Un libro racconta il fallimento della pittura nell’arte contemporanea

Con un ricco apparato di riferimenti filosofici e storici, “La Pittura provvisoria” di Raphael Rubinstein mette in discussione la pittura odierna, evidenziandone la natura incerta e prossima al fallimento. Ecco la recensione

La Pittura provvisoria di Raphael Rubinstein, edito da Johan & Levi, è un saggio che mette in discussione la stabilità della pittura contemporanea, evidenziandone la natura incerta e fallimentare. Attraverso riferimenti filosofici e storici, Rubinstein ridefinisce il ruolo della pittura nel XXI Secolo, spostando il dibattito dal valore intrinseco dell’opera alla sua capacità di rimanere in una condizione di perenne mutamento.

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Stanislao Di Giougno, Sei piccoli fallimenti, inchiostro su carta. Courtesy Tiziana di Caro gallery

L’incertezza della pittura contemporanea nel libro di Raphael Rubinstein

Ho sentito parlare per la prima volta della Pittura provvisoria di Raphael Rubinstein dall’artista Alessandro Sarra, più di dieci anni fa. Si riferiva ad un articolo uscito sulla rivista Flash Art (marzo 2011) che parlava di: “qualcosa che sembra trovarsi costantemente sull’orlo dell’incoerenza o del collasso”. Mi venne in mente allora quanto fosse difficile parlare di pittura senza incappare in una diagnosi estensiva, cioè in quella disamina che tenta di trovare dei valori stabili in ciò che è destinato alla designazione di un linguaggio per sua natura incoerente. Il discorso critico sui dipinti contemporanei si è sempre scontrato con una intrinseca difficoltà interpretativa di ciò che si presenta come luogo dell’incertezza, per cui, parafrasando un vecchio agio di Matteo Marangoni, il discorso sulla pittura contemporanea m’è sempre parso una verifica certa di questa incertezza. L’opera pittorica incarna, infatti, sempre un discrimine estetico che, in certi casi, è legato all’esigenza di risolvere la produzione di un artista in una più generale conformazione di un apparato teorico. Rubinstein, che allora venne chiamato in causa proprio per ovviare alla mancanza di questa conformità, sembra ora, dopo una lettura più attenta, aver scritto non per affermare, ma piuttosto per giustificare come una certa pratica pittorica sfugga alla discriminante estetica del dipinto. 

Il fallimento della pittura nel libro di Raphael Rubinstein

Questa lettura è oggi possibile poiché Pittura provvisoria è stato recentemente pubblicato da Johan & Levi come traduzione in italiano del saggio dal titolo The turn to Provisionality in Contemporary Art, e con ciò giustificherebbe il sottotitolo dell’edizione italiana: Una svolta nell’arte contemporaneaIl libro è indubbiamente una visione curiosa del lavoro di un gruppo di pittori emersi nel primo decennio del XXI Secolo e oggi nomi noti della pittura contemporanea. I due argomenti su cui poggia il discorso di Rubinstein, in sintesi, sono la sfiducia nel capolavoro e il fallimento dell’attività pittorica.  La pittura che mira sempre all’intangibilità, cioè alla facoltà di ri – nominare il mondo presentandolo come fatto pittorico, ha promesso sempre di darci delle immagini risolutive, mentre qui sembra che le evada volutamente. Dal punto di vista pratico, copiare, imitare e interpretare il visibile ci permette di presentare l’invisibile spostando la questione sul modo di dipingere partendo dal soggetto. Dal punto di vista teorico, invece, sembra essenziale dividere chi pensa che il fatto pittorico sia solo nel dipinto, da coloro che credono sia importante solo quando questo si rivela lo strumento più adatto per riferirsi a un significato, come se si potesse vederne uno dietro la pittura e non tramite essa. Ciò, sul piano operativo e su quello teorico, è sostanzialmente vero sin quando, però, non si affaccia una terza ipotesi: la constatazione che la pittura, in effetti, non sia il mezzo giusto in grado di risolvere appieno problemi formali o di significato. Quando ci accorgiamo, cioè, che sia nell’uno, sia nell’altro campo, la pittura sembra destinata a fallire. 

Il carattere arbitrario della pittura nel saggio di Raphael Rubinstein

La pittura, infatti, indica sempre in modo ambiguo ciò che riconosciamo del mondo.  Il carattere arbitrario del segno pittorico, anche se si manifesta per via di una libera scelta espressiva, resta in parte legato a un sistema di sicurezza che poggia sull’autoconservazione. Ciò è dato dal carattere complesso di questo sistema che crea, di volta in volta, o una resistenza, dipendente della riluttanza all’innovazione, o un aperto cedimento a una dimensione mutevole di urgenza espressiva. Il sistema linguistico della pittura, che in sé prometterebbe continuità e stabilità, appare sempre più spesso altro da sé. Due aspetti che però non sono in contraddizione: quando si parla di immutabilità della buona pittura, infatti, si sta parlando di una certa intangibilità del soggetto interpretato dal fatto materiale percepito. 

La natura provvisoria della pittura secondo Raphael Rubinstein

Ebbene, questa natura sfuggente e instabile della pittura da Raphael Rubinstein è chiamata “provvisoria”. Nella teorizzazione di Rubinstein a questo punto è comprensibile il riferimento al carteggio tra Samuel Beckett e lo storico dell’arte Georges Duthuit, caporedattore della rivista Transition, un dialogo da cui estrapola il carattere fallimentare della pittura. Da qui Rubinstein passa a parlare dell’aspetto nichilista della pittura provvisoria. Mutua questo argomento dal pensiero debole di Gianni Vattimo e lo applica a una condizione squisitamente postmoderna centrata sull’abolizione delle verità perentorie di una storia metafisica. Come se la pittura scivolasse dall’univocità del significato ad una transitività di esso nella labilità del significante, che resta, per l’appunto, precario, non definitivo. Questo libro testimonia perciò quell’incertezza che solo la certezza della pittura può continuare a designare e che solo il pittore può trasmettere. Non è, quindi, anomalo che il libro si concluda con una postfazione del pittore Luca Bertolo che, degli scritti di Rubinstein è stato il primo traduttore in lingua italiana. Bertolo, in conclusione, s’appoggia a un articolo di Jan Verwoert per sollevare il problema della concettualità della pittura contemporanea, un problema che impone un decentramento dal medium. Questo problema è fondamentale nella pittura. Da un lato è stato risolto con l’aderenza a uno stile e, dall’altro, con l’apertura a forme espressive eterogenee e ricongiunte pittoricamente dallo specifico linguaggio dell’artista, dalla sua poetica, per intenderci. Anche se il medium rimane debitore del linguaggio storico della pittura, la sua resistenza alla conservazione sembrerebbe stare proprio nella trasformazione di questa problematica permanenza in fatto provvisorio, ciò che determina, per concludere, la mutabilità e l’imprevedibilità della pittura stessa.    

Marcello Carriero

Raphael Rubinstein, La pittura provvisoria
Johan & Levi, 2025

pag. 192, €25,00

ISBN 9788860103567


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Marcello Carriero

Marcello Carriero

Marcello Carriero (1965) si occupa di critica e storia dell’arte dal 1994. Ha scritto sulla cultura visiva contemporanea sulle riviste Arte e Critica, Arte, Exibart, e ha pubblicato l’unica monografia completa sul futurista Volt (Ed. Settecittà, Viterbo 2007). Attualmente docente…

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