I dimenticati dell’arte. Storia della scrittrice Gianna Manzini

Pluripremiata e celebrata da Montale e Pasolini, Gianna Manzini è stata col tempo dimenticata come molte altre sue colleghe talentuose. La riscopriamo ripercorrendo la sua storia e i suoi romanzi a cinquant’anni dalla morte

Quando pubblica il suo primo romanzo Eugenio Montale scrive su la Fiera Letteraria “ha già fatto molto e molto ancora può fare per il romanzo italiano”. Era il 1928 e Gianna Manzini (Pistoia, 1896 – Roma, 1974) ha pubblicato il suo primo libro, Tempo Innamorato, che ha entusiasmato il mondo della letteratura italiana, da Montale ad Emilio Cecchi, attirando l’attenzione di André Gide e Valery Larbaud. 

Le origini di Gianna Manzini

Gianna era nata a Pistoia da Giuseppe e Leonilda Mazzoncini: il padre ha simpatie anarchiche e svolge attività politica, e l’infanzia della bambina è funestata dai continui litigi tra i genitori, culminati in una violenta separazione. Leonilda si trasferisce con sua figlia dalla sorella, e Gianna cresce in un’atmosfera agiata in compagnia delle cugine, ma già da adolescente sviluppa una malattia cronica ai polmoni che la accompagna per sempre. 

Gli studi e gli esordi in letteratura

Dopo gli studi, Gianna si trasferisce a Firenze con la madre nel 1914 per frequentare la facoltà di Lettere, dove si laurea nel 1920 con una tesi sull’ascetismo in Pietro Aretino: imbevuta di letteratura decadente e dannunziana, nello stesso anno inizia a pubblicare su La Nazione lunghi racconti, e in biblioteca incontra Bruno Fallaci, critico letterario del quotidiano fiorentino, che sposa poco tempo dopo. Impiegata al conservatorio femminile di Santa Maria degli Angeli come supplente di italiano, Gianna lascia il posto per dedicarsi alla scrittura, ed esordisce con Tempo Innamorato, dove si ritrovano le silenziose atmosfere degli ambienti monacali. 

Gianna Manzini
Gianna Manzini

Il successo e il trasferimento a Roma

Nel 1929 pubblica la raccolta di racconti Incontro col falco, che le apre le porte della prestigiosa rivista Solaria, e l’anno seguente è l’unica donna all’interno dell’antologia Scrittori nuovi, curata da Enrico Falqui ed Elio Vittorini. Dopo la morte della madre, vive una profonda crisi psicologica che la porta alla separazione dal marito nel 1934: una collaborazione con Il Giornale d’Italia la porta spesso a Roma, dove reincontra Falqui e se ne innamora: dopo il suo divorzio dalla moglie, Gianna si trasferisce con lui a Roma. Nella capitale la sua attività letteraria conosce un nuovo slancio: su Il Giornale d’Italia tiene una rubrica di moda femminile, che firma con lo pseudonimo di Vanessa, descrivendo il mondo delle donne dell’epoca. 

La rivista “Prosa” e il dopoguerra

Subito dopo la guerra fonda con il suo compagno la rivista Prosa, che ospita il gotha della letteratura internazionale, con scritti di Thomas Mann, Jean Paul Sartre, Virginia Woolf e Paul Valéry. Un’esperienza breve ma di grande intensità intellettuale, che contribuisce ad allargare ancora di più gli interessi di Gianna, che legge e apprezza Katherine Mansfield, Maurice Blanchot, Natalia Ginzburg e Cesare Pavese. Nel frattempo, pubblica il romanzo sperimentale Lettera all’editore (1945), seguito dalla raccolta di testi Animali sacri e profani (1953), che Pier Paolo Pasolini, colpito dalla qualità della scrittura di Manzini, collocò in una “zona di una poesia calda”. 

Gianna Manzini: premi e riconoscimenti

Nel 1956 vince il Premio Viareggio con La Sparviera, ispirato in parte dalla sua malattia polmonare, mentre con il romanzo Un’altra cosa (1961) si aggiudica il premio Marzotto. L’infanzia difficile torna da protagonista in Ritratto in piedi (1971) col quale vince il Premio Campiello, che le da notorietà e fama, consolidata grazie all’ultimo volume di racconti, Sulla soglia, uscito nel 1973: la sua prosa viene definita da Emilio Cecchi “complicata e un po’ abbagliante”, mentre, per Giacomo Debenedetti, Manzini “ci può descrivere un visibile che anche noi dovremmo vedere, ma da soli non vedremo mai”. Scompare nel 1974, poco tempo dopo la morte del suo compagno Enrico Falqui; di recente Mondadori ha ripubblicato nella collana degli Oscar Ritratto in piedi

Ludovico Pratesi 

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Ludovico Pratesi

Ludovico Pratesi

Curatore e critico d'arte. Dal 2001 al 2017 è stato Direttore artistico del Centro Arti Visive Pescheria di Pesaro Direttore della Fondazione Guastalla per l'arte contemporanea. Direttore artistico dell’associazione Giovani Collezionisti. Professore di Didattica dell’arte all’Università IULM di Milano Direttore…

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