintivi genuinamente “indigeni”. Nel libro, un esempio si ritrova nelle stele – chiaro emblema di come il passaggio tra vita e morte fosse percepito pari a un viaggio – e nella scelta selettiva delle iconografie riprodotte dagli artigiani etruschi, rispetto a quanto visto e appreso dai colleghi greci.
Emma Sedini
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