Uscita la raccolta delle migliori poesie di Margaret Atwood. Da leggere
La celebre romanziera ha rilasciato un compendio dei suoi migliori componimenti, con alcuni inediti. Come i suoi romanzi, in primis il radicale “Racconto dell'ancella”, le poesie di “Paper Boat” hanno una forza incredibile (ma per ora sono solo in inglese)
È delicata e brutale, spiritosa e terribilmente seria la poesia di Margaret Atwood, meno nota della sua rivoluzionaria prosa – il leggendario Racconto dell’Ancella, e poi L’altra Grace, Lesioni personali, Tornare a galla, I testamenti, tra gli altri – ma altrettanto necessaria. Altrettanto cesellati, altrettanto immaginifici e visionari i versi dell’autrice e critica canadese ultraottantenne, che spaziano dal passato al prossimo futuro, connettono i corpi e le menti, materializzano terrori e sogni, nebulizzando le sensazioni in una nebbia umida che si attacca a chi legge.
La raccolta Paper Boat di Margaret Atwood
Ora lievi ora incessanti, i componimenti di Paper Boat: New and Selected Poems, 1961–2023(edita da Vintage Publishing, interna alla Penguin, e non ancora tradotta dall’inglese) ripercorrono sei decenni di lavoro dell’autrice, che cominciò proprio come poetessa, andando dagli esordi fino agli anni recenti. Il volume trae la propria linfa da tutte e 14 le raccolte già uscite di Atwood (di cui alcune complete), aggiungendo anche dei poemi inediti.
Dall’acidità e visceralità si passa alla dolcezza dolorosa del lutto – come la raccolta Dearly, composta dopo la morte del compagno e scrittore Graeme Gibson –, viaggiando tra citazioni classiche (quel gusto greco a cui ritorna per tutta la vita, si veda l’opera teatrale Il canto di Penelope) e suggestioni naturali ed ecologiste: ecco comparire cascate, laghi, burroni e tanti, tantissimi alberi. Niente affatto diversi dalle persone.
Le donne di Margaret Atwood
E sono anche le donne di Atwood a tornare con forza: soggetti attivi, maghe pagane o artiste artigiane, vive e morte, mitologiche e celebri (come Giovanna d’Arco o Frida Kahlo) così come archetipiche e generiche. È a loro che Atwood parla, e di loro, dei loro corpi (che si fanno case) e delle loro menti (che si fanno paesaggio) – a tratti queste visioni si fanno confuse, come nel dipinto Christina’s World di Andrew Wyeth –, in un chiaro contesto di rapporti di potere e controllo. Perché, “of course there is always danger” (The Circle Game, 1964).
Ma tutte queste donne, anche da abbandonate e da bistrattate, si rialzano: “I might as well tell you: the minotaur/ was my friend. Or not friend. More/ like an associate”, dice Arianna in Ariadne sends a message. E chiude, schiuma alla bocca, con “I thought I was trading/ prophecy for love. Bad choice. /But I’ve got news for you:/ You’ve made a bad choice too”. Una profezia che sa di magia. E dopotutto Atwood una volta raccontò che, secondo la nonna, loro potrebbero essere state discendenti di una “strega” sopravvissuta al linciaggio del XVII Secolo, Mary Webster.
Politica e poesia in Margaret Atwood
Che sia la natura o l’umano, che siano la donna o l’uomo, c’è tutto un mettere a nudo, uno scoperchiare le strutture che regolano il mondo, in questo corposo libro. C’è una silenziosa osservazione e allo stesso tempo un porsi come guida: la resistenza dell’autrice è, da decenni, senza riposo, e qui fluisce tutta la sua ricerca di libertà, difficile ma piena di spirito. Non poteva che esserci, insomma, un afflato politico: “We should be kind, we should/ take warning, we should forgive each other/ Instead we are opposite, we/ touch as though attacking […]We need each others’/ breathing, warmth, surviving/ is the only war/ we can afford” (They are hostile nations).
Un libro fondamentale, da leggere un po’ alla volta, o ancora meglio, da ascoltare nell’arco di mesi con la versione audiolibro. La poesia, ci insegnano i nostri avi e le nostre ave, andrebbe ascoltata, e la voce di Atwood è un “di più” incredibile, inesorabile e dolce mentre procede con la sua calma d’acciaio attraverso le macerie, la terra e il cielo. E si (ci) chiede: “A truth should exist,/it should not be used/ like this. If I love you /is that a fact or a weapon?”.
Giulia Giaume
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