Violence of History
Tre film recenti: "Watchmen" di Zack Snyder, "Capitan America" di Joe Johnston, "X-Men: L’inizio" di Matthew Vaughn. In tutti, il passato - gli Anni Ottanta, la Seconda Guerra Mondiale, gli Anni Sessanta - viene manipolato. Sottoposto a revisione.
…concentrarsi su una delle due capsule insondabili e inesauribili
dell’Italia contemporanea: la prigione di via Montalcini 8 bis,
a Roma, ovvero quello spazio precluso in cui Aldo Moro
venne tenuto prigioniero per cinquantacinque giorni dalle Brigate
Rosse, la voragine in cui un tempo italiano collassa e si conclude
e un altro tempo ha inizio (l’altra capsula, tre anni dopo il 1978,
sarà il pozzo artesiano di Vermicino nel quale precipita Alfredo Rampi,
un altro nucleo perturbante che continua a domandare messinscena).
Giorgio Vasta
Quei periodi, quelle epoche, quei decenni che si scrivono per abitudine con le maiuscole, in questi film si visualizzano con le maiuscole. Un passo oltre la nostalgia, che configura la ricreazione del passato: la Storia a fumetti.
Il passato viene dunque modificato, trasformato. Alterato. L’introduzione degli elementi immaginari dà luogo a una storia alternativa, che però non diverge radicalmente dalla storia effettiva (come nella tradizione della letteratura e della speculazione what if): qui la finzione determina e giustifica i fatti reali (che passano peraltro in secondo piano). Steve Rogers-Capitan America (Captain America: The First Avenger, Joe Johnston, 2011) combatte la guerra parallela contro Teschio Rosso – e a sua volta il simbolo dell’HYDRA mima la svastica hitleriana… – ma al tempo stesso decide le sorti della Guerra storica. La guerra parallela si sovrappone e si sostituisce alla Seconda guerra mondiale.
Il Supereroe fa la Storia.
Gli universi fantastici sono divenuti alternativi al nostro, in un senso piuttosto letterale: si propongono infatti come reinterpretazioni e ricreazioni del nostro passato. Reincarnazioni della storia collettiva. X-Men: L’inizio (X-Men: First Class, Matthew Vaughn, 2011) è un esempio perfetto da questo punto di vista: gli anni ‘60 sono filtrati totalmente e unicamente dall’immaginario culturale (le spy story classiche, la moda, il design). La crisi missilistica a Cuba è dovuta alle bizze di un cattivone, e sono i buoni mutanti a evitare la Terza guerra mondiale. Persino il campo di concentramento, in cui nel 1942 il giovanissimo Erik sperimenta per la prima volta i suoi poteri magnetici, non è “vero” (e non gli interessa essere vero), ma è una riproduzione spettacolare di quello di Schindler’s List.
Così, può capitare persino che un film horror-fantascientifico bruttarello come Apollo 18 (Gonzalo López-Allego, 2011) costituisca l’occasione per una bizzarra e malriuscita fusione tra Paranormal Activity e Alien, con un pizzico di Apollo 13 e Forrest Gump. Cioè: “La sequenza degli eventi è infinitamente manipolabile con gli strumenti più rozzi del fantastico, ma il risultato finale non cambia – la Storia è incasinata, vai a sapere ciò che è vero e ciò che è falso”. E non: “Con gli strumenti più sofisticati che il fantastico ci mette a disposizione, posso rileggere il passato recente, facendone emergere gli aspetti latenti e nascosti – e cambiandone in definitiva il risultato”.
È sufficiente riguardarsi, a questo proposito, la sequenza dei titoli di testa in Watchmen (Zack Snyder, 2009), programmatica e già da manuale: un piccolo capolavoro di storia controfattuale, in cui gli elementi immaginari si inseriscono nel tessuto della Storia – gli anni ‘40, l’assassinio di Kennedy, lo sbarco sulla Luna allestiti come tableaux vivants – attingendone ed esaltandone gli aspetti più oscuri. La sequenza dei fatti non diverge rispetto a quella canonica, ma la segue fedelmente alterandone solo gli aspetti esteriori, e chiarendone quelli più profondi.
Le famose convergenze parallele.
Christian Caliandro
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #5
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