Vichinghi allo sbando
Tutto il giorno al lavoro. Torni a casa stanco, provato dal tuo mestiere, e trovi tua moglie che ti accoglie non propriamente nel migliore dei modi. Per non parlare di quei due figli che vengon su nella maniera sbagliata. Sarà il caso di uscire e farsi una bevuta con gli amici e non rimanere tra le quattro pareti domestiche. Questo è “Hagar The Horrible”. E questa è ancora la rubrica "Striscia che ti passa".
Pensavate forse a un racconto patetico di gesta quotidiane, raccontate con freddo cinismo? Invece è Hagar The Horrible. Suvvia, non siate così scontati o deleteri e immergetevi nel favoloso mondo creato nel lontano febbraio del 1973 dal buon Dik Browne, ahinoi scomparso nel 1989, e tuttora portato avanti dal figlio Chris.
Chi è Hagar? Un vichingo (o l’incarnazione grafica di Browne: vedere per credere). Cosa fa nella vita? Saccheggia (in particolar modo la perfida Albione), distrugge, beve, incendia e sconfigge nemici. O almeno questo è quello che può fare finché i suoi piedoni non varcano la soglia di casa ed entrano nel regno di sua moglie, Helga, vera donna barbara e nordica che si fa beffe del blasone eroico (più o meno) del marito.
E se questo non bastasse, ecco i due figli di contorno: la valchiria Honi, più attenta alle smagliature della sua corazza di acciaio che alla femminilità e alla dolcezza richieste dal suo rango, e il timido e poetico Hamlet, disgrazia di ogni conquistatore e tagliagole scandinavo a causa del suo amore per la letteratura e la filosofia che causa un’inquietante rifiuto alla guerra e alla strage.
A completare il quadro, un aiutante dotato di gran lena, enorme entusiasmo, scarso intuito e intelletto ovvero Lucky Eddie. Questo è Hagar. E per continuare un vecchio discorso, noi siamo Hagar: nella nostra pigrizia, nel nostro moto inerte nelle cose comuni e banali, nel nostro lavoro quotidiano con sprazzi avventurosi (più immaginari che reali) dove imponiamo la nostra potenza e il nostro volere su popoli “nemici”. Noi che torniamo a casa strusciando le armi, ben consapevoli che presto o tardi sbatteremo immancabilmente i nostri musi, pelosi e sdruciti, contro equilibri più forti che vestono, guarda caso, sempre i panni femminili o comunque risiedono nella cerchia più ristretta degli affetti.
E quindi non si può che amare questa creatura barbuta, burbera e beona (di intrugli alcolici incomprensibili e devastanti, rigorosamente auto-prodotti), dal tratto semplice e dalla potenza narrativa sarcastica e sottile, o diretta e semplice come nella miglior tradizione del divertissement. Leggere Hagar vuol dire regalarsi una risata e fare autoironia che da sempre fa bene allo spirito.
Purtroppo, dal punto di vista editoriale, il buon vichingo di penna statunitense ha avuto alterne e discontinue fortune nella penisola italica, quindi è un po’ difficile trovare materiale tradotto in tempi recenti, mentre il mercato in lingua offre una ottima riedizione antologica, targata Titan Books, delle daily strip. E se la pensate diversamente, beh, vi auguro di ricevere una visita da parte dalla ciurma di Hagar che, con la sua chiassosa presenza, saprà farvi cambiare idea. A suon di mazzate nordiche, ovviamente.
Teobaldo Bizarra
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www.hagardunor.net
titanbooks.com
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