È morto a 89 anni lo scrittore Premio Nobel Mario Vargas Llosa

Narratore dell’America Latina nei suoi accenti più crudi, ma anche romanziere capace di accensioni ironiche e plot ad alta tensione, l’autore peruviano è stato intellettuale militante e critico attento della società. Nel 1990 si candidò alle presidenziali del Perù; nel 2010 ottenne il Nobel

Solo nel 2010, Mario Vargas Llosa riuscì a conquistare quel Premio Nobel per la Letteratura che ne esaltava il talento di romanziere e insieme la sua capacità di leggere l’animo umano con le sue contraddizioni (“per la sua mappatura delle strutture del potere e per le immagini incisive con cui ha dipinto la resistenza, la rivolta e la sconfitta dell’uomo” si legge nella motivazione dell’Accademia svedese), dalla posizione di un uomo di cultura e impegno politico che aveva scelto di essere libero, finanche suscitando perplessità per alcune scelte controverse.

Mario Vargas Llosa. Tra letteratura e politica

Come quando, nel 1990 scelse di candidarsi alla presidenza del Perù (perdendo contro il futuro dittatore Alberto Fujimori) con un programma di ispirazione liberale, passato a sostenere la destra dopo anni di vicinanza ai movimenti della sinistra sudamericana, per denunciare quelle storture e ineguaglianze sociali che ha raccontato anche nei sui libri. O quando, diversi anni più tardi, nel 2022, appoggiò la candidatura di Bolsonaro in Brasile.
Ma Vargas Llosa, nato ad Arequipa nel 1936 e scomparso a 89 anni nella sua casa di Lima – “in pace, circondato dalla sua famiglia“, scrive il figlio Alvaro Vargas Llosa annunciandone la morte avvenuta nella notte tra il 12 e il 13 aprile – è stato innanzitutto uno degli scrittori più influenti del Novecento, voce del Perù tra gli autori che tra gli Anni Sessanta e Settanta diedero grande visibilità al Sudamerica. Capace di virare dal thriller ai toni della commedia, è stato anche giornalista e saggista, oltreché occhio critico e anticonformista attratto dal dibattito culturale e politico. Intellettuale a tutto campo.
Dopo la sconfitta elettorale si era trasferito in Spagna, ottenendo la cittadinanza nel 1993, salvo scegliere di rientrare in Perù negli ultimi tempi.

Gli inizi di Mario Vargas Llosa come autore

Cresciuto in una famiglia facoltosa, in adolescenza si era stato iscritto all’accademia militare peruviana Leoncio Prado (esperienza che riporterà nel suo primo romanzo La città e i cani, pubblicato nel 1963, insignito del Premio della Critica Spagnola), venendo in contatto con il mondo che esulava dal ristretto contesto borghese della sua infanzia. Già all’inizio degli Anni Cinquanta, intanto, la sua inclinazione per la scrittura lo portò a collaborare con la stampa e con il teatro (come sceneggiatore). A Gabriel Garcia Marquez dedicò la tesi di dottorato: dello scrittore colombiano fu amico e sodale fin quando le divergenze politiche non determinarono la completa rottura dei rapporti, all’inizio degli Anni Settanta (è passato alla storia il pugno sferrato da Vargas Llosa a Garcia Marquez nel 1976, a Città del Messico).

I libri di Mario Vargas Llosa

Dopo il successo de La città e i cani, nel 1966 Vargas Llosa pubblicò il suo secondo romanzo, La Casa verde, storia di un piccolo centro agricolo peruviano e della sua trasformazione in città moderna, pervasa da una forte vena realista. Il libro fu ugualmente un successo, insignito del premio venezuelano Rómulo Gallegos. Venne poi uno dei suoi scritti più celebri, Conversazione nella Cattedrale (dove la “cattedrale” è un locale popolare malfamato), edito a Barcellona nel 1969. E a seguire romanzi più disimpegnati e ironici come Pantaleón e le visitatrici (1973) e La zia Julia e lo scribacchino (1977), parzialmente autobiografico nel racconto della storia d’amore con la zia acquisita Julia Urquidi. Al 1981 data invece il primo romanzo storico dell’autore, La guerra della fine del mondo, ambientato a fine Ottocento durante la Guerra di Canudos in Brasile. E ancora Storia di Mayta (1984), il poliziesco Chi ha ucciso Palomino Molero?, Il narratore ambulante (1987) e il romanzo erotico Elogio della matrigna (1988). Nel 2000 pubblica La festa del caprone, un romanzo sui meccanismi del totalitarismo, attraverso gli ultimi giorni del dittatore dominicano Rafael Trujillo.
Degli ultimi anni sono Il sogno del Celta (2010), sulla vita del diplomatico e indipendentista irlandese Roger Casement, Tempi duri (2020), romanzo fantapolitico tra storia e realtà, ambientato nell’America Latina tra gli Anni Cinquanta e Sessanta, e Le dedico il mio silenzio (2023).

Livia Montagnoli

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